La Via Dolorosa
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 19/21 del 26 febbraio 2021, San Nestore
La Via Dolorosa
Tra le strade della vecchia Gerusalemme, una soprattutto attira l’attenzione e commuove il cuore del pio pellegrino; è la Via Dolorosa. Essa segna il cammino percorso dal Redentore, carico della Croce, dal Pretorio di Pilato al Calvario. Dalle 14 stazioni che lo compongono, nove sono scaglionate lungo le vie della città e ricordano gli episodi più salienti del dramma della Croce ; alcuni registrati nel Vangelo, altri tolti da antichissime tradizioni. Se questo pio Pellegrinaggio fatto in una chiesa desta sempre profonda commozione, il lettore può facilmente comprendere quali sentimenti agitano il cuore rifacendo realmente il cammino percorso da Gesù in quel triste pomeriggio oppresso dalla Croce; seguendo i passi della sua SS.ma Madre, delle pie donne, del discepolo che Egli amava.
A Gerusalemme, ogni venerdì alle tre del pomeriggio, la comunità Francescana di S. Salvatore, con alla testa il Rev.mo Padre Custode, compie il pio pellegrinaggio per le vie della città; seguendo le orme di Gesù, pregando e meditando. I pellegrini che visitano il Paese di Gesù non rinunciano mai al conforto spirituale di seguirne il mesto tragitto; non è raro il caso di romei, che vi prendono parte a piedi scalzi, in segno di estremo rispetto verso l’aspro sentiero battuto un giorno dal maestro Divino, sotto il legno del suo supplizio. Allora lo spettacolo assume una forma più solenne e commovente. Ad ognuna delle 14 stazioni, che ricordano i singoli episodi della passione di Cristo, un Francescano legge una pia riflessione e recita una breve preghiera.
Una tradizione antica e assai radicata dice che la beata Vergine, che dimorò in Gerusalemme e vi chiuse i suoi giorni all’ombra del S. Cenacolo, visitava giornalmente i luoghi che furono testimoni della passione del suo Divin Figliolo.
Senza dubbio, i discepoli di Gesù e i primi Cristiani visitarono frequentemente quei Santi Luoghi, e ne tramandarono la memoria ai loro discendenti. È noto infatti quanto gli orientali siano attaccati alle tradizioni. Ne fa fede anche il Vangelo.
La prima stazione ha luogo nell’area del Pretorio di Pilato. Questa località si trova all’angolo nord-ovest della spianata del Tempio, dov’era la famosa Torre Antonia. Gli ultimi scavi hanno riconfermato in modo irrefragabile l’antica tradizione Francescana riguardante il luogo del tribunale di Pilato.
Qui si radunò, in quel lontano mattino del primo venerdì Santo, la plebaglia giudaica, istigata dai sacerdoti, dagli scribi e dai farisei, mentre gli sgherri del Sinedrio presentavano il Nazzareno al rappresentante di Roma perchè confermasse la sentenza di morte già pronunciata. Qui si svolse il drammatico dialogo fra il Procuratore Romano e la folla tumultuante. Qui risuonò il grido diabolico — Barabba! ! !
L’area oggi è occupata in parte da una scuola mussulmana; nel cortile di questa scuola ha principio la Via Crucis. I fedeli hanno quindi la soddisfazione d’inginocchiarsi e pregare nel luogo stesso dove il Figlio di Dio fu interrogato dal suo giudice, che, dopo averlo riconosciuto e proclamato innocente, lo diede in mano ai giudei.
In questo stesso luogo Gesù fu ricondotto dai soldati dopo la flagellazione e la coronazione di spine. La scala che Gesù salì e scese parecchie volte durante il processo fu trasportata a Roma e si venera presso la Basilica di S. Giovanni. È conosciuta sotto il nome di Scala Santa. I pii visitatori l’ascendono in ginocchio.
Il luogo della flagellazione e quello dell’imposizione della Croce è segnato da due graziose cappelle, funzionate dai Padri Francescani. In quella dell’imposizione della Croce vi si vedono parti dell’antico pavimento di pietra del cortile (lithostrotos del Vangelo), dove sostava il popolo e i sacerdoti, quando alla vista di Gesù flagellato gridarono: « crocifiggilo, crocifiggilo: Il suo sangue cada su di noi e su i nostri figli! » È la seconda stazione. Vicino al convento Francescano della Flagellazione vi è l’arco detto dell’Ecce Homo. Esso conserva alla venerazione dei fedeli le due pietre del cortile sulle quali, secondo la tradizione, si trovavano Gesù e Pilato, quando questi lo mostrò al popolo tumultuante con le parole: « Ecce Homo ».
La terza stazione, che ricorda la prima caduta di Gesù, ha luogo dopo un corto tragitto, all’incrocio della Via Dolorosa con quella che scende da Porta Damasco. Una colonna di marmo abbattuta indica da tempo immemorabile il luogo della prima caduta del Divin Salvatore. A pochi passi più innanzi vien mostrato il luogo tradizionale del commovente incontro di Gesù con la sua SS.ma Madre.
Gli Armeni Cattolici hanno costruita una bella chiesa dedicata a « Nostra Signora dello Spasimo » in onore dello strazio che la Vergine Santa provò nel vedere il suo Figliolo che s’incamminava verso la morte.
Nella cripta di questa chiesa esiste un grande mosaico che porta nel centro l’immagine di due piedi, che si vuole indichino il posto dove si trovava la Madre di Gesù quando le passò davanti il suo Divin Figlio carico della Croce….
