L’editoriale di Sodalitium 70-71
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 69/20 del 1° settembre 2020, Sant’Egidio
L’editoriale di Sodalitium 70-71
Segnaliamo ai lettori l’editoriale del numero doppio della rivista “Sodalitium” (nn. 70-71, settembre 2020).
Cari Amici di Sodalitium, la reclusione forzata che abbiamo vissuto in seguito alla diffusione dell’influenza proveniente dalla Cina, ha messo tutti a dura prova. Confinati nelle nostre case, abbiamo dovuto interrompere per alcuni mesi il nostro apostolato, il che ci ha permesso di occuparci della rivista, da troppo tempo silente. Sono tanti gli avvenimenti lieti, accaduti dopo l’ultimo numero, che vorremmo condividere o ricordare con voi, e che la rubrica “Vita dell’Istituto” elenca – per necessità di cose – troppo brevemente: penso alle ordinazioni sacerdotali, ai voti religiosi, ai pellegrinaggi, agli esercizi spirituali, alle colonie estive, alla vita quotidiana, infine, del seminario, e a quella festiva dei nostri oratori e centri di Messa, che crescono sempre di più. Ma il ricordo che personalmente mi tocca di più, è quello del pellegrinaggio dei sacerdoti, dei seminaristi e dei religiosi che l’Istituto ha fatto ad Assisi e Perugia dal 12 al 14 febbraio 2019: già lontano nel tempo, ma ancora vicino al cuore e alla mente. Nel n. 69 di Sodalitium (luglio 2018), annunciavamo ai nostri lettori, a p. 4, un avvenimento per noi davvero importante: l’aver ritrovato, grazie ad un nostro lettore, studente all’Università di Perugia, la tomba di Mons. Umberto Benigni, collaboratore fedele di San Pio X e fondatore del Sodalitium Pianum che dà il nome alla nostra rivista. Da anni ne cercavamo le tracce: a Roma, dove Mons. Benigni era morto, e non a Perugia, dov’era nato. Quando un nostro caro fedele si è trasferito a Perugia per motivi di studio, don Carandino gli ha chiesto di cercare anche nel capoluogo umbro le sue spoglie, che furono quindi da lui ritrovate nel cimitero monumentale di quella città.
Si decise allora di recarci tutti a Perugia, e di unire al nostro viaggio un pellegrinaggio sulle tracce di san Francesco d’Assisi, di cui la Chiesa canta: “Franciscus vir catholicus, et totus apostolicus, Ecclesiæ teneri fidem romanæ docuit, presbyterosque monuit præ cunctis revereri” (“Francesco, uomo cattolico e tutto apostolico, insegnò a mantenere integra la fede della Chiesa romana ed esortò a onorare, prima di tutti gli altri, i sacerdoti”, prima antifona dei primi vespri del 4 ottobre nel breviario romano-serafico; ne è autore Giuliano da Spira). L’Istituto si è quindi riunito, anche se non al completo: a quelli della casa di Verrua e di San Martino dei Mulini si sono aggiunti don Trauner dall’Austria e don Steenbergen dal Belgio; tutti assieme, abbiamo vissuto delle ore indimenticabili, in particolare recitando la diecina per l’Istituto e le litanie della Madonna del Buon Consiglio nei luoghi più significativi che abbiamo visitato. Martedì 12 abbiamo fatto tappa alla Verna, dove san Francesco ha ricevuto le sante stimmate, e la sera abbiamo recitato tutti assieme le litanie della Madonna del Buon Consiglio, per l’Istituto, davanti alla Basilica d’Assisi ormai chiusa. Mercoledì 13 abbiamo pregato al mattino nella basilica di san Francesco e nelle camerette dove visse san Giuseppe da Copertino; il pomeriggio ci siamo recati a San Damiano (dove abbiamo nuovamente pregato per l’Istituto), Rivotorto, S. Maria degli Angeli con la Porziuncola e la cappella del Transito di s. Francesco, s. Chiara e san Rufino. Il giorno seguente abbiamo lasciato Assisi per recarci all’Eremo delle Carceri, ove è vivo il ricordo non solo di san Francesco e dei suoi compagni, ma anche di tanti altri santi francescani dell’Osservanza. La mattinata di quel 14 febbraio è terminata a Perugia, meta del nostro viaggio, emozionati davanti alle spoglie mortali di Mons. Benigni. I 21 pellegrini, accompagnati da Lorenzo (lo studente che ha ritrovato la tomba di famiglia del monsignore umbro) si sono riuniti ancora in preghiera per l’Istituto, pensando a chi ci ha preceduti nella lotta per l’integrità della Fede contro la somma di tutte le eresie, che sta facendo strage di anime e che ha dato colpi terribili, mai visti finora, alla Chiesa. E vorrei adesso come in quel giorno, in quel luogo, fare una pressante raccomandazione a tutti i membri del nostro Istituto: rimanere fedeli, nel suo spirito originario, a Cristo, alla sua Chiesa, all’esempio di san Pio X, ma anche a quanto ci ha insegnato, con la parola, gli scritti e la vita, Mons. Umberto Benigni, e quanti con lui affiancarono san Pio X contro tutti i nemici interni ed esterni della Chiesa. Questa fedeltà sarà la garanzia del fatto che l’Istituto persevererà nel suo spirito originario. Pregato di prendere la parola in quel luogo, davanti ai nostri sacerdoti e seminaristi, ho rivolto loro questo appello come un mio testamento. Lo rifaccio adesso su queste pagine. Mi perdonerete se parlo un attimo di me. Pochi libri hanno avuto su di me una profonda e duratura influenza come Intégrisme et catholicisme intégral. Un réseau secret international antimoderniste: La ‘Sapinière’ (1909-1921) di Emile Poulat, pubblicato nel 1969 ma che lessi in seminario nel 1978. Avevo già ‘conosciuto’ Mons. Benigni