I martiri francescani del 1920
Comunicato n. 49/20 del 21 maggio 2020, Ascensione
I martiri francescani del 1920
Quest’anno ricorre il primo centenario del martirio di sette Francescani della Custodia di Terra: sei perirono in Armenia, mentre un padre fu ucciso ad Aleppo. Pubblichiamo la lettera con cui padre Ferdinando Diotallevi, Custode dell’epoca, annunciò a tutti i confratelli della Custodia la morte cruenta dei sette francescani.
Il documento è tratto dal libro: Giancarlo Mandolini, P. Ferdinando Diotallevi 1869 – 1958, Provincia Picena San Giacomo della Marca dei Frati Minori, Tecnostampa, Ostra Vetere, 2011, pagg. 151-154.
Fr. Ferdinando Diotallevi
DELL’ALMA PROVINCIA PICENA LAURETANA – MISSIONARIO APOSTOLICO
COMMISSARIO DELLE FRANCESCANE D’EGITTO
GUARDIANO DEL S. MONTE SION E DEL SS. SEPOLCRO
COMMISSARIO VISITATORE GENERALE – CUSTODE DI TERRA SANTA ED UMILE SERVO DEL SIGNORE
Ai dilettissimi Padri e Fratelli della S. Custodia salute e pace
Di giorno in giorno, di mese in mese aspettavamo ansiosi una qualche lieta novella che dissipasse le nostre agitazioni ed angustie, ch’erano altresì le vostre; ma il lungo tempo trascorso invece di portarci notizie almeno dubitative, ce ne ha recato sempre più dolorose su la sorte dei nostri confratelli, che in questi ultimi tempi in modo vario subirono la morte nelle missioni della S. Custodia per essere cristiani, cattolici e francescani.
Non essendoci stato possibile di recarci nelle nostre desolate missioni dell’Armenia quantunque facessimo ogni sforzo per spingerci là, ripetutamente rivolgemmo calorose a numerose ed autorevoli persone per ragguagliarci della sorte dei nostri e tutti unanimemente ci confermarono, anche con dettagliate narrazioni, che i nostri poveri confratelli perirono nel campo della loro azione apostolica, soldati fedeli alla consegna di morire per Gesù Cristo e per il loro gregge. Sull’autorevole testimonianza dei nostri incaricati, vi partecipiamo, fratelli, il triste ma pur glorioso annunzio invitandovi a suffragare le anime, se pur ha bisogno di refrigerio chi muore per la sua fede, come noi crediamo, l’abbiano essi incrollabilmente sostenuta da subirne la morte.
Vorremmo distesamente parlare di ciascuno di loro, ma il dolore ne tronca la parola ed arresta la penna. Tuttavia non possiamo esimerci da un breve cenno per ciascuno, e ci auguriamo che in tempi migliori altri possa narrarne degnamente. Li ricordiamo per ordine cronologico della loro morte:
P. Francesco De Vittorio da Rutigliano, figlio di questa Custodia, nato il 29 ottobre 1882, professo solenne della nostra Regola il 19 settembre 1902, sacerdote al 22 settembre del 1906.
Fr. Alfredo Dolentz da Magy-Sz. Miklos della Prov. di S. Maria d’Ungheria, nato il 23 giugno 1853, professo solenne il 31 gennaio 1882 ed al servizio di questa Custodia dall’8 maggio 1883.
Fr. Salvatore Sabatini da Pizzoli, nato il 12 dicembre 1875, figlio della Provin-cia di S. Bernardino degli Abruzzi e dal 12 gennaio 1898 al servizio della Terra Santa, ove professò solennemente 1’8 dicembre 1899.
