Nipotini di Mao: dal libretto rosso al libretto bancario
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 46/13 del 10 maggio 2013, Sant’Antonino
Nipotini di Mao: dal libretto rosso al libretto bancario
Tutti il mondo è paese: in Cina come in Italia, numerosi sedicenti rivoluzionari che un tempo leggevano il Libretto Rosso di Mao, ora sono dei milionari che hanno preferito consultare il libretto bancario.
Cina, anche la nipote di Mao tra i nuovi miliardari, di Luca Fusari
Nonostante le campagne moralizzatrici del nuovo leader cinese Xi Jinping, nella lista stilata dalla rivista finanziaria locale New Fortune, elencante le 500 persone più ricche della Repubblica popolare cinese nel 2013, oltre ai “soliti noti” tycoon più o meno implicati con la politica e collegati al Partito Comunista e saldamente al vertice della piramide sociale della Cina, si è aggiunta quest’anno al 242esimo posto nella classifica anche Kong Dongmei, che insieme al marito Chen Dongsheng, è a capo di una compagnia d’assicurazioni e può contare su una fortuna personale stimata intorno ai 5 miliardi di yuan (circa 620 milioni di euro).
Kong Dongmei, è una giovane quarantenne, sposata e con tre figli, ed è l’unica figlia ancora in vita di Li Min, nata dal matrimonio tra Mao Tse-tung con la seconda moglie He Zizhen. Kong ha conseguito un master negli Stati Uniti in Pennsylvania nel 1999 ed ha “capitalizzato” il nome del nonno Mao, tra i fondatori nel 1949 della Repubblica Popolare di Cina e suo presidente tra il 1954 e il 1959. La nipote Kong oltre agli affari si occupa anche di un circolo culturale e di una libreria nati con lo scopo di “proteggere la cultura comunista” e l’eredità del nonno.
Sotto il regime autoritario di Mao Tse-tung vi fu l’uso sistematico della repressione e dei lavori forzati (Laogai), lo sterminio di milioni di contadini nella riforma agraria del 1951, nel 1958 la collettivizzazione rapida e forzata delle terre, l’intervento cinese in Corea, la carestia del 1958-1961, l’invasione del Tibet e il conflitto sino-indiano del ’62, e la violenza della Rivoluzione Culturale. Tra il 1959 e il 1962, nel periodo del “gran balzo in avanti“, si stima che a causa della sua politica morirono tra i 13 e i 46 milioni di cinesi.
Dopo il 1958 Mao mantenne solo la carica di Presidente del Partito Comunista, lanciando nel 1966 la Rivoluzione Culturale, la quale portò alla distruzione di molto del patrimonio culturale cinese, ivi compresi migliaia di antichi monumenti, ritenuti (a torto) retaggio della “borghesia” e all’imprigionamento di un gran numero di dissidenti e di membri della gerarchia comunista a lui avversa, oltre ad altri sconvolgimenti sociali. Durante questo decennio, venne creato attorno a Mao un culto della personalità nel quale la sua immagine veniva mostrata ovunque e le sue citazioni vennero raccolte in grassetto o in caratteri rossi anche nelle pubblicazioni più mondane, nelle Opere scelte di Mao Tse-tung e nelle Citazioni del Presidente Mao Tse-tung (o libretto rosso). Il “grande timoniere” iniziò negli anni ’70 una politica di avvicinamento all’Occidente che ebbe come risultati l’ingresso della Cina nell’Onu nel 1971 e portò alla visita ufficiale nel 1972 del presidente Richard Nixon a Pechino, inaugurando i rapporti bilaterali Cina-Usa.
A riportare la notizia della situazione finanziaria di Kong è stato il South China Morning Post, creando un vespaio di polemiche in quanto tale suo patrimonio dichiarato, oltre a contrastare con l’immagine marxista-leninista del nonno, stride con le precedenti dichiarazioni rilasciate dall’altro nipote di Mao Tse-tung, Mao Xinyu, il più giovane generale di brigata nell’Esercito di Liberazione del Popolo e deputato membro dell’Assemblea Nazionale del Popolo (NCP). Figlio di Mao Anqing, uno dei due figli della prima moglie di Mao, Yang Kai-hui, il nipote recentemente ha dichiarato ai media: «la nostra famiglia ha un’eredità chiara e onesta. Nessuno nella famiglia del grande presidente lavora nel campo del business. Viviamo tutti di salari modesti».
Secondo un sondaggio condotto dal China Data Centre dell’Università Tsinghua, i laureati appartenenti a famiglie “rosse” attive, legate o presenti nel Partito possono arrivare a guadagnare sin dall’inizio della loro carriera lavorativa almeno il 15% in più rispetto agli altri loro colleghi. Il sondaggio, che ha coinvolto 6.059 laureati di 19 università nazionali cinesi mostra come i figli dei dirigenti comunisti siano assunti per cooptazione soprattutto come dirigenti nelle industrie finanziarie, in agenzie governative o in organizzazioni internazionali.