Vaticano cacherizzato
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 67/17 del 6 settembre 2017, San Zaccaria
Vaticano cacherizzato
“In Vaticano ci hanno messo a disposizione una cucina nemmeno tanto grande che noi abbiamo cacherizzato, ossia pulito e sistemato alla nostra maniera” (Ilan Dabush, del ristorante Ba’Ghetto). Con il Concilio del 1962, all’interno del Vaticano hanno “pulito” e “sistemato” alla loro maniera tante altre cose, non solo la cucina…
Ilan Dabush, colui che ha cucinato kosher per Bergoglio
Gli aveva appena portato un tortino di alici e indivia e lui, dopo averlo assaggiato, lo aveva richiamato dicendogli, testualmente: “Lei è ebreo?”. E alla risposta affermativa, aveva aggiunto: “Non siete solo intelligenti, cucinate anche benissimo”. L’aneddoto lo racconta orgoglioso Ilan Dabush, 46 anni, ebreo nato a Ramat Gan, una città israeliana della periferia est di Tel Aviv, dove è rimasto con la famiglia, il padre era poliziotto, fino al 1986 quando venne in Italia e si stabilì a Roma. Il suo interlocutore era, due anni fa, nientepopodimeno che il papa appena eletto Jorge Mario Bergoglio, alias Francesco.
Era stato proprio il Vaticano a contattare direttamente il gestore del ristorante Ba’Ghetto al Portico d’Ottavia, noto per la sua cucina rigorosamente kosher (pronuncia ashkenazita) o kasher (sefardita), in italiano scritta cacher già conosciuta per alcuni catering nella capitale. L’occasione era la venuta a Roma, proprio in visita al nuovo papa, degli amici argentini del pontefice molti dei quali di religione ebraica. Da qui la decisione di contattare Ilan Dabush che, seguendo le orme paterne e insieme ai tre fratelli, ha aperto quattro locali gastronomici di cui tre nel vecchio ghetto ebraico sul lungotevere e un altro in via Livorno nei pressi di piazza Bologna.
“E’ stata un’esperienza fantastica e inaspettata – racconta Dabush, sposato e con tre figli, Samuel, Shirel e Ety, rispettivamente 12, 9 e 5 anni – Quando mi hanno contattato inizialmente non volevo accettare, poi, però, con i miei fratelli abbiamo deciso di accogliere questa richiesta e così ci siamo messi a lavorare di buona lena. In Vaticano ci hanno messo a disposizione una cucina nemmeno tanto grande che noi abbiamo cacherizzato, ossia pulito e sistemato alla nostra maniera. Il pranzo è andato avanti per circa tre ore, forse anche di più, ma è stato straordinario. Bergoglio è amato da tutti (gli ebrei, ndr), le dirò che io e mio fratello Amit avevamo preparato per lui un piccolo regalo, un bicchiere kiddush. Lui lo aveva guardato, ci aveva ringraziato e, poi, lo aveva appoggiato su un tavolo tornando, poi, a sedere con gli amici argentini. Restammo un po’ sconsolati, io e mio fratello, pensando che, sicuramente, se ne sarebbe dimenticato, ma anche consolandoci in quanto avevamo fatto quel gesto con grande sincerità per cui anche se il papa lo avesse lasciato su quel tavolo, pazienza. Ebbene, dopo tre ore, a fine pasto, si è alzato, si è diretto verso il tavolo dove aveva appoggiato il bicchiere e, dopo averlo preso, è tornato a ringraziarci. Siamo rimasti sbalorditi”.
Il padre di Ilan partecipò alla guerra dello Yom Kippur, scatenata da Egitto e Siria proprio il giorno in cui gli ebrei praticano il digiuno e l’astinenza da qualsiasi attività, il 6 ottobre 1973, si trovava nel tempio a pregare quando venne richiamato all’improvviso come migliaia di altri israeliani colti di sorpresa dall’attacco dei due paesi arabi.
Ilan arrivò in Italia 13 anni più tardi, senza nemmeno conoscere una sola parola della nuova lingua. Iniziò a lavorare in un negozio di abbigliamento sulla via Tuscolana, quindi proseguì sempre nel medesimo settore fino a diventare responsabile di Energie, conosciutissimo a Roma e vero e proprio negozio di tendenza nel cuore del centro storico. Successivamente il padre aprì uno dei più apprezzati ristoranti cacher della capitale, in via Livorno, quando ancora mangiare cacher era pressoché una rarità. Da lì iniziò una rapida crescita fino ad avere tre locali tutti concentrati nell’ex ghetto in via Portico di Ottavia.
Ilan Dabush è un ebreo osservante, legge e parla perfettamente la lingua ebraica, frequenta la sinagoga edificata nel 1901 poco distante dal suo ristorante e, soprattutto, coltiva la storia del suo popolo con particolare attenzione. Ebreo nato e cresciuto in Israele, ha prestato volontariamente servizio militare nell’esercito della stella di David lasciando per un anno l’Italia e volando a Tel Aviv. Proprio in Israele torna spesso dove, dice, paradossalmente ci si sente più sicuri che in Europa. Il suo ristorante Ba’Ghetto – dove Ba sta, appunto, per nel – è frequentato da personaggi della politica, alti prelati, uomini di cultura e dello spettacolo, ma lui ha voluto appendere solo una fotografia, quella che lo ritrae insieme a papa Francesco in occasione del catering in Vaticano.
Alla sua cucina non si possono non mangiare i carciofi alla giudia che le sue cuoche preparano prima lessandoli a temperature non troppo elevate e, successivamente, dopo averli tenuti un po’ in frigo per farli raffreddare, mettono nell’olio bollente. Da qui la caratteristica forma di fiore aperto (nella foto) che riceve, proprio a seguito di questo bagno in olio bollente, una sorta di, come la definisce lo stesso Ilan, ‘una botta di vita’ che li ravviva.
Ma al Ba’Ghetto si assaporano altre ottime pietanze ebraiche e mediorientali perché, in fondo, la cucina cacher non si discosta granché dagli stessi ingredienti che vengono utilizzati in altri Paesi della zona. (…)