Rassegna stampa del 9.01.2012
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 4/12 del 9 gennaio 2012, San Giuliano
Rassegna stampa del 9.01.2012 (i titoli sono redazionali)
In evidenza – L’esempio di Jenni
«Ho fatto quello che dovevo fare, il mio bambino ora crescerà sano». Sono le ultime parole di Jenni Lake, la diciassettenne americana che ha interrotto le cure per un tumore per salvaguardare la vita del figlio che portava in grembo.
La sua storia ha raggiunto, sotto Natale, le cronache internazionali. Jenni scopre nell’ottobre del 2010 di avere un tumore. Da quel momento inizia la sua battaglia per la vita, che la vede «impaurita, ma senza darlo troppo a vedere. Alternava momenti di tristezza ad altri di gioia. Ha pianto solo quando le hanno detto che le cure avrebbero potuto renderla sterile», racconta il padre, un camionista dell’Idaho.
Nonostante la malattia, quella di Jenni resta la tipica vita di un’adolescente moderna. «Aveva una vena ribelle», ricorda la madre. Lo si vede anche dai primi video, che posta su Youtube, in cui racconta la sua determinazione contro il cancro: Jenni si mostra tutta piercing e tatuaggi, con i capelli tinti di due colori e il sogno di diventare un’artista di tattoo.
Durante la malattia si fidanza con Nathan, un anno più grande di lei, e rimane incinta. Inaspettatamente, «perché ci avevano detto che la cura poteva renderla sterile, perciò non ci siamo preoccupati di nulla», spiega il ragazzo. Jenni decide di sospendere la chemioterapia per salvaguardare la vita del figlio, che è nato il mese scorso e che lei ha potuto tenere al suo fianco per 12 giorni prima di morire. La madre, ai giornalisti che le hanno chiesto i motivi della scelta della figlia, ha risposto con la stessa naturalezza con cui la figlia ha partorito il piccolo: «Non ci siamo nemmeno posti il problema, il bambino sarebbe nato e Jenni avrebbe ripreso le cure nella speranza di guarire».
Una storia diversa da quella di Gianna Beretta Molla, che dotata di una fede granitica ha sacrificato la sua vita per salvare quella del figlio. Una vita non proprio casa e chiesa, quella di Jenni, che ha affrontato la malattia con gli alti e bassi di un’adolescente che vede tutti i suoi sogni andare in fumo. Eccetto il più grande, quello di diventare madre. Ma l’eredità che ci lascia, hanno detto familiari e amici, «non è una tragedia, piuttosto il frutto vivo del suo sacrificio».
Un sacrificio – compiuto senza clamori da una ragazza normale e che nel dolore ha reso Jenni una donna bellissima e felice – che ha portato agli onori delle cronache di tutto il mondo la sua storia.
Fonte: Tempi.it
A Rieti è vacante anche il presepio
Incredibilmente, proprio quest’anno, il vescovo di Rieti, che è il vescovo di Greccio – cioè del luogo dove Francesco inventò il presepio – ha deciso: niente più storico presepio nella cattedrale. Gesù bambino, la Madonna, san Giuseppe, con i pastori e i magi. Come a Betlemme duemila anni fa, “non c’era posto per loro” nella cattedrale di Rieti.
Più ancora della decisione in sé, hanno sconcertato le motivazioni che sono state fornite dal settimanale diocesano di Rieti per giustificare la scelta. La toppa è stata molto peggiore del buco. Infatti il giornale ha scritto che si tratta di “una scelta di sobrietà” e “un segno tangibile di condivisione”. Condivisione di cosa? Con chi? Il presepio lo fanno tutti.
E poi perché “scelta di sobrietà”? In omaggio al governo Monti, “sobrio” per definizione?
Dei lettori di Rieti ci scrivono mail indignate: “il vescovo vuole che teniamo solo l’essenziale e cancelliamo via, per ‘sobrietà’ e ‘solidarietà’, tutto ciò che non è essenziale. Sarà per questo che quest’anno è andato al Rotary Club di Rieti a ricevere il Premio ‘Sabino d’oro’ consistente in una placca d’argento dorato su cui è incisa l’immagine di un Guerriero Sabino stilizzato? Era proprio essenziale per la fede?”.
Fonte: Associazione La Torre
Dopo i danni e le beffe
Le banche faranno pagare ai clienti i costi della collaborazione anti-evasione: la manovra «salva Italia», che oggi riceva la fiducia definitiva del Senato, prevede che i movimenti di tutti i conti correnti, decine e decine di milioni, vengano trasmessi in automatico all’Agenzia delle entrate.
