Terra Santa – 14 aprile 2002/2012: decennale del muro della vergogna
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 43/12 del 23 aprile 2012, San Giorgio
Terra Santa – 14 aprile 2002/2012: decennale del muro della vergogna
Dieci anni di muro
Dieci anni dopo la barriera ha sfigurato la Terra Santa e ha messo un’ipoteca pesante su ogni futuro negoziato di pace, cambiando la geografia sul terreno e le carte della trattativa. Il muro sin dall’inizio non ha seguito la linea del cessate il fuoco del 1949, che dovrebbe rappresentare, almeno in teoria, il confine di un eventuale Stato palestinese. Il percorso della barriera è entrato dentro ai Territori, ha creato enclave, ha diviso villaggi, campi, distese di ulivi e quartieri densamente popolati di Gerusalemme. Ha reso impossibile a molte famiglie coltivare le proprie terre, creando le premesse per nuovi espropri.
Ci sono stati momenti in cui la barriera è avanzata rapidamente, altri in cui si è fermata, per poi ripartire e bloccarsi ancora una volta, a seconda del momento politico, delle pressioni internazionali, degli umori dei governi israeliani che si sono succeduti e delle decisioni della Corte suprema dello Stato ebraico. Nel 2004 è intervenuta anche la Corte internazionale dell’Aja, che ha riconosciuto il diritto di difesa di Israele, ma ha affermato che la costruzione del muro in territorio palestinese e non lungo la linea verde riconosciuta dall’Onu è una violazione del diritto internazionale. Ciò non ha impedito ad Israele di avanzare con il muro, penetrando in profondità in Cisgiordania, persino di 20 chilometri ad est della demarcazione del ’49 per proteggere colonie ebraiche come Ma’aleh Adumin e Ariel.
Tanto per avere un’idea, ecco alcune cifre: sono stati costruiti finora 521 chilometri di barriera, sui circa 709 progettati, a fronte di una linea del cessate il fuoco di 320 chilometri. L’85 per cento del tracciato corre in territorio palestinese.
Il tracciato finora ha inglobato l’8,5 per cento della Cisgiordania palestinese, contro un 17 per cento previsto nei piani iniziali. Per il 10 per cento del percorso vi è un muro di cemento alto 8 metri mentre nel restante 90 per cento si snoda una barriera elettrificata di due metri.
Il costo complessivo della costruzione è stato finora di 2,6 miliardi di dollari, oltre a costi di manutenzione di altri 250 milioni di dollari l’anno. L’opera è tuttavia ancora lontana dall’essere terminata. In taluni punti, il muro finisce improvvisamente nel nulla, come si può vedere non lontano da Ariel: c’è la terra rimossa per un suo avanzamento, ma le ruspe non lavorano da anni. La stessa situazione si ripete in altri punti della barriera.
Il muro appare un grosso intralcio a chi spera ancora in un negoziato. «Buttarlo giù completamente e ricostruirlo sulla linea verde sarebbe l’unica soluzione per una pace duratura», afferma Ray Dolphin, rappresentante a Gerusalemme dell’Ufficio dell’Onu per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha).
Fonte: Terra Santa
Medioriente, compie 10 anni il muro che separa Israele e Cisgiordania
BETLEMME – Sono passati esattamente 10 anni, ma sembra una vita, da quando il 14 aprile del 2002 l’allora leader israeliano Ariel Sharon, decretò la costruzione del muro di separazione, il cosiddetto “muro della vergogna”, per separare i territori dello Stato ebraico dalla Palestina. ( GUARDA IMMAGINI MURO BETLEMME ) Una questione di sicurezza, si disse, per proteggere Israele dagli attentati kamikaze dei palestinesi.
Di fatto, l’imponente muro di cemento che si estende per 725 chilometri, per l’85% è stato costruito in totale spregio dei confini internazionalmente riconosciuti tra Israele e i territori occupati, dopo la guerra dei Sei giorni. La maggior parte, della “barriera protettiva” che attanaglia i territori della Cisgiordania, è sorta all’interno dei confini palestinesi, inglobando la maggior parte delle colonie israeliane e dei pozzi d’acqua.
Che l’occupazione messa in atto da Israele non sia legittima, è stato ribadito a più riprese dalla comunità internazionale e dagli Stati Uniti. I ripetuti tentativi di espansione e allargamento dei confini, messi in atto da Israele, sono stati condannati all’unanimità dall’Onu. Episodi di esproprio forzato realizzati dall’esercito israeliano e immagini di famiglie palestinesi cacciate dalle loro case con l’uso della violenza, sono stati documentati e le immagini hanno fatto il giro del mondo.
Ma non è bastato, ora il muro è completamente coperto da dipinti e murales realizzati da artisti provenienti da ogni parte del mondo, arrivati in Cisgiordania per sostenere la rabbia e il dolore del popolo palestinese, attraverso le immagini. E per la prima volta sta per arrivare anche in Italia un film documentario, premiato al Sundance Festival, dedicato alla resistenza popolare palestinese: “5 broken cameras”.
“Lo scopo principale del muro è confiscare terre palestinesi”, ha detto senza mezzi termini il regista israeliano, Guy Davidi, che insieme al palestinese Emad Burnat, ha realizzato il docufilm.
“5 Broken Cameras” narra l’impatto della costruzione del muro sulla vita di una famiglia di Bil’in, villaggio a 4 chilometri dal muro. “Dire che si tratta di una barriera difensiva”, continua Davidi, “è falso”. “Se qualcuno sceglie la violenza, non basta un muro a fermarlo. Guardate cosa succede con Gaza: il confine è sigillato, ma questo non impedisce continui attacchi e lanci di ordigni”.
Una visita anche breve a Ramallah e Betlemme e qualche conversazione con gli abitanti più anziani dei villaggi attorno al muro “della vergogna”, bastano ad intuire il senso di frustrazione, impotenza ed ingiustizia degli abitanti della Cisgiordania ( GUARDA IMMAGINI MURO) e il loro bisogno di mostrare al mondo la “ferita” che ha deturpato i loro territori.
Fonte: You Reporter News
Trailer del film “5 broken cameras”