L’insegnamento di san Gregorio VII
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 61/23 del 31 maggio 2023, Maria Regina
L’insegnamento di san Gregorio VII
Dal sito del Centro Studi Paolo de Töth:
In teoria con noi, in pratica… con gli altri
Il 25 maggio abbiamo celebrato la Festa di San Gregorio VII, pertanto il vuole rendere omaggio al Papa Ildebrando, presente nell’elenco dei Santi del Sodalitium Pianum, con alcuni contributi direttamente tratti dalla Rivista Fede e Ragione.
Ildebrando di Soana, poi papa Gregorio VII, col suo famoso Dictatus papae, ribadisce fra l’altro il suo potere anche di destituire l’imperatore.
L’imperatore è il tedesco Enrico IV, 25 anni, re in Germania e in Italia, che si scontra col papa facendo eleggere a Milano un vescovo di sua fiducia. Alta protesta di Gregorio; ma Enrico replica, sostenuto da 30 vescovi tedeschi riuniti a Worms, dichiarando deposto il papa (“il falso monaco Ildebrando”, dice il documento). Gregorio VII scomunica Enrico, che ora rischia il trono; vescovi e principi tedeschi gli impongono infatti di riconciliarsi col papa, in un incontro a Worms previsto nel febbraio 1077. Ma Enrico già in gennaio è a Canossa davanti al papa, in saio da penitente. E ottiene il perdono di Gregorio VII promettendogli di “sottostare al suo parere”. Salva così il regno senza prendere impegni precisi. Poi continua come prima a nominare vescovi e abati. Nuovamente scomunicato, nel 1080 fa eleggere a Bressanone un antipapa (Clemente III). E fa occupare dalle sue truppe Roma.
Chiuso in Castel Sant’Angelo, il papa è poi liberato dal normanno Roberto il Guiscardo che viene dal Sud. Ma viene con mercenari predatori e assassini, che si fanno odiare dai romani per le loro atrocità. E l’odio ricade anche su Gregorio VII, che gli stessi romani nel 1073 avevano acclamato papa, prima ancora dell’elezione. Finisce i suoi giorni a Salerno, in una desolazione ben espressa dalle famose parole che gli sono attribuite: “Ho amato la giustizia e detesto l’iniquità: perciò muoio in esilio”. Nel 1076 scriveva ai principi e ai vescovi della Germania: “In questi giorni di pericolo, in cui l’anticristo si agita in tutte le sue membra, si troverebbe invano un uomo che preferisca sinceramente l’interesse di Dio ai suoi propri comodi… Voi mi siete testimoni che nessuna idea di secolare potenza mi ha spinto contro i principi cattivi e i sacerdoti empi, ma la comprensione del mio dovere e della missione della Sede Apostolica. Meglio per noi subire la morte da parte dei tiranni che, col nostro silenzio, renderci complici dell’empietà“.
Il titolo del presente articolo, preso a prestito dal Perno della questione (vedi art. qui sotto, apparso su FeR il 5/3/1922 p.p. 5-6), avrebbe l’intento di dare un ennesimo incentivo a far chiarezza e ad essere il più possibile coerenti con ciò in cui si crede, in tempi certamente sempre più caotici in ogni ambito, ma nei quali (e a maggior ragione) dobbiamo anzitutto rimanere saldi al Deposito Rivelato da Dio e fedelmente trasmesso dalla Chiesa. Ciò non è un optional, non può essere sottomesso al ‘se mi fa comodo’ o al ‘se mi conviene’. “Veritas vos liberabit” (Gv 8,31-42), solo la Verità rende veramente liberi e non il compromesso tra errore e verità, tra male e bene, tra vero e falso. Invochiamo dunque con forza in questi giorni di Novena di preparazione alla Pentecoste lo Spirito Santo, che è Spirito di Verità affinchè agisca come Spirito di Fortezza in coloro che vorrebbero aderire alla Verità tutta intera… ma preferiscono ancora attendere, vedere, valutare, rimandare… Volendo essere con noi, ma finendo per stare… con gli altri.
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