Quando la Vandea divenne un lager a cielo aperto
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 10/18 del 26 gennaio 2018, San Policarpo
Quando la Vandea divenne un lager a cielo aperto
Testi tratti da: Reynald Secher, Il Genocidio vandeano, ed. Effedieffe, Milano 1988.
«Per tutto il 1793 vi sono distruzioni e massacri, ma in generale avvengono durante i combattimenti. L’esercito di Magonza non è senza colpa; si fa precedere all’uscita da Nantes da carriaggi di zolfo e annienta diversi villaggi. Westennann non perde occasione per bruciare e per massacrare e il suo soprannome di “macellaio di Vandea” è anteriore alla battaglia di Savenay. Si possono menzionare diversi massacri, come quello di Noirmoutier, dal 3 al 6 gennaio, quando Haxo ha dato la sua parola che avrebbe lasciato la vita a tutti coloro che si fossero arresi. Non bisogna dimenticare l’incendio di Machecoul da parte degli uomini dell’aiutante generale Guillaume, il 17 o 18 dicembre 1793, a causa dell'”indisciplina della truppa”; la distruzione di Saint-Christophe-du-Ligneron il 7 gennaio e dei dintorni di Légé l’l I dello stesso mese. I rappresentanti Choudieu e Bellegarde confessano, in una lettera alla Convenzione del 15 ottobre, che l’esercito della Repubblica era ovunque preceduto dal terrore: “Il ferro e il fuoco sono le sole armi di cui facciamo uso”.
Il progetto di distruzione totale infatti fu applicato soltanto con la proposta del piano di Turreau, nuovo generale in capo dell’armata dell’Ovest. Fin dal suo arrivo in Vandea, all’indomani di Savenay, scrive al Comitato di Salute Pubblica perché venga deliberato il piano che conta di seguire e per sollecitare un documento che lo copra: “Vi chiedo un’espressa autorizzazione o un decreto per bruciare tutte le città, villaggi e frazioni della Vandea che non sono ormai più nell’alveo della Rivoluzione e che forniscono senza posa nuovo alimento al fanatismo e alla monarchia”.
Nessuna risposta. Lo stesso Carrier, messo al corrente, si rifiuta di dargli la copertura con un ordine; il nuovo generale in capo aveva fatto una domanda simile il 28 dicembre. Non solo, i Rappresentanti in missione, Louis Turreau e Bourbotte, desiderando evitare ogni responsabilità e ogni compromissione, si fanno richiamare a Saumur con il pretesto di una malattia “derivante dalle fatiche della loro troppo lunga missione”.
Il generale Turreau ritorna tuttavia alla carica il 17 gennaio: “La mia intenzione è proprio di incendiare tutto, preservando solo i punti atti a stabilire gli acquartieramenti necessari all’annientamento dei ribelli, ma questa importante risoluzione deve essere prescritta da voi. Io sono solo un agente passivo. Dovete pavimenti pronunciarvi in anticipo sulla sorte delle donne e dei bambini. Se bisogna passarli tutti a fil di spada, io non posso adottare una simile misura senza un ordine che metta al riparo la mia responsabilità”.
Lo stesso giorno, dopo aver scritto di suo pugno in testa alla sua carta da lettere il motto: “Libertà, Fraternità, Eguaglianza o la Morte”, Turreau manda le seguenti istruzioni ai suoi luogotenenti: “Tutti i briganti che saranno trovati armi alla mano, o rei di averle prese, saranno passati a filo di baionetta. Si agirà allo stesso modo con le donne, le ragazze e i bambini. Neppure le persone semplicemente sospette dovranno essere risparmiate. Tutti i villaggi, i borghi, le macchie e tutto quanto può essere bruciato sarà dato alle fiamme”.
Ciononostante, inquieto per il silenzio di Parigi, indirizza una nuova supplica al Comitato di Salute Pubblica: “La passeggiata militare che medito sarà finita il 4 o il 5 febbraio. Lo ripeto, considero indispensabile bruciare città, villaggi e poderi, altrimenti non potrò rispondere dell’annientamento di quest’orda di briganti, che sembrano trovare ogni giorno nuove risorse”.
