Inferno Siria
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 7/13 del 17 gennaio 2013, Sant’Antonio Abate
Inferno Siria
Nuovo comunicato sulla Siria, per denunciare ciò che i canali televisivi e i giornali non dicono.
Profughi
di Mario Villani
Durante la guerra nella ex Jugoslavia mi sono recato diverse volte nelle regioni orientali della Croazia per portare a destinazione aiuti umanitari (medicinali, viveri, generatori elettrici…) che consegnavamo ai parroci di alcuni villaggi posti lungo il fiume Sava, fiume che segna il confine con la Bosnia Erzegovina. Uno dei ricordi più vivi di quei giorni è quello dell’arrivo dei profughi dalla Bosnia che attraversavano il fiume su grossi barconi e sbarcavano in terra croata per fuggire dagli orrori della guerra che, in quei giorni drammatici, infuriava in molte città bosniache.
Due particolari mi avevano allora colpito più di tutto. Il primo: il silenzio. Malgrado sui campi a fianco della sponda del fiume si ammassassero centinaia e talvolta migliaia di persone non si sentivano né grida né rumori. Per ore l’unico suono percepibile era lo sciabordio dell’acqua che sbatteva contro il legno dei grossi barconi. Il secondo: lo sguardo dei vecchi. Non vi era odio, come nei giovani, né disperazione come in molte donne, direi che vi era solo stupore. Si intuiva una domanda che però nessuno poneva: “perchè? Perchè mi avete costretto a lasciare la mia casa, i miei campi, le mie abitudini, i ricordi di sessanta, settanta anni di vita? Non sapete che troncando così le mie radici mi avete condannato ad una sorte peggiore della morte?”.
A me, legatissimo come sono ai luoghi dove sono nato, alla mia casa, ai miei animali ed al mio orticello, quegli sguardi, quelle interrogazioni mute, ma di una eloquenza impressionante, provocavano un’angoscia che ancora adesso non è svanita. Questa è la ragione per cui mi sento particolarmente coinvolto, anche emotivamente, ogni volta che sento parlare di profughi. Perchè so quale spaventosa tragedia umana si nasconde dietro questa parola che noi pronunciamo con troppa facilità. Per questo mi sento particolarmente indignato quando vedo qualcuno letteralmente sfruttare a scopi politici e propagandistici la tragedia di chi è stato costretto a fuggire dalle proprie case per cercare rifugio in un’altra città o, peggio, in un Paese straniero. Purtroppo è quello che invece sta succedendo in Siria.
Centinaia di migliaia di persone sono fuggite dai loro villaggi e sono ospitate in approssimativi centri di accoglienza all’interno del Paese o nella nazioni confinanti, in particolare Turchia e Giordania. Le ragioni per cui sono fuggite sono le più diverse: molti sono famigliari dei rivoltosi che temono le vendette delle forze di sicurezza, altri sono Cristiani e Alauiti cacciati dalle loro case dalle bande di integralisti e di salafiti, altri ancora semplicemente fuggono le violenze della guerra. Per i mass media occidentali però tutti sono utilizzati esclusivamente come argomento di polemica contro il Presidente Assad, come se fosse stato lui a volere la guerra che sta distruggendo la Siria e che forse alla fine segnerà anche la sua sorte. Questo è il solo aspetto che viene colto da molti organi di informazione, compresi, ma non è una sorpresa, quelli cosiddetti cattolici. Invece di preoccuparsi a come lenire (e soprattutto abbreviare) le sofferenze dei profughi sono invece impegnatissimi a studiare come utilizzarli nella guerra di propaganda scatenata a sostegno di una delle parti in guerra.
Mi ricordo un episodio della guerra in Kossovo. Allora i cattivi per definizione erano i Serbi ed i buoni gli Albanesi, in difesa dei quali gli aerei Nato stavano sganciando tonnellate di bombe su tutto il territorio della Repubblica di Serbia. Un giornalista (mi pare, ma non ci giurerei, di RAI 1) chiese ad alcuni profughi cosa stavano facendo di così tremendo i Serbi per provocare la fuga di tante persone. “Ma quali Serbi” fu la risposta “ noi stiamo scappando perchè gli aerei della Nato bombardano le nostre case”. Bisognerebbe imparare, davanti a tragedie come quelle dei profughi, a mettere da parte polemiche e propaganda, ed a pensare ad una sola cosa: aiutarli.
