La Madonna della Mercede
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 70/24 del 24 settembre 2024, Madonna della Mercede
La Madonna della Mercede
Forza e dolcezza.
Settembre termina con la lettura, nell’Ufficio del tempo, dei libri di Giuditta e di Ester. Ester e Giuditta, liberatrici gloriose, sono figura di Maria, la nascita della quale illumina tutto il mese di un fulgore così puro, che il mondo ha già sperimentato utile.
Adonai, Signore, tu sei grande; ti ammiro, o Dio, che rimetti la salvezza nelle mani della donna (Antifona del Magnificat ai primi Vespri della IV domenica di settembre). La Chiesa inizia così la storia dell’eroina che salvò Betulia con la spada, mentre, per strappare il suo popolo dalla morte, la nipote di Mardocheo adoperò soltanto fascino e preghiere. Dolcezza dell’una, valore nell’altra, bellezza in tutte e due; ma la Regina, che si è scelto il Re dei re, tutto eclissa con la sua perfezione senza rivali e la festa di oggi è un monumento della potenza che spiega per liberare, a sua volta, i suoi.
La schiavitù.
L’impero della Mezzaluna non cresceva più. In declino in Spagna, fermato in Oriente dal regno latino di Gerusalemme, nel secolo XII, lo si vide cercare nella pirateria gli schiavi che le conquiste non fornivano più. Ormai poco molestata dalla Crociata, l’Africa saracena corse i mari, per rifornire il mercato mussulmano. L’anima freme al pensiero di innumerevoli sventurati di ogni condizione, di ogni sesso, di ogni età, strappati alle regioni costiere dei paesi cristiani, o catturati sui flutti, e distribuiti negli Harem o nelle galere. Ma, nel segreto delle prigioni senza storia, Dio non fu meno onorato che nelle lotte degli antichi martiri, perché eroismi ammirabili riempirono il mondo della loro fama e, dopo dodici secoli, sotto gli occhi degli angeli, Maria aprì nel dominio della carità orizzonti nuovi nei quali i cristiani rimasti liberi, votandosi al soccorso dei fratelli avrebbero dato prova di eroismi ancora sconosciuti. Non vi è qui una ragione della presenza del male passeggero di questa terra? Sarebbe senza di esso meno bello il cielo, che deve durare eternamente.
Gli Ordini per il riscatto degli schiavi.
L’Ordine della Mercede, a differenza di quello della SS. Trinità, che l’aveva preceduto di 20 anni, fondato in pieno campo di battaglia contro i Mori, ebbe alla sua origine più cavalieri che sacerdoti. Fu chiamato Ordine reale, militare e religioso della Madonna della Mercede per la redenzione degli schiavi e i suoi sacerdoti attendevano all’Ufficio corale nelle Commende dell’Ordine, mentre i cavalieri sorvegliavano le coste e adempivano la missione rischiosa del riscatto dei prigionieri cristiani. San Pietro Nolasco fu il primo Commendatore o Maestro Generale dell’Ordine e quando furono trovati i suoi resti lo si trovò ancora armato di corazza e di spada. Leggiamo le righe che seguono, nelle quali la Chiesa, ricordando fatti noti, ci dà oggi il suo pensiero (Festa dei santi Pietro Nolasco e Raimondo di Pegnafort, 28 e 23 gennaio).
Quando il giogo Saraceno pesava sulla parte più grande e più bella della Spagna, mentre innumerevoli infelici, in una spaventevole schiavitù, erano esposti al pericolo continuo di rinnegare la fede e di dimenticare la loro eterna salvezza, la Beata Regina del cielo, rimediando nella sua bontà a tanti mali, rivelò la sua grande carità, per riscattare i suoi figli. Apparve a san Pietro Nolasco, che pari alla ricchezza aveva la fede e che, nelle sue meditazioni davanti a Dio, pensava continuamente al modo di portare aiuto ai molti cristiani prigionieri dei Mori. Dolce e benigna, la Beata Vergine si degnò dirgli che, insieme con il suo Figlio, avrebbe gradito la fondazione di un Ordine religioso, che avesse lo scopo di liberare i prigionieri dalla tirannia dei Turchi e, incoraggiato da questa visione, l’uomo di Dio si pose all’opera con un ardore di carità che sarebbe impossibile descrivere ed ebbe da quel momento un solo pensiero: consacrare sé e l’Ordine che avrebbe fondato all’altissima missione di carità di rischiare la vita per i suoi amici e per il prossimo.
