2014 Comunicati  25 / 02 / 2014

Un pupazzo dell’alta finanza. Per il colpo di grazia?

Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 23/14 del 25 febbraio 2014, Sant’Irene

Perché NON possiamo fidarci di Renzi

Gutgeld_Renzi

“Il suo guru economico è un israeliano, ex uomo Mc Kinsey, Yoram Gutgeld”
“C’era urgenza. Ma per fare cosa? Qui c’è la chiave della crisi e della folgorante ma ingiustificata ascesa di Matteo Renzi”

No, non riesco a fidarmi di Renzi. E non solo perché non mi convince la persona, come ho già avuto modo di spiegare recentemente (“Renzi? Vi deluderà”). Nel valutare un leader politico cerco sempre di capire da dove venga, quali siano i suoi referenti e quali le sue intenzioni. Insomma, bisogna scavare nel suo passato, non per scoprire che ha fatto il boy scout e che ha partecipato alla “Ruota della Fortuna” – questa è aneddottica per il grande pubblico televisivo – ma per valutare i suoi legami politici e di interesse, soprattutto fuori dall’Italia, nonché la sua tempra e l’autenticità delle sue intenzioni.
Scrivo fuori dall’Italia, perché ormai i veri poteri – anzi, i cosiddetti poteri forti – non si trovano più all’interno del Paese ma in consessi sovranazionali, che perseguono i propri interessi applicando tecniche assai sofisticate.
Una di queste riguarda il reclutamento delle élite nazionali; trattasi di politici e alti funzionari che applicano agende in apparenza “patriottiche” ma in realtà funzionali ad altri obiettivi, mai dichiarati, e sovente antitetici rispetti a quelli nazionali. Ai loro occhi la distinzione destra-sinistra, che continua a infiammare gli animi, è ininfluente, perché il reclutamento è trasversale; include sia conservatori che progressisti; peraltro con una decisa predilizione per i leader «di sinistra» e i «tecnici» come Mario Draghi, Romano Prodi, Mario Monti, Ciampi, fino alla sua scomparsa Tommaso Padoa Schioppa, e a un livello più basso Enrico Letta, Giorgio Napolitano, Gianfranco Fini, Giuliano Amato.
I leader esclusi da questi consessi, ovviamente, vengono demonizzati mediaticamente (come ben sanno Berlusconi, Grillo, Bossi…).
La domanda da porsi è: ma Matteo Renzi da che parte sta? Come si parametra con le lobby sovranazionali? La risposta non è rassicurante. Matteo Renzi viene da lontano, da molto lontano. Il paragone più appropriato è con Barack Obama. E non è irriverente.
Ricordate? Nel 2008 Obama sembrava il rottamatore della politica americana, l’uomo che dava speranza, che prometteva lotta dura alle lobby della grande finanza Usa e del Pentagono. All’epoca seguivo in America la campagna elettorale e decisi di non lasciarmi annebbiare dalla retorica collettiva ma di analizzare l’indole del personaggio e, soprattutto, le sue reali relazioni con il potere che conta. Trovati i riscontri, scrissi, in perfetta solitudine, che Obama non avrebbe fatto nulla di quanto prometteva e che le lobby messe sotto accusa per il crash del 2008 avrebbero mantenuto la propria influenza; una verità che oggi è una banalità. Sei anni fa era eresia.
Ho applicato lo stesso approccio a Renzi. Lo scoprii nel febbraio 2009, quando era solo il presidente della Provincia di Firenze, del tutto sconosciuto a livello nazionale. Lo scoprii perché il settimanale Time gli dedicò un articolo presentandolo come « l’Obama italiano ». Ne scrissi subito sul blog. Il mondo dei giornali è il mio mondo, come quello dello spin, e conosco molto bene le logiche della stampa americana. E’ assolutalmente inverosimile che un inviato speciale paracadutato a Roma da Washington possa scoprire, grazie al suo fiuto, le potenzialià di un giovanissimo presidente di Provincia. Quando avvengono questi miracoli c’è una ragione ovvero qualcuno ha fatto sì che alla redazione del settimanale arrivasse, nei modi appropriati, la dritta giusta. E un articolo su Time è una consacrazione; il viatico per salire ancora più su o perlomeno per provarci.
E così fu. Da allora ho trovato altri riscontri sulla sua rete di relazioni. da una decina d’anni è grande amico dell’americano Michael Ledeen, ex alto funzionario del Dipartimento di Stato ancora oggi pensatore molto influente, che lo accolse a Washington nel 2007. Il suo guru economico è un israeliano, ex uomo Mc Kinsey, Yoram Gutgeld, mentre Marco Carrai, giovane descritto come molto brillante e ben introdotto a livello internazionale, è il suo uomo di fiducia, che lo ha accompagnato dapprima da Tony Blair e poi da Barack Obama alla Convention democratica del 2012.
Il puzzle delle relazioni è certamente incompleto, ma sufficiente per delineare un disegno, una tendenza e soprattutto un clima.
Osservate le reazioni della stampa internazionale e delle cancellerie internazionali alle incredibili vicende di queste ore ovvero all’esautorazione del capo del governo italiano senza voto in Parlamento e senza spiegazioni plausibili, frutto semplicemente di una squallida manovra di Palazzo.
Nessuno, fuori dall’Italia, si indigna, nessuno si preoccupa, nessuno rilascia dichiarazioni sprezzanti sulla credibilità delle istituzioni. Va bene così, a tutti; perché un uomo di assoluta fiducia ma forse troppo prudente, come Enrico Letta, viene sostituito da un altro uomo di assoluta fiducia ma più deciso, più spregiudicato, come Matteo Renzi.
Temo che Renzi non sia un rottamatore ma un continuatore delle politiche di Mario Monti e di Enrico Letta. Cambiano gli interpreti, non le logiche; stessi interessi e stesse conseguenze. A voi di giudicare se positive o negative per l’Italia. Io, al riguardo, non ho dubbi.
http://blog.ilgiornale.it/foa/2014/02/16/perche-non-possiamo-fidarci-di-renzi/