Questi tre nostri confratelli nel settembre del 1919 furono destinati alla nostra Missione di Mugiukderest, che durante la guerra era stata pressoché distrutta insieme alla cristianità, che la Custodia di Terra Santa a costo di qualsiasi sacrificio doveva e voleva realizzare. Infatti, ritornatevi le famiglie cristiane superstiti, la Custodia provvide loro il necessario dando dei mezzi per guadagnare e campare onestamente la vita. Si aprì ancora subito un orfanotrofio per gli sventurati orfanelli che presto ascesero al numero di trenta. I nostri tre confratelli, provetti missionari, dividevano gioie e dolori con i loro cristiani per i quali erano padri, medici, farmacisti, maestri, sacerdoti, non essendovi altra autorità che quella del missionario. Allo scoppiar dei massacri del passato gennaio tremarono i nostri paventando non tanto per sé quanto per i loro orfani e cristiani. Ma giunse a rincorarli un musulmano, certo Leuimen Oglu Alì, che recatosi all’ospizio con apparenza amica e salvatrice, invitò i nostri confratelli di recarsi unitamente agli orfani con tutti gli oggetti che potevano trasportare, nella sua casa non molto distante, ove avrebbero trovato asilo sicuro, anzi dispose ancora dei locali per raccogliere alla meglio tutti i cristiani.
Grati del cortese invito aderirono i nostri ed insieme agli orfani ed ai cristiani si recarono con le loro masserizie alla casa ospitale, nella quale presero un modesto desinare. Non appena ebbero trangugiato quei pochi bocconi, intrattenendosi i religiosi in una camera a parlare col musulmano, dal di fuori echeggiarono sinistri colpi di fucile. Stupito P. Francesco dei pericolosi rumori, chiese all’ospitale padrone la ragione di quella fucileria. Allora il turco, smascherando l’ignominiosa e vigliacca insidia, per tutta risposta estrasse un revolver e con replicati colpi uccise gl’inermi nostri confratelli, mentre la marmaglia inferocita, per antecedente accordo preso continuava dal di fuori il massacro dei nostri orfani e dei nostri cristiani, fino a trucidarli tutti. Poi saccheggiarono la chiesa, l’ospizio, le case dei cristiani, incendiando finalmente quanto restava.
Secondo quello che ci venne riferito, ciò accadde il 23 di gennaio, e mentre da noi si festeggiava lo Sposalizio di Maria SS., i nostri confratelli volavano a celebrare le nozze in Cielo!
P. Alberto da Amarisse da Cave, figlio di questa S. Custodia, nato il 10 maggio 1874, professo solenne nel 3 ottobre 1895, sacerdote nel 23 settembre 1899. Egli era superiore della nostra Missione di Jenige-Rale e durante la guerra assisté continuamente i suoi cristiani recandosi or qua or là per cercare i dispersi e portare loro la parola del conforto. Potuto rientrare nella sua cara missione, aveva iniziato con zelo e alacrità l’opera di restaurazione, quando verso la stessa epoca del passato gennaio i Turchi invasero il paese ed insieme al P. Alberto trucidarono tutti i cristiani.
P. Stefano Jalincatjan da Maraasc, figlio di questa S. Custodia, nato il 31 ottobre 1869, professo solenne il 12 Novembre 1896, sacerdote il 9 giugno 1900. Era da molti anni superiore della nostra missione di Donkalè. Amato da tutta la cristianità, della quale era padre e parroco vigilante, nei tristi momenti della guerra aveva diviso col suo gregge i dolori e dovette anch’egli prendere la via dell’esilio. Appena gli fu dato di rientrare nella sua diletta missione, riunì le disperse famiglie ricostruendo quanto vandalicamente era stato distrutto dal fanatismo musulmano. Quand’ecco che una nuova bufera si scatenò ancora una volta, su Donkalé circa il 23 gennaio. I Turchi condotti da un tal Naggiar Mustafa si fecero sopra allo sventurato villaggio appiccando il fuoco alle case dei cristiani. Questi fuggendo si rifugiarono nel nostro ospizio, raccogliendosi poi nella chiesa. I Turchi accerchiarono gli edifici, contro i quali iniziarono la fucileria. Ma poi, a risparmio di munizioni, presero il barbaro e crudele consiglio d’incendiare chiesa e ospizio, ov’erano ricoverati i cristiani. In men che si dica effettuarono il satanico progetto, ed il povero P. Stefano con gli sventurati cristiani, in mezzo alle più strazianti agonie, perì tra le fiamme sotto il crollo delle macerie della chiesa addivenuta, casa di rifugio e di preghiera, altare di vittime!