Ma chi pagherà per questa ciclopica operazione? «Faremo il possibile per limitare al minimo i costi per la clientela – ha detto l’ad di Unicredit, Federico Ghizzoni a Radio24 – ma qualche impatto ci sarà».
È l’ultima, amara sorpresa della manovra: pagheremo per essere controllati.
Fonte: Il Giornale
Crescete e moltiplicatevi
ROMA – Tagli nell’esercito, ma il numero record è quello degli ufficiali: sono i numeri dei militari italiani. Il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola ha promesso una sforbiciata nel settore militare: ”Occorre un bilanciamento delle risorse tra il personale, gli impegni operativi e il necessario rinnovamento”.
Questo significa che da 190 mila soldati, si potrebbe presto passare a 150 mila. Ma il problema, scrive Francesco Grignetti su La Stampa, è il numero dei generali: 425 quelli italiani. Tanto per fare un esempio, nell’esercito americano ce ne sono 900: ma l’esercito americano è composto da 1 milione e 400 mila soldati.
Fonte: Blitz Quotidiano
Forse cercavi: malattia, ma curabile
Google ha dichiarato alla rivista statunitense The Advocate che comincerà a farsi carico dell’intero importo delle operazioni di riassegnazione sessuale a cui decideranno di sottoporsi i propri dipendenti.
Il portavoce della holding californiana ha annunciato che questo finanziamento delle operazioni di chirurgia di riassegnazione sessuale si realizzerà grazie all’aumento dell’importo della franchigia delle assicurazioni mediche che vengono offerte ai dipendenti, con le quali si potranno coprire spese che vanno da 35.000 a 75.000 dollari.
La decisione è nata dopo che il Progetto Trevor, una campagna finalizzata alla lotta contro i suicidi dei giovani omosessuali vittime di omofobia e transfobia, ha premiato Google per il suo lavoro a favore dell’uguaglianza.
Lo scorso anno il popolare motore di ricerca si era schierato a favore dei diritti dei suoi lavoratori LGBT, accollandosi le tasse che gli impiegati omosessuali in coppia pagano in più per colpa della mancanza di un riconoscimento federale delle unioni omosessuali.
Fonte: Associazione La Torre
Case per israeliani, demolizioni per palestinesi
L’Alta corte di giustizia di Israele ha emesso una sentenza secondo cui è legittimo per Israele sfruttare a proprio vantaggio le risorse della Cisgiordania. Dandone notizia, il quotidiano israeliano Haaretz ha ricordato che la sentenza è stata emessa in seguito alla presentazione di un esposto da parte dell’organizzazione non governativa Yesh Din che contestava la presenza di 10 cave di proprietà israeliana.
Queste riforniscono il 25% del materiale totale ogni anno necessario a Israele, ma secondo il giudice, rappresentano una ricchezza anche per i palestinesi che vi lavorano.
Criticando la sentenza, Michael Sfard, rappresentante di Yesh Din, ha detto che “appropriarsi di risorse naturali in un territorio occupato per soddisfare i bisogni economici della nazione occupante equivale a rubare”. Ma in attesa che l’Assemblea generale dell’Onu deliberi sulla richiesta di ammissione fatta lo scorso settembre dai palestinesi, le autorità israeliane stanno spostando paletti avanti un po’ dappertutto.
L’ultima decisione in questo senso è giunta dalle autorità di Gerusalemme che hanno stabilito la costruzione di 130 nuove unità abitative nel quartiere di Silwan ovvero a Gerusalemme est, capitale designata dai palestinesi di un loro futuro Stato indipendente.
Allo stesso tempo, scrive l’agenzia di stampa Maan, sempre a Silwan sono stati recapitati avvisi a famiglie palestinesi per annunciare la prossima demolizione delle loro case. Alla stessa agenzia, Christopher Gunness, portavoce dell’Ufficio dell’Onu per i rifugiati palestinesi ha detto che le demolizioni sono illegali “perché molte di queste sono collegate all’annessione illegale di Gerusalemme, all’espansione delle colonie e al trasferimento forzato della popolazione, tutte violazioni della quarta convenzione di Ginevra
Fonte: Misna.org
Più muri per tutti
Tel Aviv – Israele darà il via nei prossimi giorni alla costruzione di un muro alto cinque metri al confine del Libano, sulla linea del cessate il fuoco.
