L’esodo giuliano-dalmata e i treni della vergogna
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato 13/15 del 6 febbraio 2015, Santa Dorotea
“Sul treno della vergogna c’ero anch’io”. Ricordi dell’Esodo giuliano-dalmata
UDINE. “Son venuda via da Pola il 16 febbraio 1947 col penultimo trasbordo del piroscafo Toscana”. Inizia così il racconto dell’esodo istriano della signora Luciana Luciani, nata a Pola nel 1936.
– Perché siete venuti via?
“Jera tanta tension, la paura delle foibe e mia mamma Elisabetta Rocchi, nata a Rovigno, la gà dito: magnerò na volta sola al giorno, ma vado in Italia”.
– Come fu la partenza?
“Non ricordo molto di quella partenza perché la mia testa deve aver cancellado tutto. E con i miei genitori se parlava poco de quei fatti. Me dispiase, dovevo domandar, dovevo scriverme qualche cosa. Arrivo ad Ancona e semo subito caricadi sul treno per Parma e La Spezia, perché mio papà jera già a La Spezia, dal arsenal de Pola a quello de La Spezia”.
Secondo la letteratura degli esuli italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, cacciati dalle loro terre tra il 1943 e gli anni cinquanta, per la pulizia etnica iugoslava, quello è “il treno della vergogna”. Alla stazione di Bologna fu attuata una manifestazione dai ferrovieri comunisti contro quegli italiani chiamati fascisti. Non fu concesso nemmeno di dare un po’ di latte caldo ai bambini del treno. Ormai è storia d’Italia anche questa. Lo sta descrivendo Simone Cristicchi nelle decine di repliche del suo spettacolo Magazzino 18, dedicato al grande contenitore di masserizie dei profughi istriani del porto di Trieste.
“Quello che Cristicchi dice – aggiunge la Luciani – è tutto corrispondente alla realtà”.
– E poi cosa successe?
“Non capivamo come mai si stava tanto fermi dentro quel treno – prosegue la testimonianza – ad Ancona ricordo un lampion che se speciava su una pozzanghera del marciapiede vicin del binario e a Parma, siccome el Campo Profughi de La Spezia jera pien, le donne gà dormido in un convento coi bambini e i omini alla Casa del Reduce, dopo semo rivadi a La Spezia, ma no i voleva vignir a scaricarne, gà dovudo intervenir i camion de la Marina Militare”.
– Siete passati dal Campo Profughi?
“Sì, de giorno con la mamma se stava alla caserma ‘Ugo Botti’, che jera una specie de campo profughi, con stanze, fatte coi separè, letti a castello”.
– Altri ricordi di Pola?
“Sì, jera le manifestazioni politiche su un marciapiede col tricolore per l’Italia e, di fronte, con le bandiere rosse pro-Tito; volavano grida, insulti di ogni tipo e, in mezzo, jera i bacoli neri, che jera poliziotti vestidi de scuro, solo col manganel. Prima de partir i ne gà dà 3 etti de ciodi e un poche de stecche de legno per imballar i mobili, così gà fatto mio papà e le nostre robe le jera alla Giudecca de Venezia per cinque anni, finché no gavemo avudo la casa dei profughi istriani occupadi a l’arsenal, la casa jera a Rebocco, un quartier de La Spezia”.
– E poi?
“Gò studiado a Pisa de infermiera, dopo gò vinto un posto all’Enpas di Catanzaro e lì me son sposada, adesso son qua esule a Udine, vicin de l’Istria, ma non me piase tornar a Pola”.
– Come mai?
“Gò un grosso senso de distacco”.
Qualcuno del treno della vergogna ebbe la fortuna di viaggiare nei vagoni passeggeri “quei coi sedili de legno”, come ricorda la signora Luciani. Ad altri profughi, spediti da Udine a Trapani toccò addirittura il carro merci scoperto!
“Il mio esodo inizia a Gorizia – dice Savina Fabiani, nata a Ravenna nel 1933, poi trasferita in provincia di Gorizia con la famiglia – era l’ottobre del 1945, la mia famiglia viaggiava su una jeep americana, poi a Udine ci hanno fatto salire su un treno merci con i vagoni scoperti, nove giorni di viaggio fino a Trapani”.
– E se pioveva?
“Gavemo verto le ombrele, ma i miei genitori erano contenti, perché eravamo salvi”.
– A Udine ci fu accoglienza per i profughi?
“Mi ricordo che le crocerossine ne gà dà la minestra calda de risi e bisi, la jera cussì bona”.
– Quanto jera longhi i risi?
“Tanto, tanto, anzi i aveva una forma de ‘x’ da tanto che i jera cotti, ma jera proprio boni”.
L’occasione di queste interviste è sorta durante il pranzo del Natale dell’esule, svoltosi a Udine il 14 dicembre 2014, per l’organizzazione del Comitato Provinciale dell’Associazione Venezia Giulia Dalmazia, alla cui presidenza c’è, da quasi quaranta anni, l’ingegnere Silvio Cattalini, esule da Zara. Proprio sul viaggio a “Zara e dintorni”, tenutosi di recente, era dedicato il filmato mostrato agli oltre 70 commensali, per la regia di Fulvio Pregnolato, su testi di Cattalini stesso e voce narrante di Chiara Gremese, esule da Fiume. All’incontro religioso, svoltosi in mattinata nell’Oratorio della Purità, ha partecipato anche Furio Honsell, sindaco di Udine.