Fr. Giuseppe Achillian, terziario professo, nato a Maraasc il 4 ottobre 1895. Egli era addetto al nostro ospizio della sua patria, che invasa nel passato gennaio dai Turchi, questi decretarono l’esilio dei cristiani. Il nostro caro confratello volle e dovette seguire la sorte dei propri concittadini. Fra le intemperie della stagione, per vie difficili pressoché impraticabili, incalzato dalla fanatica soldatesca turca, privo di ogni conforto, privo di forze, il 15 febbraio giunse in Adana ove, appena arrivato, sentì venirsi meno; corsero tosto i compagni di sventura a somministrargli un qualche cordiale, ma tutto fu inutile, poco dopo rese il suo spirito al Signore nelle mani del P. Materno Murè, suo superiore e compagno d’esilio.
Ultimo della gloriosa serie è il P. Leopardo Bellucci da Osimo, figlio della Prov. Picena Lauretana. Nato il 4 ottobre 1881, professò solennemente la Regola nel 24 settembre 1904 ed ascese al sacerdozio nel 13 agosto 1905. Inviato nel 1908 nella missione di Costantinopoli sostenne lodevolmente l’ufficio di direttore della scuola parrocchiale fino al 1914, e ritornato in Provincia, fu eletto guardiano nel convento di Jesi; ma l’obbligo di servire la patria lo chiamò presto al servizio militare da dove passò in questa S. Custodia verso la metà del 1918, ed in questo convento ebbe l’ufficio di direttore dell’orfanotrofio, che lasciò nell’ottobre dell’anno passato per recarsi al nostro collegio di Aleppo, ove gli venne assegnato l’ufficio di economo e di insegnante di disegno, nel quale era abilissimo da imitare i migliori nella miniatura. Era tutto zelo e amore per la restaurazione di quel collegio anche con gravi sacrifizi, ed appunto per interessi del suo caro collegio si recava a Gerusalemme, quando il 20 agosto u.s. facendo la linea da Damasco a Caifa, e giunto il treno alla stazione di De Kherbet-el Gazl insieme ad altri viaggiatori fu fatto scendere dai Beduini, che lo freddarono con due colpi di moschetto al petto e alla bocca, sfregiandone poi il cadavere che impalarono, come ci dissero i compagni di viaggio, superstiti all’eccidio, e narrarono gli stessi giornali arabi.
Ora i nostri sette confratelli non sono più! Essi, come fermamente crediamo, immolarono la vita per Gesù Cristo, che li avrà accolti nel seno della sua gloria per dar loro la corona degli eroi. Essi, che sparsero il sangue e diedero la vita dopo che gli uomini avevano segnato il cosiddetto Trattato di Pace, pregheranno Iddio che solo può darla, affinché nel mondo risplenda davvero la pace, e gli uomini tornino ad amarsi come fratelli; pregheranno per la Custodia, affinché il cielo la regga, la sostenga, l’irrori della sua grazia come essi la bagnarono del loro sangue e respiri, e viva dell’aura vitale del divino amore. Ma la speranza che abbiamo inconcussa nel gaudio celeste dei nostri confratelli non dispensa noi dal tributar loro preghiere e suffragi; per cui ordiniamo che, quanto prima e secondo il lodevole costume della Custodia, in tutti i nostri conventi ed ospizi vengano suffragati i primi cinque nostri confratelli giacché per i due ultimi, la cui notizia ci giunse subito con sicurezza, prescrivemmo già i soliti suffragi. Nel nostro convento poi di S. Salvatore verrà celebrato un solenne servizio funebre per tutti e sette…
Raccomandando alle vostre preghiere noi e la S. Custodia, specialmente le nostre missioni, con effusione di cuore v’impartiamo la serafica benedizione.
Gerusalemme, S. Salvatore, 14 settembre, sacro all’Esaltazione della S. Croce, del 1920
Fr. Ferdinando Diotallevi
Custode di Terra Santa
Per comando di S. P. Rev.ma
Fr. Igino Nuti
Segretario Custodiale