Questo mosaico è anteriore al secolo VII, ed è una prova della tradizione che localizza l’ incontro di Maria col suo Divin Figlio. Con quanta emozione si ripetono i versi di fra Iacopone:
Qui est homo qui non fleret,
Matrem Christi si videret
In tanto supplicio?
Quis non posset contristari
Christi Matrem contemplari
Dolentem cum Filio?
Durante l’angoscioso incontro di Gesù con Maria, giungeva dalla campagna entrando in città per la porta dei pesci uno straniero di nome Simone, nativo di Cirene in Libia. Forse era un proselita ebreo; probabilmente un ammiratore di Cristo. I soldati, vedendo Gesù sfinito, obbligarono a viva forza il Cireneo a portare la Croce lungo il ripido pendio che sale al Calvario. Una piccola cappella Francescana ricorda questa quinta stazione. In essa ogni venerdì vien celebrata la S. Messa e nel Venerdì Santo è meta di continue visite. A questo piccolo Santuario che ricorda l’incontro di Gesù col Cireneo, è legata la più antica memoria di uno dei primi conventi Francescani in Gerusalemme, che risale al 1294. Mirabile e provvidenziale coincidenza per chi riflette che i Francescani portarono pazientemente ed eroicamente, attraverso i secoli della più triste barbaria mussulmana, la croce del loro Divin Maestro.
A circa ottanta passi più avanti un frammento di colonna incastrata nel muro indica la sesta stazione. È il luogo tradizionale della Casa di S. Veronica. Questa nobil donna, vedendo passare Gesù, si infiltrò arditamente tra i soldati e la folla minacciosa, e con un lino asciugò il volto del Divino paziente coperto di polvere e di sangue.
Gesù, volendo ricompensare l’atto gentile, vi lasciò impressi i lineamenti del suo volto augusto. Su rovine antiche, che, secondo gli archeologi, sono anteriori all’epoca romana, i Greci Cattolici nel 1875 innalzarono una bella Chiesa, dedicandola a S. Veronica. Il Velo della Veronica, portato a Roma da S. Elena, madre di Costantino, è conservato nella Basilica di S. Pietro e viene esposto nel Venerdì Santo.
Dalla sesta stazione la Via Crucis si fa assai ripida. Dovette quindi riuscire particolarmente faticosa a Gesù, che cadde una seconda volta.
In questo luogo si apriva una parte della città, che metteva nella campagna. Ad una delle colonne del portico interno venne affissa, secondo il costume degli antichi, una copia della sentenza di morte pronunciata contro il Re dei Giudei.
Per questo i Cristiani la chiamarono Porta Giudiziaria. Varcandone la soglia Gesù, spinto dalla folla, cadde. Una doppia cappella, edificata e funzionata dai Francescani, racchiude una delle colonne dell’antica porta, testimone silente della caduta di Gesù. Settimanalmente viene celebrata la Santa Messa e nel primo venerdì di Quaresima è meta di una solenne peregrinazione.
Narra il Vangelo che dietro il Redentore veniva una gran folla di popolo e un gruppo di donne che lo piangevano e lo compassionavano. Rivolto ad esse, Gesù disse loro: « Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me; ma su voi stesse e sui vostri figlioli! — È l’ottava stazione segnata da una croce latina incastrata nel muro a pochi metri della Porta Giudiziaria. Qui attualmente la via è intercettata da un monastero greco scismatico di S. Caralambos. Bisogna fare un lungo giro attraverso il bazar per raggiungere la nona stazione ; indicata da un fusto di colonna incastrata presso la porta di una chiesa Copta, dietro l’abside della Basilica del S. Sepolcro. Qui è il luogo della terza caduta di Gesù. L’animosità dei Copti contro i latini tese in questo luogo parecchi agguati. L’ultimo, più clamoroso e sanguinoso, fu nel 1926 e vi rimasero feriti Francescani e Suore.
Altre quattro stazioni della Via Crucis sono fatte al Calvario. Sul piccolo promontorio roccioso, dalla forma di un cranio, Gesù venne spogliato dalle sue vesti (X stazione) e confitto in croce (XI stazione). Questa è segnata da un altare appartenente ai Francescani, il quadro del quale rappresenta la scena della crocifissione. Lì dopo tre ore di spasimi, morì alla presenza della Sua Madre; quando venne deposto dalla croce da Giuseppe e da Nicodemo, lo accolse tra le sue braccia. Sotto l’altare greco si vede ancora il foro dove fu piantata la croce (XII stazione); a destra e a sinistra, due dischi di marmo nero, indicano il luogo della croce dei due condannati con Gesù. Presso il medesimo altare si vede la spaccatura della roccia che si prolunga nella cappella inferiore. Fra l’altare della crocifissione e quella dove fu piantata la Croce, vi è un terzo altare che ricorda il posto in cui stava la SS. Vergine e dove ricevette tra le braccia il corpo di Gesù (XIII stazione). L’ultima stazione è al sepolcro, distante dal Calvario una ventina di metri. Quando S. Elena costruì la Basilica fece isolare la roccia nella quale era scavata la Tomba. Ora questa rivestita di marmo è chiusa in un tempietto che sorge nella rotonda della grande Basilica. In quella tomba fu posto da mani riverenti il corpo martoriato di Gesù la sera del Venerdì Santo; da quella tomba uscì glorioso e trionfante la mattina di Pasqua.
Tratto da: L’Almanacco di Terra Santa pel 1936, Tipografia dei PP. Francescani, Gerusalemme, pagg. 38-41.