2024 Comunicati  30 / 01 / 2024

Il santo per nulla santo di Fogazzaro – Towianski

Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 10/24 del 30 gennaio 2024, Santa Martina

Il santo per nulla santo di Fogazzaro – Towianski

Prosegue l’approfondimento dei rapporti tra Fogazzaro e Towianski, con un capitolo del prossimo libro di Roberto Gremmo ( “IL MESSIA SPIRITISTA DELL’ITALIA UNITA – Le “profezie patriottiche” di Andrea Towianski nel Piemonte esoterico e risorgimentale”), per gentile concessione dell’Autore. Emerge un’inquietante miscela esplosiva composta da falso misticismo, spiritismo, “risorgimento” e modernismo.

ANTONIO FOGAZZARO E “IL SANTO”, di Roberto Gremmo

Una testimonianza importante sulla fortuna di Towianski all’inizio del Novecento resta quella di un sacerdote inquieto ed irregolare come l’umbro Brizio Casciola passato in un ventennio dalla creazione di colonie agricole per aiutare i più poveri alla collaborazione da 1924 al 1934 alla rivista fascista “Gerarchia” su invito di Margherita Sarfatti.

Giunto a Torino sui trent’anni era stato “molto vicino al gruppo towianista”e ricordava fra i suoi adepti più attivi il ben noto Begey anche i meno conosciuti Filippi, Cuttiera, Ratti e Pinelli oltre ad una donna misteriosa che egli indicava come “la elevata creatura Melania Chander”(1), una di quelle figure evanescenti ed eteree che compaiono e rapidamente si eclissano in questo mondo dove le ombre si alternano alle luci e le apparenze edificanti possono nascondere ben altre inquietanti realtà.

Proprio nel capoluogo subalpino un manipolo di donne in contatto con Brizio Casciola dava vita ad una “Lega Democratica Cristiana” e non c’é da stupirsi se ne faceva parte anche la figlia dell’avvocato Begey Luisa Giulio Benso che faceva parte del cenacolo ‘towianskiano’ ed ora si trovava accanto ad Angela Borrino, Adelina Fadda, Ersilia Ratti in un’avventura subito osteggiata dalle gerarchie ecclesiastiche e condannata nel 1907(2).     

L’arruolamento di Towanski fra i personaggi eminenti presi a simbolo della critica interna alla Chiesa era avvenuta due anni prima quando il celebre scrittore vicentino e senatore del Regno d’Italia(3) Antonio Fogazzaro scriveva un romanzo iniziatico dal titolo “Il Santo”.

Personaggio principale era il tormentato Piero Marioni ritiratosi a vita ascetica in un convento benedettino che in un drammatico dialogo immaginario metteva in guardia il Pontefice perché “la Chiesa è inferma”  a causa di quattro“spiriti maligni” che sarebbero “entrati nel suo corpo per farvi guerra allo Spirito Santo”. I nemici occulti sarebbero stati lo “spirito della menzogna”, la “dominazione del clero”, l’avarizia e l’immobilità. Erano i pericolosi avversari del vero Cristianesimo e Maironi invitava il Pontefice a combatterli. Purtroppo inascoltato, perché dal Papa “la parola non venne”(4).

Il 4 aprile del 1906 il libro fu condannato con un decreto della “Congregazione dell’Indice” e lo scrittore fece atto di sottimissione, pur continuando a ribadire la necessità di un rinnovamento della Chiesa, come sostenevano i cattolici ‘Modernisti’.

E’ stato autorevolmente sottolineato che [i]l discorso che Pietro Maironi pronunzia dinanzi al papa nel ‘Santo’ del Fogazzaro, non è che il riassunto delle dottrine del Towianski”(5).

Il libro doveva avere subito un notevole successo al punto che in poche settimane ne vennero vendute ben diciottomila copie.

Nel suo romanzo, Fogazzaro “auspicava una più ampia partecipazione dei laici alla vita della Chiesa e sosteneva la necessità di sollecitare un movimento generale di “riforma dello spirito” che avrebbe dovuto incoraggiare l’autorità ecclesiastica a operare spontaneamente il rinnovamento delle sue istituzioni”ma in quelle pagine “riecheggiava il messaggio di un riformatore polacco, Andrzej Towianski, le cui idee [erano] penetrate in Italia all’interno di alcuni cenacoli piemontesi”(6)

Mentre diversi giornali dell’epoca esaltavano il contenuto del libro, il 7 novembre del 1905 sulla “Tribuna” usciva a firma “Rastignac” una dura stroncatura da parte del ‘fermo anticlericale’ e massone Vincenzo Morello che accusava l’Autore di sostenere “un’assurda concezione medioevalistica” e “troglodita” della religione perché il suo dissenso non intaccava minimamente il potere delle gerarchie ecclesiastiche e non indeboliva il peso politico della Chiesa in Italia(7)

Più puntuale era invece la critica mossa nel 1907 al “Santo” dal padre gesuita Gioachino Ambrosini che invece accusava Fogazzaro di contrabbandare le teorie teosofiche(8) in un libro che conteneva modeste e non facilmente individuabili da tutti fastidiose influenze ‘towiankiste’.