Macché rottamatore! Renzi è un garante, è il continuatore…
Scusate, ma dov’è la novità del Governo Renzi? Vi prego, guardate la lista dei ministri: ci sono diverse giovani comparse (ininfluenti), molti volti notissimi provenienti dal governo uscente (ben nove tra cui Franceschini, Alfano…urca, che rinnovamento!) ed esponenti dell’establishment nazionale (al Lavoro il presidente della Lega Cooperative Giuliano Poletti! niente male per un premier di dichiarata origine democristiana…) e soprattutto di quello europeista. Se non è una fotocopia del governo Letta che era l’interprete in versione democristiana della linea Monti… Qualcuno crede ancora davvero alla favoletta di Renzi rottamatore? L’ho già scritto e insisto: questo è un continuatore. E’ un garante. Ora c’è la prova.
Tra tutte, la nomina che più conta è quella di ministro dell’economia. Pier Carlo Padoan è un economista che ha lavorato per la Banca mondiale, la Commissione europea e la Bce. E’ stato rappresentante del Fmi, poi è sbarcato all’Ocse, dove ricopre l’incarico di economista capo. Serve altro per capire chi sia Padoan e soprattutto quale modello economico intenda perseguire? Il nuovo superministro dell’economia è da sempre un dogmatico, un teorico del rigore, probabilmente della patrimoniale, al punto che persino il Premio Nobel Krugman lo ha definito il “cheerleader” dell’austerità.
Se avete gradito Monti e la cura che ha riservato all’Italia, apprezzerete senz’altro Padoan. Da notare che Renzi nemmeno lo conosceva; in queste ore, secondo quanto riporta il Messaggero, gli ha parlato solo al telefono, ma ne é rimasto folgorato; come peraltro gradivano – e lo hanno fatto sapere – Napolitano e la Commissione europea, il Fondo Monetario, naturalmente la Bce di Mario Draghi. Padoan è uno dei loro. E sono rassicurati dalla sua nomina, anzi entusiasti. Gli italiani non so.
Si, gli italiani sono disorientati, sconcertati, in gran parte già delusi da Renzi per il modo in cui ha conquistato il potere. Nessuno ha spiegato quali siano le vere ragioni che hanno costretto alle dimissioni Letta, senza nemmeno il pretesto di una crisi o di un voto di sfiducia. E non che gli italiani lo amassero particolarmente, ma almeno una ragione plausibile, magari democratica… invece nulla.
Si è capito invece benissimo chi ha gradito questo perentorio cambio in corsa: l’establishment europeista di cui i mercati sanno interpretare gli interessi.
Letta ne faceva parte, ma la sua appartenenza non è bastato a salvarlo. C’era urgenza. Ma per fare cosa? Qui c’è la chiave della crisi e della folgorante ma ingiustificata ascesa di Matteo Renzi.
Marcello Foa – Il Giornale