Vandea: sterminare i cattolici si può fare
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 9/13 del 29 gennaio 2013, San Francesco di Sales
Segnaliamo ai professionisti della memoria il caso del genocidio dei cattolici vandeani. Uno sterminio che viene esaltato e giustificato dalla cultura imperante.
“La Vandea deve essere un cimitero nazionale”
Testi tratti da Reynald Secher, Il genocidio vandeano, ed. Effedieffe, Milano 1988.
«Per tutto il 1793 vi sono distruzioni e massacri, ma in generale avvengono durante i combattimenti. L’esercito di Magonza non è senza colpa; si fa precedere all’uscita da Nantes da carriaggi di zolfo e annienta diversi villaggi. Westennann non perde occasione per bruciare e per massacrare e il suo soprannome di “macellaio di Vandea” è anteriore alla battaglia di Savenay. Si possono menzionare diversi massacri, come quello di Noirmoutier, dal 3 al 6 gennaio, quando Haxo ha dato la sua parola che avrebbe lasciato la vita a tutti coloro che si fossero arresi. Non bisogna dimenticare l’incendio di Machecoul da parte degli uomini dell’aiutante generale Guillaume, il 17 o 18 dicembre 1793, a causa dell'”indisciplina della truppa”; la distruzione di Saint-Christophe-du-Ligneron il 7 gennaio e dei dintorni di Légé l’11 dello stesso mese. I rappresentanti Choudieu e Bellegarde confessano, in una lettera alla Convenzione del 15 ottobre, che l’esercito della Repubblica era ovunque preceduto dal terrore: “Il ferro e il fuoco sono le sole armi di cui facciamo uso”.
Il progetto di distruzione totale infatti fu applicato soltanto con la proposta del piano di Turreau, nuovo generale in capo dell’armata dell’Ovest (211) . Fin dal suo arrivo in Vandea, all’indomani di Savenay, scrive al Comitato di Salute Pubblica perché venga deliberato il piano che conta di seguire e per sollecitare un documento che lo copra: “Vi chiedo un’espressa autorizzazione o un decreto per bruciare tutte le città, villaggi e frazioni della Vandea che non sono ormai più nell’alveo della Rivoluzione e che forniscono senza posa nuovo alimento al fanatismo e alla monarchia”.
Nessuna risposta. Lo stesso Carrier, messo al corrente, si rifiuta di dargli la copertura con un ordine; il nuovo generale in capo aveva fatto una domanda simile il 28 dicembre (211). Non solo, i Rappresentanti in missione, Louis Turreau e Bourbotte, desiderando evitare ogni responsabilità e ogni compromissione, si fanno richiamare a Saumur con il pretesto di una malattia “derivante dalle fatiche della loro troppo lunga missione”.
Il generale Turreau ritorna tuttavia alla carica il 17 gennaio: “La mia intenzione è proprio di incendiare tutto, preservando solo i punti atti a stabilire gli acquartieramenti necessari all’annientamento dei ribelli, ma questa importante risoluzione deve essere prescritta da voi. Io sono solo un agente passivo (…). Dovete pavimenti pronunciarvi in anticipo sulla sorte delle donne e dei bambini. Se bisogna passarli tutti a fil di spada, io non posso adottare una simile misura senza un ordine che metta al riparo la mia responsabilità”.
Lo stesso giorno, dopo aver scritto di suo pugno in testa alla sua carta da lettere il motto: “Libertà, Fraternità, Eguaglianza o la Morte”, Turreau manda le seguenti istruzioni ai suoi luogotenenti: “Tutti i briganti che saranno trovati armi alla mano, o rei di averle prese, saranno passati a filo di baionetta. Si agirà allo stesso modo con le donne, le ragazze e i bambini (…). Neppure le persone semplicemente sospette dovranno essere risparmiate. Tutti i villaggi, i borghi, le macchie e tutto quanto può essere bruciato sarà dato alle fiamme”.
