Sanzioni, soldi ai terroristi e bombe sui siriani
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 60/17 del 16 giugno 2017, Sant’Aureliano
La strategia di Ue e Usa? Sanzioni, soldi ai terroristi e bombe sui siriani
Al recente G7 di Taormina, la decisione di Trump di tirare fuori il suo paese dagli accordi di Parigi sul clima è stata fortemente criticata dai leader europei. Ma — come ha detto l’ambientalista Rebecca Tarbotton (presidente di Rainforest Action Network) — se è vero che gli effetti dei cambiamenti climatici riguardano tutti, è altrettanto vero che “il compito della nostra epoca non si esaurisce solo nel far fronte al cambiamento climatico” e che “occorre guardare più in alto e più in profondità perché l’umanità ha bisogno di un salto di civiltà”. E’ proprio questo che i leader europei non vogliono capire: tutte le crisi ed i problemi globali in atto nascono da un sistema basato su valori sbagliati e non a causa dei nanogrammi delle particelle delle polveri sottili (queste sono solo uno degli effetti). L’Unione Europea sembra affetta da una sindrome dissociativa: un giorno i suoi leader si preoccupano per le piogge acide nel mondo; poi a seguito di un attentato, promettono lotta al terrorismo, ma a fronte di questa narrativa, i fatti dicono tutt’altro: l’Europa supporta e continua a finanziare il terrorismo.
La settimana scorsa ha rinnovato le sanzioni contro la Siria che impediscono l’importazione di materiali e generi di ogni sorta: anziché i terroristi, la Ue colpisce il latte in polvere, le sementi, i pezzi di ricambio di macchinari, i lacci per le scarpe (il regime potrebbe usarli per legare i prigionieri), i medicinali (per effetto delle sanzioni in Siria non è più possibile trattare le malattie oncologiche e quelle croniche). L’enormità di queste sanzioni è tale che il tomo che le ospita supera le 2300 pagine (se si considerano tutti i link che ne fanno parte integrante). Infine, le sanzioni hanno avuto come effetto quello di produrre più morti di quelle dovute ai combattimenti stessi.
Sorda alle evidenze, l’Unione Europea è stata sorda anche ad ogni voce che si è levata per l’interruzione delle sanzioni, compresa nel 2016 quella dei vescovi siriani.
Se poi esaminiamo la principale motivazione che il provvedimento porta con sé per giustificarle, ci accorgiamo che è addirittura farneticante. La principale giustificazione su cui si reggono le sanzioni è infatti che “Assad reprime il suo popolo”. Ebbene, questa è una spiegazione scritta in perfetta malafede perché è un dato che in realtà la gente lo sos
tiene. Il supporto da parte del popolo siriano al presidente Bashar al Assad non è venuto mai a mancare, neanche all’inizio dell’insurrezione. Lo rilevava già nel 2012 il “YouGov Siraj” commissionato dal Qatar, cioè uno dei più acerrimi nemici di Assad. La prospezione rilevava che il 55 per cento dei siriani già all’indomani della rivolta, continuava a sostenere Assad. Inoltre, a sconfessare quanto sostenuto dall’Unione Europea, c’è addirittura un report della Nato del 2013, secondo il quale il 70 per cento della popolazione sosteneva Assad mentre per il 20 per cento si diceva neutro e solo il 10 per cento era dalla parte dei ribelli (World Tribune). Infine, anche due distinti sondaggi dell’Orb International, hanno rilevato (nel 2014 e poi nel 2015) che la maggioranza dei siriani che credono che il governo di Assad meglio rappresenti i loro interessi e aspirazioni, sono in numero superiore a quelli che preferiscono uno qualsiasi dei gruppi di opposizione.
In base a questi risultati oggettivi, è evidente che le decisioni prese dall’Unione Europea vanno contro la volontà del popolo siriano.