Da Cholet, nel Maine-et-Loire, il 31 gennaio, aveva informato “dello stato di perplessità in cui lo si lascia”.
Soltanto l’8 febbraio 1794 il Comitato fa pervenire a Turreau il suo assenso tramite Carnot: “Ti lamenti, cittadino generale, di non aver ricevuto dal Comitato un’approvazione formale alle tue misure. Esse gli sembrano buone e pure, ma, lontano dal teatro delle operazioni, attende i risultati per pronunciarsi: stermina i briganti fino all’ultimo, ecco il tuo dovere”.
L’11 febbraio Turreau accusa ricevuta: “Ho ricevuto con piacere l’approvazione che avete dato alle misure che ho preso” , e il 15 febbraio confida al rappresentante Bourbotte: “Tu sai che, senza alcuna autorizzazione, ho preso e messo in esecuzione le più rigorose misure per porre fine a questa orribile guerra. Il Comitato di Salute Pubblica ha certo voluto darmi la sua sanzione, ma io ero tranquillo, mi appoggiavo, mi sia permesso dirlo, sulla purezza delle mie intenzioni”.
Quello stesso giorno, il Comitato di Salute Pubblica scrive al Rappresentante Dembarère: “Uccidete i briganti invece di bruciare le fattorie, fate punire i fuggitivi e i vigliacchi e distruggete totalmente questa orribile Vandea. Concorda con il generale Turreau i mezzi più sicuri per sterminare tutto di questa razza di briganti.
Dalla lettura di questo dichiarazione si può vedere fino a che punto la responsabilità sia interamente del Comitato di Salute Pubblica.
Il 17 gennaio, il generale Grignon, capo della prima colonna, arringa i suoi soldati in questi termini: “Compagni, entriamo nel paese insorto. Vi dò l’ordine di dare alle fiamme tutto quanto sarà suscettibile di essere bruciato e di passare a filo di baionetta qualsiasi abitante incontrerete sul vostro passaggio. So che può esserci qualche patriota in questo paese; è lo stesso, dobbiamo sacrificare tutto”.
Il 19 gennaio Cordelier redige, a uso dei suoi comandanti di corpo, istruzioni relative all’esecuzione degli ordini dati da Turreau. Il generale deve “occuparsi personalmente” della riva destra della Loira. “Sarà comandato giornalmente e a turno un picchetto di cinquanta uomini con i suoi ufficiali e sottufficiali, che sarà destinato a scortare i pionieri a fare il loro dovere. L’ufficiale comandante di questo picchetto prenderà tutti i giorni gli ordini dal generale prima della partenza e sarà responsabile difronte a lui della loro esecuzione. A questo scopo, agirà militarmente nei confronti di quei pionieri che mostreranno di non eseguire ciò che comanderà e li passerà a filo di baionetta”.
“Tutti i briganti che saranno trovati con le armi in pugno o indiziati di averle prese per rivoltarsi contro la loro patria, saranno passati a filo di baionetta. Si agirà nello stesso modo con le fanciulle, le donne e i bambini. Neppure le persone solamente sospette dovranno essere risparmiate, ma nessuna esecuzione potrà essere fatta senza che il generale l’abbia preliminarmente ordinata.
“Tutti i villaggi, i poderi, i boschi, le macchie e in genere tutto quanto può essere bruciato sarà dato alle fiamme, ma dopo che si saranno portate via dai luoghi, ove sarà possibile, tutte le derrate che vi saranno; ma, lo si ripete, queste esecuzioni potranno essere effettuate solo quando il generale lo avrà ordinato. Il generale designerà quegli oggetti che devono essere risparmiati”.