Nella stessa notte la Vergine Santissima si era manifestata al beato Raimondo da Pegnafort e al re Giacomo di Aragona, rivelando anche ad essi il suo desiderio e pregandoli di impegnarsi in un’opera così importante. Pietro corse tosto ai piedi di Raimondo, suo confessore, per esporgli ogni cosa. Lo trovò già preparato da Dio e si affidò alla sua direzione. Intervenne allora il re Giacomo, onorato egli pure della visione della Beata Vergine e risoluto di realizzare il desiderio da Lei manifestato. Dopo averne trattato insieme, in perfetto accordo, si dedicarono alla fondazione dell’Ordine in onore della Beata Vergine, che avrebbero intitolato con il nome di Santa Maria della Mercede per la Redenzione degli schiavi.
Il 10 agosto dell’anno del Signore 1218, il re Giacomo pose in opera il progetto già maturato dai santi personaggi e i religiosi si obbligavano con un quarto voto a restare ostaggio presso le potenze pagane, se si fosse reso necessario per liberare i cristiani. Il Re concedette che i religiosi portassero sul proprio petto le sue insegne ed ebbe cura di ottenere da Gregorio IX la conferma dell’Ordine religioso, che si proponeva così grande carità verso
il prossimo. Dio stesso, per mezzo della Beata Vergine, diede all’opera tale sviluppo che fu presto nota nel mondo intero ed ebbe molti membri insigni per santità, pietà e carità e, raccogliendo le offerte dei fedeli di Cristo e impiegandole nel riscatto del prossimo, offrendo spesso per il riscatto sé stessi, liberarono molti. Era doveroso rendere grazie a Dio e alla Vergine Madre per una istituzione così bella e per tanti benefici operati e la Sede Apostolica, con i mille privilegi concessi all’Ordine, accordò la celebrazione di questa festa particolare e il suo Ufficio.
La Vergine liberatrice.
Sii benedetta, tu, onore del nostro popolo e nostra gioia (Giudit. 15, 10). Nel giorno della tua Assunzione gloriosa era bello per noi vederti salire a prendere il titolo di Regina (Ester 4, 14) e la storia dell’umanità è piena dei tuoi interventi misericordiosi. Si contano a milioni quelli cui tu hai spezzato le catene, i prigionieri da te strappati all’inferno dei Saraceni, vestibolo dell’inferno di Satana. In questo mondo, che gioisce al ricordo recentemente rinnovato della tua nascita, il tuo sorriso bastò sempre a dissipare le nubi e ad asciugare il pianto. Quanti dolori tuttavia sono ancora su questa terra sulla quale nei giorni della tua vita terrena anche tu hai voluto gustare a lungo il calice della sofferenza! Dolori che santificano, dolori per qualcuno fecondi ma, purtroppo anche dolori sterili, dannosi, di sventurati che l’ingiustizia sociale inasprisce, per i quali la schiavitù dell’officina, lo sfruttamento multiforme del più forte sul debole appaiono peggiore della schiavitù in Algeria o a Tunisi. Tu sola, o Maria, puoi spezzare questi legami inestricabili coi quali l’ironia del principe del mondo incatena una società che ha portato allo sbandamento in nome della libertà, dell’eguaglianza. Degnati intervenire; mostra che tu sei Regina. Tutta la terra, l’umanità, ti dice, come Mardocheo a colei ch’egli aveva nutrito: Parla al re per noi, liberaci dalla morte (Ester 15, 1-3).
Da: P. GUÉRANGER, L’anno liturgico. – II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. ROBERTI, P. GRAZIANI e P. SUFFIA, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 1104-1106.
Fonte: http://www.unavoce-ve.it/pg-24set.htm