Proprio quando si credeva che il ricordo del mistico polacco-lituano fosse sbiadito col passare del tempo, ecco invece una inattesa riscoperta, per ora solo letteraria, della sua figura e soprattutto delle sue idee che sembravano anche ispirare la bestia nera del ‘Modernismo’.

Era necessario mettere in guardia sulla  intollerabile rivalutazione di un bislacco eretico e miscredente e della bisogna si fece carico la “Civiltà Cattolica” bollando Towianski come “agitatore polacco, avvolto nel mistero di un misticismo apocalittico e nel fascino della novità religiosa e sociale” ma pericoloso e nemico della Chiesa. Altrettanto violenta era la condanna del suo “cenacolo d’ilusi”, disprezzati e considerati dei poveretti “invasi da una “follia messianica”(9).

A dar manforte alla condanna cattolica delle teorie ‘towianskiane’ si aggiungevano il quotidiano “Unità Cattolica” e subito dopo il barnabita Orazio Premoli che sulla “Scuola Cattolica” non si faceva scrupolo di giudicare il profeta polacco uno strumento di oscure forze disgregatrici anche perché fin da giovane sarebbe stato “facile conquista di certi rabbini che con le loro dottrine miste di gnosticismo, di manicheismo e di idee platoniche” che “gli fecero sorgere nella mente il pensiero, la persuasione di avere una missione da compiere in mezzo al popolo cristiano”(10)

Ovviamente, agli occhi di Premoli, l’idea più velenosa e pericolosa messa in circolo era quella che “dalla materia informe – greggia – si possa o si debba passare col tempo allo stato di essere organico, poi di animale, poi di uomo il quale può prendere diversi corpi, rimanendo negli intervalli puro spirito; poi finalmente lo spirito, superiore cioè in quello spirito che non può più albergare in un corpo”. Era una teoria mutazionista ingannevole ed insidiosa perché relativizzando la vita umana predisponeva a considerare mutevole ed instabile ogni aspetto della società. E quindi anche della Chiesa.

Secondo l’acuto polemista cattolico, senza dirlo apertamente, ma anzi mistificando, qualcuno voleva sostituire una nuova organizzazione religiosa a quella dei Papi ammettendo che fosse valida in passato e “sufficiente per l’umanità bambina” ma giudicandola non più attuale nella “nuova epoca” e dunque meriteviole d’essere eliminata perché “potendo quella Chiesa essere in urto con la Chiesa di Gesù Cristo, sorge allora il diritto non solo, ma anche il dovere, di disobbedienza a quella”(11).

Tutte queste durissime ma prevedibili disapprovazioni di parte cattolica non fermavano la riscoperta ‘towianskiana’ che passava dall’indiretta e non subito individuabile ispirazione fogazzariana ad un’aperto apprezzamento.

Se ne era avuta una debole avvisaglia nel 1912 quando il “Corriere della Sera” s’era fatto carico di annunciare la pubblicazione a Roma di alcuni “Fragments”, elevati pensieri con cui Towianski “esortava nelle sue ascetiche mistiche ed un po’ nebulose predicazioni”(12).

Ma era solo l’inizio, perché ancora il “Corriere della Sera” nella primavera del 1913 ospitava con grande risalto un lungo articolo dello scrittore siciliano Giuseppe Antonio Borgese che già nel titolo annunciava la scoperta d’una fede straordinaria ed affascinante: “Memorie di una religione ignota”(13), quella di Towianski.

La definizione immaginifica, seducente e suggestiva spingeva i lettori che avessero “avidità di profonde esperienze spirituali” a leggere le opere del ‘Santo’ dove il Cristianesimo “ben lungi dall’essere in via di esaurimento, si avvicina[va] a una sua piena realizzazione [in un’]epoca superiore [con] una pratica di vita che includa in sè cattolicesimo e protestantesimo”. In verità, Towianski non era mai arrivato a propugnare apertamente questa riconciliazione ma quel che contava era far uscire dall’oblio una figura invisa alla Chiesa ma che apriva le porte a nuove esperienze spirituali, predicando, questo sì, una “conciliazione fra la trascentenza e l’imminenza, fra il cristianesimo e quella moderna fede nell’attività, nello sforzo, nella vita terreste, che pareva ad esso repugnare senza scampo”(14).

La parola chiave era ‘moderna’, per chi sapeva capire.

L’esposizione imprecisa della dottrina di Towianski era errore di poco conto; l’articolo era importante perché magnificare su un influente giornale un pioniere di relativismo teologico per spronando il lettore a cercare orientamenti per la propria Fede. E niente meglio della figura di un ‘Santo’ poteva venir presa ad esempio, modello e maestro.

