Invito alla lettura: san Gregorio Magno visto da mons. Benigni
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 25/24 del 12 marzo 2024, San Gregorio Magno
Invito alla lettura: san Gregorio Magno visto da mons. Benigni
Nella festa di san Gregorio I pubblichiamo l’inizio del capitolo dedicato da mons. Umberto Benigni, nella sua Storia Sociale della Chiesa (vol. III), alla figura del grandissimo pontefice. Nell’opera, ristampata dal Centro Librario Sodalitium, seguono poi altre 14 pagine dedicate al Papa.
Il ciclo gregoriano.
II ciclo dei tre primi Gregorì (Gregorio Magno eletto nel 590, Gregorio III morto nel 741) include un cinquantennio che pur non uscendo dalla egemonia bizantina, si distingue nettamente dal precedente per il fatto della politica italiana dei Papi.
Sempre fedeli cittadini dell’impero « romano », e perciò di Bizanzio, come i loro antecessori dal tempo di Odoacre in poi, i pontefici del ciclo gregoriano assurgono a potenza politica propriamente detta con la quale i langobardi da una parte, Bizanzio dall’altra, debbono sempre più trattare come prima giammai avevano trattato. Di Papi incaricati di una missione politica se ne erano visti frequentemente; ma come accennavamo già, i pontefici mandati per forza e con minaccie o rappresaglie bestiali dai re goti a Bizanzio, non presentano davvero la figura di una potenza politica, nel senso abituale della parola, sibbene il prestigio derivante dalla successione apostolica. Ma la dominazione langobarda non tardò molto a persuadere l’autocratore bizantino che la riconquista giustinianea d’Italia era un fatto storico il quale non sarebbe rivissuto; onde era gioco forza contentarsi di conservarne i brandelli per il maggior tempo possibile. Conseguenza diretta di questo stato di cose si fu che Roma ed il Papa venissero sempre più sottratti alle brutalità bizantine che avevano oppresso la stessa persona dei pontefici da Liberio a Vigilio.
L’imperatore doveva abitualmente contentarsi delle impertinenze che scriveva o faceva scrivere a Gregorio Magno ed ai successori di questo quando la politica non lo consigliava di coprirlo d’onori, come avevano già fatto Giustino I e il suo nepote Giustiniano con Giovanni I.
Di questa cambiata situazione il substrato era, come dicemmo or ora, la sopravvenuta dominazione langobarda la quale riducendo, da una parte a nulla l’egemonia bizantina, e, d’altra parte, non fondendosi mai con gl’italiani, creava a questi una posizione a parte, quella di un terzo ente sempre più distinto, non più dominato da Bizanzio, non assorbito dai langobardi, minacciato sempre da ambedue, ma ormai tale che, sopravvenendo per esso un uomo superiore, poteva aprirsi la strada fra i due nemici.
E, al momento provvidenziale, sopravvenne non un uomo semplicemente superiore, ma un genio : Gregorio Magno ( il grassetto è redazionale, ndr).
Questo nobile romano autentico venne al clericato dagli uffici civili, come Ambrogio. Egli fu pretore a Roma al tempo di Tiberio Il. Tutto compreso dal sublime ideale della religione, che gli forni una vera mentalità cattolica, cioè religiosamente universale, pieno di zelo apostolico, Gregorio era veramente l’uomo degno di essere per comune acclamazione nominato successore di S. Pietro. In lui risplende la soprannaturale verità della sentenza apostolica : « la pietà è utile a tutto », la pietà, ben s’intende, soda ed illuminata. Quell’uomo piissimo che sognava la quieta vita monacale, che non intese far mai della politica ma soltanto compiere il suo ministero di verità, di giustizia, di carità, fu il solo grande politico del suo tempo, prendendo la parola « politico » nell’alto senso storico che meglio le si possa attribuire. Storici anticattolici hanno tendenziosamente detto di lui, ch’egli fondò il papato romano; che quel vescovo di Roma fu il primo papa. La verità storica è che il primo Papa fu S. Pietro; ma è vero altresì che Gregorio Magno stampò nel mondo cristiano la più vasta orma papale che mai fosse veduta sino allora e che, almeno in un certo senso, mai più si vedesse in avvenire. La sua prodigiosa attività, di cui fu strumento la sua cosmopolitica corrispondenza, tenne nella sua mano le fila di tutto l’orbe cattolico ed abitò questo a volgersi costantemente a Roma per ogni contingenza morale e materiale. Quanto all’Italia Gregorio ne fu il vero sovrano morale ; i langobardi stessi lo sentirono e trattarono con lui come tale. Quanto la sua corrispondenza epistolare ci elenca le sue lettere « militari », con le quali ordina ai vescovi della Penisola e delle isole di armare la milizia cittadina, di non far buona guardia, di esentare alcuno dal servizio di sentinella, e quando tratta con le corti di Pavia e di Bisanzio per salvare la straziata Italia, la sua figura di « sovrano » eclissa quella degli altri coronati.
E in mezzo a nimbo di gloria civile il santo Pontefice passa tutto assorbito della sua missione religiosa. In lui splende la parola di Cristo che nessuno mai deve dimenticare, dal suo Vicario all’ultimo fedele : « Cercate in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia ed avrete di sovrappiù tutte queste cose ».
Gregorio che visse e morì persuaso di essere, politicamente cittadino dell’impero romano, e che scriveva ai suoi « signori » gl’imperatori di Costantinopoli come il suddito più leale, fu quegli che gettò le allora non viste fondamenta non solo dello Stato papale ma della egemonia politica dei grandi Pontefici medioevali. Tra Gregorio Magno e Gregorio VII vi è una enorme differenza di contegno politico, ma tale diversità è data molto più dal diverso ambiente che non dalla mentalità fondamentale dei due grandi Gregori. L’ultimo è l’evoluzione logica del primo.
Mons. Umberto Benigni, Storia Sociale della Chiesa, vol. III. La crisi della società antica (Dalla caduta alla rinascita dell’Impero Romano), Casa Editrice Vallardi, Milano 1922, pagg. 152 – 154.
La ristampa del Centro Librario Sodalitium dell’opera completa, 5 volumi in 7 tomi, per un totale di 5000 pagine: https://www.sodalitiumshop.it/prodotto/storia-sociale-della-chiesa-opera-completa/