Cristiani in trappola
Una preoccupazione di molti dei residenti sono i posti di blocco presidiati da milizie armate di appartenenza sconosciuta. “Siamo passati attraverso molti punti di controllo dell’ Esercito Siriano Libero (FSA) nei villaggi sulla strada da Homs a Hama senza alcun problema. Ma fuori Saraqeb, ci siamo ritrovati in un posto di blocco strano”, ha detto un testimone a AFP, dando il suo nome solo come “Mark “. “Di solito la ricerca dei ribelli è per i soldati, ma questa volta era diverso. Tre uomini armati sono saliti a bordo del bus e ha detto ai cristiani di alzare la mano.” A nove uomini cristiani, tra cui sette armeni, è stato ordinato di scendere dal bus, mentre gli uomini armati controllavano i Documenti di Identità, secondo Mark, che è stato scambiato come assistente del conducente e risparmiato dagli interrogatori.
A un uomo curdo che ha cercato di intervenire “Scendi. Sei troppo con Bashar “, hanno detto , riferendosi al presidente siriano Bashar al-Assad. Mark, 26 anni, ha detto che un uomo barbuto che indossava un abito tradizionale è salito a bordo del bus e ha ordinato alle donne senza velo per coprire i capelli, chiamandole puttane. “Indicò una donna che indossava una croce e le disse di consegnarla. L’ha afferrata e ha cominciato a calpestarla. “A quel punto una donna velata è intervenuta: “Figlio mio, non abbiamo mai usato parlare o pensare in questo modo in Siria. Queste persone sono i nostri vicini e non hanno nulla a che fare con la politica.”. “Tu non conosci queste persone. Sono kuffar (infedeli),” ribatté. Dal suo punto di osservazione, Mark ha detto di aver visto gli uomini armati fermare un altro autobus e tirare fuori due donne per i capelli.
Un attivista siriano per i diritti, che ha parlato a condizione di anonimato temendo ritorsioni, ha detto che gli uomini armati erano membri della formazione estrema islamista Al-Nusra .”Al-Nousra è responsabile. Hanno preso gli uomini perché erano cristiani e il curdo, perché ha protestato per quello che stavano facendo.” Il giorno dopo, un uomo sulla sessantina è stato liberato e inviato a Aleppo, malmenato, per garantire un riscatto di 3,3 milioni di lire siriane ($ 48.000 / € 37.000), solo per avviare i negoziati per la liberazione degli uomini rimasti. Gli fu detto che gli ostaggi, tra cui suo figlio, sarebbero stati uccisi se la richiesta non fosse stata soddisfatta. Una fonte informativa nella comunità armena di Aleppo ha detto che i negoziati erano in corso per ottenere il rilascio del gruppo, che a loro avviso si otterrà da Jund Allah, o “soldati di Dio”, che è vicino a Al-Nousra. Gli uomini sono stati trattenuti in Taftanaz, a circa 15 chilometri (nove miglia) a nord di Saraqeb, ha detto l’attivista per i diritti.
Gli osservatori dicono che, mentre l’estorsione è diventata dilagante in Siria, anche il settarismo è in ascesa in un paese a maggioranza sunnita nettamente diviso dal regime al potere, che è dominato dalla comunità di minoranza alawita di Assad. L’attivista per i diritti ha detto che i combattenti islamici stanno diventando sempre più influenti nelle zone di fuori del controllo del regime. “Queste persone sono molto pericolose per la rivoluzione siriana, perché non capiscono cosa sia la democrazia. Non è per questo che sono qui … vogliono solo combattere la kuffar”. Ha previsto uno scontro tra la FSA e Al-Nusra frontale, il gruppo dominante islamista, nelle prossime settimane.
Altri dicono che, mentre una dimensione islamista esiste, non deve essere sopravvalutata, soprattutto quando appare a fianco della criminalità. “Alcuni gruppi armati sono rivoluzionari, altri gruppi armati sono solo criminali, e alcuni rivoluzionari usano metodi criminali,” ha detto l’attivista della opposizione Abu Hisham di Aleppo alla AFP. “Non si tratta di religione, questo è business”, ha detto un membro della comunità armena di Aleppo. “Sanno che i cristiani hanno il denaro e pagheranno”, ha detto, parlando in condizione di anonimato, aggiungendo che Saraqeb è noto per i sequestri di persona. “Chiaramente c’è un colore islamista nella rivoluzione, ma questa non è tutta la storia.”