Garantiti da questo programma, i repubblicani di stanza in Vandea si scindono in due armate: la prima si dispone da Saint Maixent a Les Ponts-de-Cé e il generale Turreau, da Cholet, ne prende il comando; la seconda va da Les Sables a Paimboeuf ed è affidata a Haxo (213) . Tutta la Vandea Militare si trova così accerchiata. Queste due armate contano ciascuna sei divisioni: Dufour a Montaigu, Amey a Mortagne, Huché a Lugon, Grignon a Argenton-le-Cháteau, Cordelier a Le Loroux; Beaufranchet, Grammont, Dalliac, Commaire, Charlery, Caffin, Chalbos sono scaglionati dall’est all’ovest del dipartimento della Vandea. Ciascuna di queste divisioni comprende due colonne suddivise in dodici corpi che devono avanzare l’uno verso l’altro da est o da nord-est, da ovest o da sud-ovest. In realtà la seconda armata è formata di sole otto colonne, ciascuna di circa 800 uomini, non sdoppiate e rinforzate di reclute.
Il paese insorto deve essere traversato in sei giorni. Anche la via da seguire è precisata dettagliatamente, come pure la località da raggiungere. La partenza è fissata per il 21 gennaio, giorno anniversario dell’esecuzione del re, l’arrivo per il 27. Di conseguenza, bisogna marciare “ora di giorno, ora di notte” .
E difficile fare un racconto globale di “questa passeggiata militare”. Alcuni passaggi dei rapporti giornalieri indirizzati dai comandanti di divisione al loro generale in capo non richiedono commenti .
Da Maulévrier, Caffin scrive il 25 gennaio 1794 a Turreau: “Per il bene della Repubblica, Echaubrognes non esiste più: non ne resta una sola casa. Niente è sfuggito alla vendetta nazionale. Nel momento in cui ti scrivo, ho fatto fucilare quattordici donne che mi sono state denunciate “.
Lo stesso giorno un altro comandante di colonna, Grignon, che opera un po’ più lontano, nelle Deux-Sèvres, commenta da Cerizay: “Continuo sempre a far portar via le derrate, a bruciare e a uccidere tutti quelli che hanno preso le armi contro di noi. Tutto va bene, ne uccidiamo più di cento al giorno. Dimenticavo di dirti che mi hanno arrestato una decina di fanatici … andranno al quartier generale”.
Il 26 gennaio, da Maulévrier, Caffin prosegue: “Un distaccamento di centocinquanta uomini rimasto a La Tessouale ha fatto evacuare e incendiare tutte le fattorie sulla strada di Saint Laurent. Prima di stasera mi aspetto più di duecento fra buoi e vacche. Tutto il bestiame è sparso nei campi. Ieri ho fatto bruciare tutti i mulini che ho visto. Oggi posso far bruciare, senza correre. rischi, i tre quarti della città di Maulévrier”.
Il 27 gennaio, da Jallais, Cordelier insiste: “Avevo ordinato di passare afil di baionetta tutti gli scellerati che si sarebbero potuti incontrare e bruciare le fattorie e le frazioni nei dintorni di Jallais; i miei ordini sono stati puntualmente eseguiti e, in questo momento, quaranta fattorie rischiarano la campagna “.
Il 31 gennaio, da Maulévrier, Caffin interviene ancora: “Ti informo che tutto il villaggio di Yzernay è stato incendiato ieri senza avervi trovato né uomo né donna. Restavano quattro mulini a vento che mando a incendiare stamattina, perché non voglio lasciarne nemmeno uno. Ho fatto bruciare questa mattina tutte le case che restavano a Maulévrier, senza eccettuarne nessuna, salvo la chiesa dove vi sono ancora molti beni che sarebbe opportuno mandare a cercare in seguito. Il borgo di Toútlemonde è stato incendiato l’altro ieri”.
Il I’ febbraio, a Saint-Laurent, sempre Caffin: “A mezzogiorno ti scrivo ancora da Saint-Laurent. Poiché voglio assolutamente recarmi a La Verrie questa sera, temo di non poter incendiare tutto come desidererei. Ho fatto condurre a Cholet trentadue donne che erano nel convento. Ho trovato ancora una ventina d’uomini, che ho fatto fucilare prima di partire. Se ne trovo altri sulla mia strada, subiranno la stessa sorte “.
Il 3 febbraio, a La Verrie, Caffin termina: “Ti informo che andrò domani mattina, con la mia colonna, a bruciare quel borgo (La Gaubretière), a uccidere senza alcun riguardo quanti vi incontrerò, essendo il covo di tutti i briganti. Tutto sarà passato a ferro e a fuoco”.