Ma allora quali interessi va difendendo l’Unione Europea? E’ chiaro che Bruxelles tiene fede a ragioni di profitto e non alla verità: per questo ha scelto la dissimulazione. Di conseguenza, i media hanno diffuso un’informazione totalmente falsa e funzionale alle agende governative. I mezzi di comunicazione si sono rivelati sempre ostili al governo siriano colpevole di “bombardare il suo stesso popolo” e di “assediare” Aleppo (occupata da al Qaeda); quando però le forze irachene e la coalizione a guida Usa hanno liberato la città irachena di Mosul (occupata dall’Isis), hanno minimizzato sulle perdite civili ed hanno decretato la sua liberazione. Eppure le perdite civili per la liberazione di Mosul sono state ingenti almeno quanto quelle causate per la liberazione di Aleppo.
E’evidente che noi siamo fruitori non di informazione ma di propaganda: secondo Airwars (organizzazione britannica che tiene il conto dei non-combattenti uccisi negli attacchi aerei), a causa dei bombardamenti della coalizione guidata dagli Stati Uniti su Mosul, solo nel mese di marzo sono morte 1.257 persone. Successivamente i morti ad opera della coalizione anti-Isis anziché diminuire sono aumentati: è successo in queste ultime settimane, quando dopo la liberazione di Mosul, gli Usa e gli alleati curdi del Syrian Democratic Force (Sdf) hanno lanciato l’operazione per liberare Raqqa dal califfato. Anche in questo caso, non si è risparmiato l’uso della forza: la città è stata bombardata anche con i B52.
In breve Raqqa si è trasformata in un inferno: la situazione è diventata così drammatica per la popolazione che martedì scorso anche l’Onu ha fortemente critic
ato i bombardamenti della coalizione. Stessa cosa ha fatto l’Osservatorio Siriano per i diritti Umani — che notoriamente è a favore degli Usa e sostiene i ribelli — ha denunciato centinaia di vittime civili nella “capitale del califfato”.
I bombardamenti aerei, accompagnati dall’artiglieria americana e britannica, di stanza in una fabbrica di zucchero a nord della città, hanno messo i civili in uno stato di panico, paura e confusione. La situazione è resa ancora più pesante per il fatto che l’Isis impedisce ai residenti rimasti di lasciare la città. La situazione umanitaria è notevolmente peggiorata a causa della mancanza di personale medico e medicine, inoltre da quattro giorni c’è la completa cessazione dell’elettricità, e l’assenza completa riguarda anche il carburante e la farina. Inoltre, tenendo fede sull’utilizzo dell’Isis anche in chiave anti-Assad, le Syrian Democratic Force (Sdf) e le truppe speciali occidentali hanno concesso una via di fuga a migliaia di militanti dell’Isis verso Deir Ezzor e Palmyra. L’intenzione è chiaramente quella di danneggiare l’esercito siriano che presidia quelle zone e che avanza verso Deir Ezzor. L’aviazione russa per contenere il pericolo, deve effettuare ogni giorno voli ininterrotti per attaccare e neutralizzare le autocolonne dell’Isis.
Questo è uno spaccato del clima, del “modus operandi” e del non senso introdotto in Siria. Dov’è la repressione di Assad in atto contro il suo popolo? I fronti attualmente aperti in territorio siriano hanno il solo scopo di far cessare una guerra che continua ad esistere solo per volere della Comunità internazionale e non per volontà dei siriani. La comunità internazionale, per scarsità di combattenti disposti a contrapporsi alle forze governative, ha addirittura dovuto far ricorso a forze proprie. In questo momento, forze speciali norvegesi, americane e britanniche sono in territorio siriano per proteggere i propri mercenari raccolti in Giordania e nelle zone rurali siriane, tra le tribù notoriamente disposte a dare il proprio contributo al miglior offerente.
Mentre continua a consumarsi questa tragedia, l’Europa senza cercare le radici del male là dove si vede con tutta evidenza, continua la sua guerra contro se stessa. Intanto, illumina di verde i suoi municipi e organizza manifestazioni a difesa del clima. Naturalmente la decisione come sempre è “double face”: un occhio al clima ed un occhio a Trump, per vedere se stavolta cade.