prima di entrare in seminario, con Alleanza Cattolica, ma grazie a quel libro potevo conoscerlo direttamente nel pensiero e nell’opera; un libro che può urtare qualcuno, e affascinare altri, come me. Galeotto fu quel libro… anche perché mi spinse a scrivere un dossier in difesa del Sodalitium Pianum e degli integrali, che inviai, col permesso del mio confessore di allora, all’abbé Aulagnier, direttore della rivista della FSSPX Fideliter. Un collaboratore di quella rivista, sacerdote anch’egli della Fraternità, aveva scritto una serie di articoli su san Pio X nei quali presentava come fedeli interpreti del suo pontificato chi invece gli fu ostile (Grandmaison, Batiffol e altri), condannando invece il cattivo spirito e lo zelo amaro dei cattolici integrali (modello ed esemplare di chi, nella Fraternità e fuori di essa, sosteneva le tesi più intransigenti). “Stia tranquillo, non dovrà andare a Canossa”, mi rassicurò l’abbé Aulagnier; ed invece a Canossa dovetti andarci in quanto l’autore di quegli articoli (r.i.p.) tanto fece che ottenne, nel 1981, la mia espulsione dal seminario e dalla Fraternità. Riabilitato nel frattempo (fui anzi ordinato in anticipo nel 1982 da Mons. Lefebvre che, se non parlava di Mons. Benigni, conosceva almeno bene gli scritti dell’abbé Barbier, fondatore de La critique du libéralisme), suggerii allora che la rivista della Fraternità che volevamo fondare nel 1983 si chiamasse Sodalitium, in onore del Sodalitium Pianum di Mons. Benigni.
È la rivista che avete tra le mani, e le memorie di un ormai vecchio combattente vi servano a capire l’importanza, anche nella mia vita e nella vita di questa rivista e del nostro Istituto, che ha avuto, ha ed avrà sempre (bisogna che sia così) il pensiero e la memoria di Mons. Benigni. Cari lettori: potete facilmente comprendere, dopo queste mie “confessioni” (nel senso agostiniano) il dolore profondo che ho sentito nel leggere – nel 2010 su Sì sì no no – e in questi giorni sul sito dell’autore e quello di Una vox, una lunga serie di articoli ingiuriosi e gravemente diffamatori nei confronti dei cattolici integrali in generale e di Mons. Benigni in particolare; un dolore tanto più grande che l’autore di questa lunga serie di articoli (ancora in corso al momento) ha iniziato a scrivere proprio su questa rivista dedicata a Mons. Benigni, dal 1984 fino al 2006: ventidue anni! Una serie di articoli dove viene ripresa la tesi di fondo di una “storica francese” (una francese che, ci si dimentica di dire, studia il cattolicesimo integrale con borse di studio della Fondation pour la mémoire de la Shoah, nel 2014-2015, del Center of Jewish History di New York, nel 2016-2018, e per la ricerca in studi ebraici alla Forhdam University) che, volendo sostituire i suoi studi, documentati ma partigiani, a quelli, documentati ed obbiettivi di Poulat, descrive Benigni come un rancoroso paranoico. Che l’antigiudaismo sia una “fobia” è tesi che non stupisce negli scritti di chi lavora con uno scopo determinato come la Valbousquet; che una interpretazione “rancorosa” del fedele collaboratore di san Pio X venga da un cattolico tradizionalista, e non uno qualunque, proprio non lo posso comprendere, se non pensando al rancore di chi – quello sì – attraverso Mons. Benigni vuol colpire un altro bersaglio.
In un prossimo numero mi propongo di rispondere a queste accuse, che inoculano tra i ranghi degli antimodernisti la mentalità che portò al trionfo dei modernisti, che è sotto gli occhi di tutti, e che non è spuntata dal nulla l’8 dicembre 1965. Per ora, invece, mi rivolgo a chi, in questo Istituto, su questa rivista, più giovane di me, dovrà continuare domani la battaglia di oggi e di ieri: quello che accadde all’inizio del ‘900 sotto san Pio X fu il prodromo di quello che poi si disvelò durante il Vaticano II.
Studiate la giovinezza di Angelo Giuseppe Roncalli o di Giovanni Battista Montini, e vedrete che la simpatia per il modernismo, celata sotto una troppo superficiale ortodossia, era già presente: quel piccolo seme – in loro come in tanti altri – divenne pianta al Concilio. Quante anime si sono perse a causa di questo piccolo seme (all’inizio) che ha portato frutti così amari? Vi invito quindi ad appassionarvi agli scritti e all’azione di Mons. Umberto Benigni, di don Paolo de Töth, dell’abbé Paul Boulin e dei loro amici e sodali, eredi anch’essi di chi li aveva preceduti, al fine di poter non solo ricevere, ma anche trasmettere a vostra volta una bandiera ben spiegata che deve passare di generazione in generazione, di mano in mano: la bandiera di Cristo Re e della Fede cattolica integrale. La nostra rivista ed il nostro Istituto sono stati i soli a difendere ieri e oggi la figura di Mons. Benigni: tanti altri che si riempiono la bocca di questi nomi se ne stanno zitti di fronte alle accuse che vengono non dal nemico dichiarato, ma dagli amici di ieri (e, per loro, ancora di oggi): anche questo serva da discernimento tra i veri ed i falsi cattolici integrali. Chiedo quindi a tutti voi, con l’intercessione di san Pio V e san Pio X, di conoscere, amare e trasmettere questo tesoro che non deve andare perduto, ma deve passare alle future generazioni.
Don Francesco Ricossa
https://www.sodalitium.biz/disponibile-sodalitium-n-70-71-numero-doppio/