Qatar: la strage di operai politicamente corretta
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n 75/22 del 12 ottobre 2022, San Serafino
Qatar: la strage di operai politicamente corretta
Pecunia non olet: in particolare i petrodollari qatarioti non puzzano e fanno dimenticare lo sfruttamento della manodopera e l’assenza dei cosiddetti diritti civili. I pezzenti possono crepare e le bandiere arcobaleno essere ammainate per qualche giorno: i sommi pontefici del politicamente corretto si consoleranno con i bonifici degli emiri.
L’ultimo stadio dello sfruttamento
«Gli abbiamo dato l’opportunità di costruire gli stadi. Pensate che orgoglio! Seicento morti? No, sono solo tre». Queste, in sintesi, sono le parole del presidente della Fifa, Gianni Infantino, pronunciate, lo scorso maggio, nel corso di un intervento al Milken Institute, sul dramma dei migranti-schiavi impiegati nei cantieri preposti alla realizzazione degli stadi per il prossimo Mondiale. «Non scordiamoci una cosa – ha affermato Infantino – che si parla di lavoro, anche se di un duro lavoro (…) quando dai lavoro a qualcuno, anche in condizioni difficili, gli dai dignità e orgoglio. La costruzione degli stadi dove si giocheranno i Mondiali sono anche una questione di orgoglio avendo anche cambiato le condizioni di circa 1,5 milioni di persone. Questo è qualcosa che rende orgogliosi pure noi».
Oltre seimila morti – Uno strano sentimento di orgoglio quello del Presidente della Fifa dato che si fonda sullo sfruttamento, in tantissimi casi fino alla morte, di milioni di persone, specialmente migranti, costretti a lavorare in condizioni di schiavitù. Infantino ha anche messo in dubbio l’inchiesta condotta dal quotidiano inglese The Guardian che ha indicato in 6.500 il numero degli operai morti nella costruzione degli stadi che ospiteranno i Mondiali fino al 2020. Una media di 12 lavoratori morti a settimana. «Seimila morti forse nella costruzione di altri impianti – ha affermato il Presidente della Fifa – noi come Fifa non siamo la polizia del mondo, non ne siamo responsabili». L’abbellimento verbale tentato da Infantino risulta essere simile ad una coperta troppo corta e, se da una parte, si vuole evidenziare l’imponenza della macchina organizzativa di Qatar 2022, dall’altra non riesce a mascherare ciò che è noto da tempo, ossia le drammatiche condizioni nelle quali versano gli “orgogliosi lavoratori”.
Un “pizzo” per lavorare – Sono anni, infatti, che inchieste giornalistiche, tra cui quelle del Guardian, o le denunce di diverse organizzazioni umanitarie, prime fra tutte Amnesty International, hanno permesso di far luce su questa nuova forma di schiavitù. Oltre che sul numero esorbitante di morti sul lavoro, il quotidiano inglese ha fatto luce su di un altro drammatico aspetto della vicenda: per poter lavorare nei cantieri dei Mondiali, i lavoratori migranti sono stati costretti a pagare miliardi di dollari in tasse di assunzione. In Qatar vivono circa 2 milioni di lavoratori provenienti da Paesi poverissimi come il Bangladesh, il Nepal o dal continente africano. Per il Guardian, i soli migranti provenienti dal Bangladesh hanno pagato in Qatar la bellezza di 1,5 miliardi di dollari, se non addirittura 2 miliardi, tra il 2011 e il 2020 tra tasse, commissioni e ‘mazzette’ per assicurarsi il posto di lavoro. I lavoratori nepalesi avrebbero pagato 400 milioni, tra la metà del 2015 e la metà del 2019. Coloro che lavorano nei cantieri, quindi, pagano commissioni che vanno dai 3.000 ai 4.000 dollari a fronte di un guadagno di 275 dollari al mese. Come scritto nell’inchiesta del giornale inglese “significa che devono lavorare per almeno un anno solo per pagare le tasse di assunzione”. Si tratta in piena regola di una forma di schiavitù moderna. Nonostante l’addebito delle tasse sia formalmente illegale in Qatar rimane, però, una pratica molto diffusa che spinge le persone a contrarre ingenti debiti per poter far fronte a questo tipo di pagamento, esponendosi, in questo modo, a ogni possibile forma di sfruttamento lavorativo.
