Vicino Oriente: verso la guerra anche in Libano?
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 60/24 del 25 giugno 2024, San Guglielmo
Vicino Oriente: verso la guerra anche in Libano?
Verso la Guerra in Libano. USA, Israele, Hezbollah: ipocrisie, strategie, torti e ragioni (intervista al giornalista libanese Camille Eid).
In caso di escalation con il Libano, Israele rischia attacchi al suo territorio. I nemici interni di Hezbollah sperano che entri in azione
“L’intensità dei combattimenti è andata crescendo nelle ultime settimane e negli ultimi giorni”. Camille Eid, giornalista libanese residente in Italia, collaboratore di Avvenire, è appena tornato dal Libano e ormai nel Paese dei cedri la paura di una guerra aperta con Israele cresce di giorno in giorno. Nonostante Biden abbia mandato in missione un suo inviato per cercare di calmare le acque, gli USA hanno già fatto sapere che, nel caso di un conflitto Israele-Hezbollah, si schiereranno con Tel Aviv, segno che l’alleanza tra i due Paesi rimane più che solida.
Attaccare l’organizzazione filoiraniana, d’altra parte, non sarebbe come prendersela con Hamas. È molto più forte e dotata dei “colleghi” palestinesi e potrebbe colpire in territorio israeliano. I danni, insomma, sarebbero da entrambe le parti e Israele deve valutare se può mettere in conto anche queste conseguenze. Questo mentre in Libano aumentano le spaccature interne e qualcuno sembra non essere così dispiaciuto di un attacco, perché potrebbe far fuori o indebolire quello che è anche un avversario politico, Hezbollah appunto.
Gli americani hanno mandato un mediatore, Amos Hochstein, per cercare di scongiurare un aggravamento dello scontro fra Israele e Hezbollah, salvo poi annunciare che in caso di guerra saranno dalla parte di Israele. Come commenta?
In questi giorni ci sono state consultazioni a Washington fra americani e israeliani, probabilmente hanno messo a punto le ultime cose, ma a pochi mesi dalle elezioni un’altra guerra sarebbe un’avventura molto rischiosa per Biden. A dettare le politiche mediorientali dell’America, d’altra parte, non sono gli americani: in 38 stati degli USA ogni ditta che stipula con l’amministrazione pubblica un contratto deve garantire che non boicotterà Israele, ma è libera di boicottare i prodotti americani. Molti degli appartenenti all’amministrazione sono legati direttamente o indirettamente a Israele. Il consigliere nazionale per la sicurezza, Jake Sullivan, in realtà si chiama Jacob Jeremiah. Di Anthony Blinken sappiamo. Lo stesso Amos Hochstein, l’inviato della Casa Bianca in Libano, ha servito nell’esercito israeliano.
Ma Hochstein cosa è venuto a dire in Libano nei suoi ultimi incontri?
È venuto a dire a Hezbollah che sul confine con il Libano si deve ritirare non solo fino al fiume Litani, come era già stato chiesto in precedenza, ma per altri 7 chilometri. Il Libano da parte sua insiste sull’applicazione della risoluzione 1701 dell’ONU in tutti i suoi punti, anche in quello, per esempio, in cui si chiede di non sorvolare lo spazio aereo libanese. Hochstein ha incontrato in particolare Nabih Berri, capo del parlamento, che tratta per conto di Hezbollah. Alla fine l’istanza messa sul tavolo dagli americani è stata respinta: Hezbollah non ha cambiato idea rispetto a quello che diceva all’inizio della guerra. Vuole prima che finiscano i combattimenti a Gaza, dopodiché si potrà cominciare a trattare.
Come sta affrontando il Libano questa situazione?
Quello che preoccupa è che il Libano è spaccato, non solo perché per ora si combatte al Sud e non al Nord. Tutti i partiti che sono rivali di Hezbollah sembra non vedano l’ora di un attacco di Israele per farlo fuori. Ci sono voci di altri gruppi che iniziano ad armarsi, tra i sunniti e i cristiani. Un deputato cristiano ha dichiarato: “Abbiamo 20mila uomini pronti a scendere in campo”. Hezbollah, accusato di trascinare il Libano in una guerra che non è sua, è preoccupato di essere pugnalato alle spalle. Non vuole una guerra aperta e nemmeno l’Iran: ha scelto una via di mezzo, quella di rispondere colpo su colpo, anche se ci sono stati oltre 4 mila attacchi israeliani, compresi in zone strettamente fuori da quelle di frontiera, contro duemila da parte degli Hezbollah, che ha allargato il suo intervento fino al Golan. Ora, con un video realizzato sul territorio israeliano con un drone, gli uomini di Nasrallah hanno fatto capire che potrebbero arrivare ad Haifa e alla Bassa Galilea.
