Per un trilione di dollari
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 9/13 del 24 gennaio 2013, San Timoteo
Usa, un gettone da un trilione di dollari per abbattere il debito
di Giulietto Chiesa
Se il debito di uno Stato verso i suoi cittadini è troppo alto, c’è sempre un modo per abbassarlo, o per fare finta che non esista nessun tetto. La faccenda che voglio qui raccontare sembra che non ci riguardi direttamente, essendo tutta americana. Ma la racconto proprio perché ho il sospetto che, invece, ci riguardi molto da vicino. Qual è il modo? Semplice. Il Segretario al Tesoro autorizza la creazione di un gettone di platino, sul quale fa incidere il tradizionale “Abbiamo fiducia in Dio” e, appena sotto, un numero imprecisato di zeri, a loro volta preceduti dalla magica cifra “1”. Poi il nostro Segretario di Stato prenderebbe il gettone e andrebbe a depositarlo nella cassaforte della Banca di Stato.
E, da quel preciso momento, potrebbe tranquillamente spendere quella cifra per fare ciò che uno Stato che si rispetti deve fare: che so, pagare le pensioni, o finanziare l’assistenza agli anziani, o quella sanitaria, o costruire scuole o qualunque altra attività saggiamente programmata.
Voi direste, ne sono sicuro: Ma che sciocchezza è questa? Ci stai raccontando un gioco di prestigio, un trucchetto come quello dei giocatori delle tre tavolette che bazzicano ancora attorno ai mercatini rionali?
Niente affatto. Si dà il caso che proprio di questo si è discusso negli Stati Uniti all’inizio dell’anno. In effetti il debito Usa è diventato un po’ altino e vola ora attorno ai 16,4 trilioni di dollari (un trilione vale mille miliardi). E c’è una legge che dice pressappoco che, se il debito di bilancio sale oltre il tetto stabilito, automaticamente il governo deve tagliare in corrispondenza le sue spese.
Siamo in scadenza e c’è – quest’anno come nel precedente – un braccio di ferro tra il Presidente e l’opposizione repubblicana per decidere se si può alzare quel tetto. Con ogni probabilità, alla fine, si raggiungerà un accordo. Ma non è detto. E allora che succederebbe?
Ecco perché la storia del gettone di platino è uscita fuori un’altra volta. Con una proposta precisa: facciamoci un bel gettoncino da un trilione di dollari, così avremo il respiro sufficiente per – come dicono i napoletani – “adda passà ‘a nuttata”.
Pensate (scrive International Herald Tribune dell’11 gennaio scorso): “In un attimo il luccicante nuovo asset cancellerebbe un passivo debitorio di un trilione di $”.
Immagino che chi sorrideva alle prime righe abbia smesso di sorridere. Infatti, in sfregio a ogni buon senso, ne ha parlato tutta la stampa americana. Al punto che il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, nella sua conferenza stampa del nuovo anno, ha dovuto rispondere a una dozzina di domande dei giornalisti, tra il divertito e l’incredulo. Ma senza smentire niente. Meglio fingere stupore. “Giuro che non ho in tasca nessuna moneta”, avrebbe esclamato. Ma le domande piovevano perché si sapeva che, alla Casa Bianca, anche di questo si era parlato nelle ore precedenti.
Io, per esempio, non ci ho trovato niente di comico. Piuttosto qualche brivido. Se la Casa Bianca, il palazzo presidenziale del mondo libero, anzi liberissimo, si occupa di queste faccende, vorrà dire che “qualche cosa c’è”. Se poi ne parla anche il New York Times, vorrà dire che è una notizia (il New York Times le notizie le fa, prima ancora che diffonderle). E le fa bene, essendo il portavoce finale del Comitato d’Affari che regge tutto il mondo libero, anzi liberissimo.
Così i suoi giornalisti vanno a guardare le leggi federali e scoprono che ce n’è una del 1997 che autorizza – certo per una strana coincidenza – il Ministero delle Finanze a “coniare ed emettere lingotti di platino e monete di platino secondo specifiche, disegno, varietà, quantità denominazioni e iscrizione definite, a discrezione del Segretario di Stato, quando occorra”.
Forse i legislatori intendevano altre cose, chissà, monete commemorative per i collezionisti. Ma quale collezionista migliore potrebbe esserci del Governo degli Stati Uniti, per gettoni da un miliardo di dollari?
Ecco, mi è passata la voglia di ridere, definitivamente, quando sono arrivato in fondo all’articolo. La cui autrice, per non passare per scema, aveva messo in guardia il lettore circa la “remotamente vaga possibilità” che una cosa del genere potesse accadere. Ma aveva poi dovuto aggiungere che perfino il premio Nobel per l’Economia, Paul Krugman – il quale scrive sulle stesse colonne – l’ha presa in considerazione, insieme all’economista repubblicano Donald Marron, che guida il “Centro per la politica fiscale”. Marron, per essere più precisi, aveva proposto non un gettone da un trilione di dollari, ma una serie di gettoncini più modesti, da soli 25 milioni di dollari ciascuno. Voi capite che non fa molta differenza.
Ecco perché mi è venuto un brivido finale. Se basta un trucchetto come questo per salvare gli Stati Uniti, come mai a noi dicono che il debito dobbiamo pagarlo con il sangue? Lo so, lo so, noi non abbiamo la Federal Reserve e abbiamo invece la Banca Centrale Europea. Peccato davvero. Ma chiederei al nostro futuro governo di andare a Francoforte e chiedere a Mario Draghi di far coniare anche lui un gettone di platino da un trilione di euro. Così da consentirci di evitare il pareggio in bilancio, che i magliari di casa nostra (o cosa nostra) hanno già introdotto in Costituzione.