Morti per shock termico – Le drammatiche condizioni lavorative a cui tali persone sono sottoposte, sono note da anni. Un rapporto dell’Onu aveva denunciato che, per almeno 4 mesi all’anno, i lavoratori sono costretti a lavorare con temperature che si aggiravano intorno ai 40° fino a un massimo di 48°, a causa delle correnti desertiche. La maggior parte dei decessi, è da imputare a insufficienza cardiaca o respiratoria acuta oppure, come visto, da shock termici. Inoltre, ai familiari delle vittime non viene riconosciuta alcuna forma di risarcimento nonostante fosse stato assicurato che a tutti i cittadini stranieri sarebbe stata garantita una assistenza sanitaria gratuita di prima classe. Tale circostanza è stata immediatamente smentita dagli avvocati delle vittime che hanno denunciato il fatto che il governo del Qatar non permetta neanche di effettuare una autopsia per conoscere le reali cause del decesso del lavoratore.
Negli hotel non va meglio – Tale condizione di sfruttamento non riguarda, purtroppo, solo coloro che lavorano nei cantieri preposti alla costruzione delle infrastrutture progettate per i Mondiali di quest’anno ma anche i lavoratori degli hotel di lusso indicati dalla stessa Fifa quali strutture ricettive per l’evento sportivo dell’anno. Il Guardian ha visitato sette di questi hotel e intervistato più di 40 lavoratori che hanno denunciato il proprio stato di sfruttamento. Ranjit, un addetto alla sicurezza, racconta di essere costretto a lavorare 11 ore al giorno per ripagarsi la tassa illegale di 1.500 euro che è stato costretto a pagare a un agente di reclutamento per assicurarsi il lavoro. Tutti gli intervistati affermano di lavorare più di 12 ore al giorno senza che ne sia previsto uno di riposo e di essere rimasti senza documenti perché sequestrati dagli agenti di reclutamento di modo che non possano cambiare lavoro.
Lettera aperta alla Fifa – Nel 2018, le autorità del Qatar avevano concepito una serie di riforme per migliorare le condizioni dei lavoratori e tutelarne i loro diritti, ma la loro mancata attuazione ha fatto sì che le prevaricazioni e i soprusi continuassero impuniti. Nel reportage del Guardian è scritto esplicitamente che la Fifa non è riuscita a portare avanti un serio controllo su questi hotel dove sono sistematicamente violati i diritti umani. La novità rilevante di questi ultimi tempi è che una coalizione di organizzazioni per i diritti umani, sindacati e anche organizzazioni di tifosi che, tramite una lettera aperta, hanno chiesto a Gianni Infantino di collaborare con le autorità del Qatar al fine di definire un serio programma di risarcimento e per garantire che tali forme di sfruttamento non esistano più, non solo in Qatar ma anche nei successivi mondiali di calcio. La cifra richiesta quale forma di risarcimento è di 440 milioni di dollari, più o meno quanto ha versato la Fifa per l’organizzazione dei Mondiali dl 2022.
Amnesty accusa la Fifa – Secondo quanto dichiarato da Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, «chiudendo un occhio di fronte a violazioni dei diritti umani del tutto prevedibili e non contrastandole, la Fifa ha indubbiamente contribuito al massiccio sfruttamento dei lavoratori migranti impiegati nei progetti relativi ai mondiali di calcio, non solo agli stadi e gli alberghi ufficiali». Secondo quanto stabilito dai principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, la Fifa ha il dovere di porre rimedio a tutte le violazioni dei diritti umani in cui è implicata, non solo nei confronti dei lavoratori impegnati nella costruzione degli impianti sportivi ma, come visto, anche di coloro che sono impiegati nei centri di allenamento, alberghi accreditati e centri-stampa oltre che di coloro che si occupano dei trasporti e dell’accoglienza nelle varie strutture. Sempre secondo la Callamard, «da anni le sofferenze di coloro che hanno reso possibile questa Coppa del mondo è stata nascosta sotto il tappeto. È giunto il momento che la Fifa e il Qatar lavorino congiuntamente per attuare un programma complessivo di rimedi (…). La somma che Amnesty International e gli altri stanno sollecitando è del tutto giustificabile data la quantità di violazioni subite e rappresenta una piccola parte dei sei miliardi di dollari che la Fifa riceverà dai Mondiali di calcio».
Mancano pochi mesi all’inizio dei mondiali in Qatar ma quando si accenderanno le luci sfavillanti degli stadi ultra moderni in cui si disputeranno le partite di calcio non bisognerebbe dimenticarsi quale è stato il costo, a livello di vite umane e di violazione dei diritti umani, per la realizzazione di questo evento. L’auspicio, quasi utopico, è che la festa non cancelli la tragedia ma diventi spunto per affrontare seriamente una questione d’importanza mondiale, ossia la tutela dei diritti dei lavoratori.