Lo sbarramento, che sarà inizialmente lungo un chilometro, sarà equipaggiato con sistemi di allarme e di controllo e separerà il kibbutz al-Matala dal villaggio libanese di Kafr Kala, situati a poca distanza l’uno dall’altro. Questo muro sarà il primo del genere costruito lungo la frontiera con il Libano.
Il confine fra Israele e Libano è disputato dai due Paesi, e la “Linea blu” fissata dalle Nazioni unite nel 2000 per verificare il ritiro di Israele dal Libano dopo il 1982 copre solo una parte della sua estensione. L’area in cui sorgerà il muro, secondo gli israeliani, è stato fonte di tensioni e frizioni nel passato. Nel novembre 2011 una serie di quattro razzi Katyusha sono stati sparati sulla Galilea settentrionale dal Libano, senza causare feriti. Le Brigate al-Azzam rivendicarono la responsabilità dell’attacco. (…) Il muro con il Libano non è l’unico in programma.
Il Primo ministro Benjamin Netanyahu ha annunciato a Capodanno che Israele ha l’intenzione di costruire una barriera lungo la sua frontiera orientale, lungo il confine giordano, simile a quella che è in costruzione attualmente lungo la frontiera egiziana.
Il governo israeliano sta investendo 360milioni di dollari Usa in una barriera di acciaio alta cinque metri lungo i 240 km che separano Israele dall’Egitto. L’opera sarà completata nel settembre 2012. “Quando la barriera di sicurezza lungo il confine egiziano sarà finita, una verrà costruita sul confine giordano” ha dichiarato Netanyahu.
Fonte: Asianews
Salva-Banca, distruggi-popoli/1
Quando sono in difficoltà, si sa, gli italiani tirano il meglio di sé stessi. La notizia che conferma la regola arriva da Fosso, in provincia di Padova, dove è gara di solidarietà per aiutare l’anziano 77enne in difficoltà che è stato “pizzicato” mentre rubava tre bistecche in un supermarket di Piove di Sacco.
L’anziano si era difeso dicendo di non farcela ad arrivare a fine mese, anche a causa della condizione del figlio, un invalido, e della moglie, che ha diversi acciacchi. La storia del signore ha commosso tutta Italia e in particolare il suo paesino.
Un cittadino di Prato, Alessandro Maiorano, dipendente pubblico, indignato dalla vicenda del fermo dell’anziano, si è addirittura offerto di pagarle lui, quelle bistecche: «Li pago io, gli euro di quelle bistecche».
Fonte: Leggo.it
Salva-Banca, distruggi-popoli/2
Cercavano un bandito seriale, quello che nelle ultime settimane ha messo a segno tre colpi ad altrettante farmacie dell’Astigiano. Invece, hanno preso un insospettabile: un piccolo impresario edile, oberato dai debiti. Messo alle strette dagli investigatori della Squadra Mobile, ha subito confessato: «Sono io che ho fatto il colpo alla “San Lazzaro”.
Delle altre rapine non so nulla, ma quella, alla vigilia di Natale, l’ho fatta io». Ne è venuta fuori una storia toccante e a suo modo emblematica, delle difficoltà economiche al tempo della crisi. «Sono al verde, manca il lavoro e non volevo dover licenziare i miei dieci operai. Così ho pensato a come avrei potuto portare a casa qualche soldo. Lo so».
«L’ho fatto per loro, i miei operai» ha ripetuto più volte. E poi, in lacrime: «Penso alle mie figlie, volevo fare un regalo per Natale a loro. Ma non avevo più nulla, mi sono sentito perso. E ho agito così. Sì, per disperazione. Ma adesso mi sono tolto un peso. So che dovrò pagare per quello che ho fatto, ma la prima cosa che mi tormenta è il pensiero delle mie figlie e dei miei operai senza più lavoro. Chiedo scusa a tutti, ma mi sono trovato solo e non ho più saputo come uscirne».
Fonte: La Stampa
Salva-Banca, distruggi-popoli/3
Catania – Più che un principale un “padre di famiglia”, così i dipendenti della concessionaria Honda di Catania ricordano Roberto Manganaro, l’imprenditore 47enne che si è tolto la vita la notte di Capodanno non reggendo il peso di essere costretto a ridurre il personale della sua azienda per la crisi economica.
Una tragedia che suona come un campanello d’allarme per tutta la categoria dei piccoli e medi imprenditori, come spiega Nino Nicolosi, vicepresidente catanese di Confcommercio .In 30 anni la concessionaria Manganaro non aveva mai tolto il lavoro a nessuno dei propri dipendenti. Forse anche per questo all’imprenditore questa scelta suonava come un tradimento nei loro confronti.
Fonte: Tmnews