Dopo gli attacchi contro posti di blocco dell’esercito regolare in Saraqeb , è apparso un video pubblicato su Internet per mostrare l’esecuzione dei soldati che si erano arresi da parte dei combattenti dell’opposizione
Per i siriani ordinari, la distinzione tra ladri e islamisti è irrilevante. Maria, una vicina di casa di uno degli ostaggi dei bus, ha detto che stava progettando di lasciare Aleppo prima del rapimento. “Non riesco a dormire la notte a causa del rimbombo dei colpi di mortaio. Ho programmato di andare a Latakia (sulla costa), ma dopo il rapimento ho paura di viaggiare ovunque.” nche la strada per l’aeroporto di Aleppo è troppo rischiosa. “Siamo Aleppo è troppo rischiosa. “Siamo intrappolati in una prigione.”
Il Vescovo di Hassaké : Il nostro grano saccheggiato e venduto ai turchi
A richiamare di nuovo l’attenzione su uno dei tanti versanti oscurati del dramma siriano è l’Arcivescovo Jacques Behnan Hindo, titolare della arcieparchia siro-cattolica di Hassaké-Nisibi: le cose si aggravano in fretta, e la situazione – avverte l’Arcivescovo siriano – “potrebbe presto diventare catastrofica”.
Nel testo dell’appello alla Fao, inviato anche all’Agenzia Fides, il deterioramento delle condizioni di sopravvivenza della popolazione dell’area è delineato nei dettagli. All’inizio dell’inverno, ogni attività economica appare paralizzata. Le strade per i rifornimenti in direzione ovest sono interrotte da più di un mese, e ciò provoca il progressivo esaurimento dei beni di prima necessità e un aumento vertiginoso dei prezzi di tutte le derrate.
La mancanza di carburanti impedisce il riscaldamento delle abitazioni e ha portato al blocco totale di tutte le attività agricole, proprio mentre inizia la stagione della semina. “I silos di grano – riferisce in particolare l’Arcivescovo Hindo – sono stati saccheggiati e il frumento è stato venduto a commercianti turchi che lo hanno convogliato in Turchia, sotto lo sguardo dei doganieri turchi. Il nostro grano è stato venduto a un prezzo molto basso”. La regione di Jazira era rinomata per la produzione di grano di ottima qualità. Nei decenni scorsi, a prelevare sottocosto il frumento pregiato dell’area, erano le politiche agricole del governo centrale di Damasco.
Oltre al grano saccheggiato, l’Arcivescovo Hindo denuncia la progressiva scomparsa di altri prodotti vitali, come il latte per i bambini e le medicine, a partire dagli antibiotici. L’unica rotta di collegamento con l’esterno rimane la strada internazionale diretta in Irak, che collega l’Alta Mesopotania siriana a Mossul. Nel testo del suo secondo appello, rivolto al Premier irakeno Al-Maliki, Monsignor Hindo pone al leader politico del Paese confinante una richiesta concreta: “Vi preghiamo di soccorrerci il più in fretta possibile, inviandoci 600 cisterne di carburante, 300 cisterne di benzina e alcune tonnellate di farina”.
L’Arcivescovo siriano, nel messaggio inviato anche a Fides, accomuna le sofferenze vissute adesso dal suo popolo con quelle che gli iracheni hanno provato nel loro recente passato:
“Noi – scrive Monsignor Hindo ad al-Maliki – soffriamo ciò che ha sofferto il popolo irakeno per l’imposizione dell’embargo. Le prime vittime sono stati i bambini. Voi avete provato nei vostri corpi, nelle vostre anime e nei vostri bambini, tutta l’ingiustizia che ne deriva. Perché ad essere punito è solo il popolo, e non il governo. Gli Stati così pongono i loro interessi al di sopra degli interessi degli uomini, e anche al di sopra dei diritti che Dio ha su ciò che è opera Sua”.
La regione di Jazira, con i centri urbani di Kamishly e Hassakè (capoluogo dell’omonimo governatorato) contava un milione e mezzo di abitanti, ai quali dall’inizio della guerra civile si sono aggiunti almeno 400mila profughi provenienti da Aleppo, Homs, Deir-Ez-Zor e Damasco.