Ciononostante, inquieto per il silenzio di Parigi, indirizza una nuova supplica al Comitato di Salute Pubblica: “La passeggiata militare che medito sarà finita il 4 o il 5 febbraio. Lo ripeto, considero indispensabile bruciare città, villaggi e poderi, altrimenti non potrò rispondere dell’annientamento di quest’orda di briganti, che sembrano trovare ogni giorno nuove risorse”.
Da Cholet, nel Maine-et-Loire, il 31 gennaio, aveva informato “dello stato di perplessità in cui lo si lascia”.
Soltanto l’8 febbraio 1794 il Comitato fa pervenire a Turreau il suo assenso tramite Carnot: “Ti lamenti, cittadino generale, di non aver ricevuto dal Comitato un’approvazione formale alle tue misure. Esse gli sembrano buone e pure, ma, lontano dal teatro delle operazioni, attende i risultati per pronunciarsi: stermina i briganti fino all’ultimo, ecco il tuo dovere (…)”.
L’11 febbraio Turreau accusa ricevuta: “Ho ricevuto con piacere l’approvazione che avete dato alle misure che ho preso (…)” (149) , e il 15 febbraio confida al rappresentante Bourbotte: “Tu sai che, senza alcuna autorizzazione, ho preso e messo in esecuzione le più rigorose misure per porre fine a questa orribile guerra. Il Comitato di Salute Pubblica ha certo voluto darmi la sua sanzione, ma io ero tranquillo, mi appoggiavo, mi sia permesso dirlo, sulla purezza delle mie intenzioni”.
Quello stesso giorno, il Comitato di Salute Pubblica scrive al Rappresentante Dembarère: “Uccidete i briganti invece di bruciare le fattorie, fate punire i fuggitivi e i vigliacchi e distruggete totalmente questa orribile Vandea (…). Concorda con il generale Turreau i mezzi più sicuri per sterminare tutto di questa razza di briganti (…)” (…).
Dalla lettura di questo dichiarazione si può vedere fino a che punto la responsabilità sia interamente del Comitato di Salute Pubblica.
Il 17 gennaio, il generale Grignon, capo della prima colonna, arringa i suoi soldati in questi termini: “Compagni, entriamo nel paese insorto. Vi dò l’ordine di dare alle fiamme tutto quanto sarà suscettibile di essere bruciato e di passare a filo di baionetta qualsiasi abitante incontrerete sul vostro passaggio. So che può esserci qualche patriota in questo paese; è lo stesso, dobbiamo sacrificare tutto” (251).
Il 19 gennaio Cordelier redige, a uso dei suoi comandanti di corpo, istruzioni relative all’esecuzione degli ordini dati da Turreau. Il generale deve “occuparsi personalmente” della riva destra della Loira. “Sarà comandato giornalmente e a turno un picchetto di cinquanta uomini con i suoi ufficiali e sottufficiali, che sarà destinato a scortare i pionieri a fare il loro dovere. L’ufficiale comandante di questo picchetto prenderà tutti i giorni gli ordini dal generale prima della partenza e sarà responsabile difronte a lui della loro esecuzione. A questo scopo, agirà militarmente nei confronti di quei pionieri che mostreranno di non eseguire ciò che comanderà e li passerà a filo di baionetta.
“Tutti i briganti che saranno trovati con le armi in pugno o indiziati di averle prese per rivoltarsi contro la loro patria, saranno passati a filo di baionetta. Si agirà nello stesso modo con le fanciulle, le donne e i bambini. Neppure le persone solamente sospette dovranno essere risparmiate, ma nessuna esecuzione potrà essere fatta senza che il generale l’abbia preliminarmente ordinata.
“Tutti i villaggi, i poderi, i boschi, le macchie e in genere tutto quanto può essere bruciato sarà dato alle fiamme, ma dopo che si saranno portate via dai luoghi, ove sarà possibile, tutte le derrate che vi saranno; ma, lo si ripete, queste esecuzioni potranno essere effettuate solo quando il generale lo avrà ordinato. Il generale designerà quegli oggetti che devono essere risparmiati” (212).
Fonte: Cultura Nuova