Iraq: Mosul senza cristiani. Nel 2003 erano 35.000
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 58/14 del 13 giugno 2014, Sant’Antonio da Padova
I burattinai hanno deciso l’avanzata dei burattini? “Mons. Nona denuncia come molto strano l’atteggiamento dell’esercito iracheno: nonostante le forze di sicurezza fossero presenti in modo consistente, hanno lasciato tutto il campo libero senza nemmeno un timido tentativo di difesa”
Il nuovo calvario dei cristiani di Mosul
Le voci drammatiche dal Nord dell’Iraq dove i jihadisti dello Stato islamico e del Levante hanno preso il controllo anche di chiese antichissime. L’arcivescovo Nona, successore del martire Rahho, ucciso nel 2008: «Non abbandonerò la mia diocesi»
La notizia di una chiesa in costruzione fatta saltare in aria a est di Mosul gira già sui social network. Insieme a quella secondo cui anche il monastero di Mar Behnam – risalente al IV secolo, uno dei luoghi storici più importanti del cristianesimo assiro – si trova già da ieri nelle mani dei miliziani dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante, che hanno assunto il controllo della seconda città dell’Iraq. E tanti punti interrogativi si addensano anche sulla sorte delle chiese di Mosul stessa, abbandonate in tutta fretta dal clero e dai fedeli che nonostante tutte le sofferenze vissute dall’Iraq negli ultimi dieci anni avevano comunque sempre avuto il coraggio di rimanere. Ora tra le centinaia di migliaia di profughi in fuga verso il Kurdistan ci sono anche loro.
Nelle notizie drammatiche che da ieri arrivano da Mosul c’è pure il dramma tutto particolare della comunità cristiana locale, alle prese con l’incubo di una milizia jihadista che conoscono bene e che ha già fatto vedere nella provincia siriana di Raqqa di che cosa sono capaci. A rendere in tutta la sua drammaticità il clima che si respira in queste ore nel Nord dell’Iraq è una mail inviata ieri sera da un religioso domenicano di Mosul al suo superiore provinciale: «Vi scrivo in una situazione critica e apocalittica – si legge nel messaggio -. La maggior parte degli abitanti della città ha già abbandonato le proprie case ed è scappata nei villaggi; dorme all’aria aperta senza nulla da mangiare e da bere. Molte migliaia di uomini armati dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante hanno attaccato Mosul negli ultimi due giorni. Hanno assassinato adulti e bambini. I corpi sono stati lasciati a centinaia nelle strade e nelle case, senza alcuna pietà. Anche l’esercito e le forze regolari hanno abbandonato la città, insieme al governatore. Dalle moschee si sente il grido: “Allah Akhbar, lunga vita allo Stato islamico”».
Dal messaggio si intuisce che anche a Qaraqosh – la cittadina più importante della piana di Ninive, dove in questi anni molti cristiani avevano trovato rifugio – la situazione è inquietante. «Qaraqosh – scriveva ieri il religioso domenicano dal nord dell’Iraq – è sommersa da ogni genere di rifugiati, senza cibo né alloggio. I check point e le milizie curde stanno impedendo a tantissimi rifugiati di entrare in Kurdistan. Ciò a cui stiamo assistendo e che stiamo vivendo negli ultimi due giorni è orribile e catastrofico. Il monastero di Mar Behnam e altre chiese sono cadute nelle mani dei ribelli … e adesso sono arrivati qui e sono entrati a Qaraqosh cinque minuti fa. Siamo circondati e minacciati di morte… Pregate per noi. Mi dispiace ma non posso andare avanti a scrivere… Non sono molto lontani dal nostro convento…».
Un’altra testimonianza ugualmente drammatica l’ha raccolta il sito francesce Famille Chretienne da padre Pius Affas, il parroco della chiesa siro-cattolica di Mar Thomas a Mosul, anche lui ormai esule come tutti gli altri: «Sono sempre rimasto a Mosul, anche dopo essere stato sequestrato e poi rilasciato nel 2007 – racconta -. Oggi sarebbe anche il mio anniversario, quarantadue anni di sacerdozio. E invece ho dovuto lasciare una chiesa che ha 150 anni di storia e un patrimonio cristiano molto importante che non so se mai rivedrò. Ho il cuore a pezzi. Tutte le chiese di Mosul sono state lasciate alla loro sorte, anche se speriamo di poter tornare. Ed è un tesoro immenso perché Mosul è stato uno dei primi centri del cristianesimo, alcune delle sue chiese risalgono al settimo secolo».
A confermare tutta la gravità della situazione è anche l’arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Emil Shimoun Nona, raggiunto al telefono dall’agenzia AsiaNews. Nona è il successore del vescovo martire Paulos Faraj Rahho, rapito e poi ucciso qui dagli islamisti nel 2008. Lui stesso si è spostato in una località fuori città, ma assicura: «Non ho intenzione di lasciare la mia diocesi». «La gente ha avuto molta paura – continua il presule – i cristiani sono quasi tutti scappati via, anche molti musulmani hanno lasciato le loro case. Una città di quasi tre milioni di abitanti è ora quasi svuotata, tantissimi sono fuggiti». Mons. Nona denuncia come «molto strano» l’atteggiamento dell’esercito iracheno: nonostante le forze di sicurezza fossero presenti in modo consistente, «hanno lasciato tutto il campo libero senza nemmeno un timido tentativo di difesa». Per questo, aggiunge, «la gente ha avuto paura e ha iniziato a fuggire».
La condizione dei profughi – già almeno 500 mila secondo una prima stima dell’Organizzazione mondiale delle migrazioni – è disperata. Nel nord dell’Iraq, infatti, non c’è più nessuna ong a fare fronte all’emergenza e l’arcivescovo di Mosul racconta che gli abitanti dei villaggi della piana di Ninive sentono «la fatica di dover accogliere altra gente, presto mancheranno cibo e acqua, non è possibile accogliere tutti…».
Il presule caldeo – riferisce ancora AsiaNews – auspica «una soluzione vera e duratura della crisi irakena», un progetto di lungo periodo «per una nazione divisa fra gruppi religiosi, politici, etnie»; serve uno «Stato forte», conclude, che «metta fine a uccisioni e violenze… Il popolo irakeno è buono, merita una visione comune e una soluzione che sia fonte di pace».
La Stampa