Turreau non rimane indietro, come spiega nei suoi resoconti indirizzati al Comitato di Salute Pubblica e al ministero della Guerra.
Il 22 gennaio: “Le nostre truppe immolano ai mani dei nostri fratelli i resti sparsi di questa esecrabile armata”.
Il 24 gennaio: “Le mie colonne hanno già fatto meraviglie; non un ribelle è scampato alle loro ricerche. Se le mie intenzioni sono ben assecondate, non esisteranno più nella Vandea, entro quindici giorni, né case, né viveri, né armi, né abitanti. Bisogna che tutti i boschi, tutti gli alberi di alto fusto che esistono in Vandea siano abbattuti “.
Il 31 gennaio: “Esse (le colonne) hanno passato a filo di baionetta tutti i ribelli sparsi che attendevano solo un nuovo segnale di ribellione. Si sono incendiate fattorie, villaggi, borghi. Non si può concepire l’enormità di granaglie e di foraggi che si è trovata nelle fattorie e nascosta nei boschi.
“Ho dato gli ordini più precisi perché tutto sia portato via da questo maledetto paese e portato nei magazzini della Repubblica. E partito questa mattina per Saumur un convoglio di quasi due leghe di lunghezza”.
Gli ufficiali subalterni, spesso disgustati, testimoniamo anche loro: “Amey – scrive l’ufficiale di polizia Gannet in un rapporto -fa accendere i forni e quando sono ben caldi, vi getta le donne e i bambini. Gli abbiamo fatto delle rimostranze; ci ha risposto che proprio così la Repubblica voleva far cuocere il suo pane. Inizialmente si sono condannate a questo genere di morte le donne briganti e non abbiamo detto molto; ma oggi le grida di queste miserabili hanno tanto divertito i soldati e Turreau che hanno voluto continuare questi piaceri. Mancando le femmine dei monarchici, si rivolgono alle spose dei veri patrioti. A nostra conoscenza, già ventitré hanno subito questo orribile supplizio ed erano colpevoli soltanto di adorare la nazione [ ]. Abbiamo voluto interporre la nostra autorità e i soldati ci hanno minacciato della stessa sorte”.
Il presidente del distretto, il 25 gennaio, se ne stupisce: “I tuoi soldati sedicenti repubblicani si abbandonano alla dissolutezza, allo sperpero e a tutti gli orrori di cui neppure i cannibali sono capaci”.
Il capitano Dupuy, del battaglione della Libertà, invia a sua sorella, il 17 e il 26 nevoso – gennaio 1794 -, due lettere molto esplicite: “I nostri soldati percorrono per sentieri spaventosi i tristi deserti della Vandea. Dovunque passiamo, portiamo le fiamme e la morte. L’età, il sesso, niente è rispettato. Ieri, uno dei nostri distaccamenti bruciò un villaggio. Un volontario uccise di sua mano tre donne. È atroce ma la salvezza della Repubblica lo esige imperiosamente. Che guerra! Non abbiamo visto un solo individuo senza fucilarlo. Dappertutto la terra è ricoperta di cadaveri; dappertutto le fiamme hanno portato la loro distruzione “.
“I delitti non si sono limitati al saccheggio – aggiunge Lequinio -. Lo stupro e la più sfrenata barbarie si sono ripresentati in ogni luogo. Si sono visti militari repubblicani violentare donne ribelli su pietre ammucchiate al bordo delle strade principali e fucilarle e pugnalarle uscendo dalle loro braccia; si sono visti altri portare lattanti sulla punta della baionetta o della picca che aveva trafitto con lo stesso colpo madre e figlio”.
“Ho visto bruciare vivi uomini e donne – scrive il chirurgo Thomas -. Ho visto centocinquanta soldati maltrattare e violentare donne, ragazzine di quattordici e quindici anni, massacrarle subito dopo e lanciare di baionetta in baionetta teneri bambini rimasti a fianco delle loro madri stese a terra”.»