Dunque attaccare Hezbollah per Israele non sarebbe la stessa cosa rispetto ad Hamas.
Hezbollah è dieci volte più forte. Israele deve tenerne conto: se attacca potrebbe essere un problema.
Il capo di Hezbollah Nasrallah, intanto, ha minacciato di colpire Cipro. Come mai la guerra può allargarsi fino a lì?
La questione Cipro va avanti da anni. Negli anni scorsi Israele ha ammesso apertamente di tenere esercitazioni a Cipro in posti che riprendono la geografia, la topografia libanese, di esercitarsi lì per simulare un attacco in Libano. Questa allusione ha allarmato le autorità di Cipro, dove ci sono due basi britanniche che non sono sottoposte alla sovranità cipriota. Fanno da base anche per lo spionaggio USA e del Mossad.
C’è la possibilità concreta che Israele usi anche le due basi a Cipro per attaccare?
Le dichiarazioni di Nasrallah non sono fuori luogo: se l’Italia fosse in guerra con la Slovenia e venisse attaccata a partire anche da basi in Croazia, avrebbe ragione di prendersela anche con quest’ultima. È fuori luogo, invece, che non sia lo Stato libanese, il governo del Paese, a dire queste cose, ma Nasrallah. Alle sue parole, comunque, i ciprioti hanno risposto dicendo che vogliono essere parte della soluzione e non del problema. A Cipro tra l’altro ci sono almeno 100mila libanesi.
La prospettiva che la guerra in Libano si intensifichi e diventi senza quartiere viene vissuta come una possibilità concreta nel Paese?
La forza di Hezbollah è un deterrente molto consistente, ma bisogna tener conto dell’idiozia dei leader israeliani, che non vedono l’ora di attaccare. Non bisogna escludere l’eventualità. Sono quasi nove mesi che tutti i giorni un responsabile israeliano minaccia dicendo: “Ve la faremo pagare. Dopo Gaza attaccheremo voi”. A frenare l’escalation sta il fatto che mentre il Libano è già un Paese allo stremo e distrutto, stavolta sarebbe pesante anche il prezzo che potrebbe essere pagato anche da Israele. Lo dicono gli stessi israeliani. Al direttore dell’ente che eroga l’elettricità è stato chiesto se in caso di guerra possa essere garantita la luce. La risposta è stata no: Hezbollah punterà a colpire le centrali elettriche.
Anche gli americani hanno messo in dubbio la capacità del sistema di difesa aereo Iron Dome di intercettare tutti gli eventuali attacchi di Hezbollah: sanno che per Israele non sarà così facile affrontare le milizie filoiraniane libanesi?
Hezbollah in questi mesi ha preso di mira le infrastrutture di Iron Dome, una volta hanno colpito proprio una rampa di lancio, causando danni agli israeliani lungo la frontiera. Hezbollah non è in grado di contrastare Iron Dome, ma può intensificare i lanci in modo che non tutti i missili possano essere intercettati, tenendo conto del fatto che, appunto, Israele non è più coperto da questo punto di vista come all’inizio della guerra.
Sul fronte principale, a Gaza, come sta andando?
Da un giorno all’altro Israele potrebbe proclamare la vittoria su Hamas e quindi passare al paragrafo Libano.
Se gli israeliani attaccheranno lo faranno solo al Sud?
Penso che colpiranno da subito l’aeroporto di Beirut. The Telegraph dice che Israele ha informato diversi Paesi di evacuare i propri aerei da lì e dallo spazio aereo libanese. Vorranno tagliare le vie di comunicazione, anche se si concentreranno sul Sud. Nel 2006 hanno distrutto tutti i ponti. Il prezzo però stavolta sarà pagato da una parte e dall’altra. Non condivido l’ideologia dal punto di vista religioso o politico di Hezbollah, ma contro qualcuno che viola il territorio tutti i giorni alla fine è l’unico che difende il Paese da una situazione intollerabile. Gli americani forniscono le armi all’esercito libanese dicendo però che non le possono usare.