Non sappiamo se quello di Borgese fu un superficiale resoconto giornalistico su un personaggio curioso o il seguito logico d’un percorso occulto d’indottrinamento iniziato col libro di Fogazzaro.

E’ certo che Borgese aveva collaborato dal 1907 al 1912 al periodico “Il Rinnovamento” di Tommaso Gallarati Scotti, considerato dagli storici “uno tra i più seri tentativi di sottoporre alla critica della ragione il sentimento della fede; un esperimento di apertura della Chiesa al modernismo filosofico” per“riedificare una Chiesa meno sorda alla modernità dei tempi”(15) e che nel suo famoso romanzo “Rubè” del 1921 un voce misteriosa afferma che “la religione del ventesimo secolo sono lo spiritismo e la chiromanzia” e questo in un’opera famosa della letteratura che viene definita ‘modernista’(16).

Nell’articolo sul quotidiano milanese Borgese rimproverava i fedeli  ‘towiankisti’ che avevano “ripugnanza di manifestasi in piena luce” nascondendo “quel suo sistema teologico, che agli estranei può facilmente apparire confuso e arbitrario” ed occultando sia “quel suo culto dell’anima di Napoleone Buonaparte che potrebbe anche venir tracciato d’incomprensibilità e di stravaganza” sia quelle che definiva “deboli costruzioni intellettuali sulla reincarnazione” e sugli “spiriti oscuri e benefici”(17).

Bisognava invece far conoscere l’originalità, la novità ed il valore della predicazione del ‘Santo’ ed a questo proposito Borghese invitava caldamente gli “apostoli combattivi” a pubblicare al più presto un libro che esaltasse quello straordinario protagonista di “un fatto capitale del secolo scorso: la preparazione di una nuova ansietà religiosa”(18) che lo aveva spiritualmente affascinato e coinvolto(19).  

Dovevano passare ancora cinque anni e, in pieno conflitto mondiale, l’auspicio di Borghese trovava piena realizzazione perché la figlia di Begey, Maria pubblicava a Milano una “Vita e pensiero di Andrea Towianski”arricchita dalla prefazione del direttore della “Biblioteca filosofica” di Firenze, il giornalista Giovanni Amendola; all’epoca sottufficiale d’artiglieria sul fronte del Friuli e che successivamente doveva diventare uno dei maggiori esponenti del ‘Partito Liberale’, poi ministro delle Colonie ed infine capo dell’opposizione costituzionale al Fascismo.  

Non  é azzardato supporre che a spingere il promettente intellettuale, filosofo e uomo politico a scoprire il profetismo del ‘Santo’ sia stata la moglie Eva Oscaovna Kuhn detta “Magamal”, scrittrice futurista originaria della stessa terra di Toniawski, donna di grande fascino e piena di curiosità con cui Amendola frequentava la “Società Teosofica”(20).

Deluso da questo gruppo che paragonava ad un “vilain cadavre galvanisé par quelques fanatiques”(21) Amendola aveva trovato in Towianski l’essere straordinario che “rifulgerà sempre, per la serietà profonda e per la saggezza di cuore che ispirarono l’opera sua” e pronunciava “parole intense, nitide e indipenticabili, che trapassarono in altri spiriti, illuminando, orientando e facendo di lui un maestro”(22).

Il libro di Maria Bersano Begey rispondeva pienamente all’aspettativa di Borgese di veder narrata la vita del profeta e divulgate le sue dottrine anche negli aspetti più controversi e ‘misterici’ come l’idea che “la nascita nel mondo degli spiriti, così come la nascita nella vita terrena è la morte corporea, oblia la sua natura e i suoi diritti. Ma l’uno e l’altro stato giovano al suo progresso; la penitenza e la purificazione che si compiono dopo la morte, Towianski non le pensa […] in alcun luogo immaginato o lontano: ma nella regione che circonda la terra e sulla terra stessa dove lo spirito ritorna a ripercorrere a tratti il suo cammino”(23).

C’era sempre il mondo delle entità eteree vaganti negli spazi celesti a decidere i destini degli esseri umani. E bisognava pur dirlo.

Una lunga recensione del libro della Bersano Begey comparve subito, e c’era da prevederlo, sul “Corriere della Sera” esaltando la figura del “San Francesco del secolo XIX” e la sua “purezza d’intenzioni”, sottolineando gli stretti rapporti con Mickiewicz, convinti entrambi che “una nuova era del Criistianesimo si aprisse, in cui veramente il Verbo si dovesse compiere in azione, e credevano che Napoleone fosse stato il precursore della nuova età messianica”. Veniva messa in rilievo la loro “credenza nel valore della razza slava” e si esaltava “lo spirito messianico” di cui si sentiva tutto il fascino.

Non una recensione, ma un panegirico(24).

L’autorevole studioso Alessandro Zussini considera il libro della Bersano Begey “il testo fondamentale per la conoscenza del towianismo” pur tenendo presente che lo studio “ebbe per l’autrice il significato di un atto di fede e la sua diffusione quello di una testimonianza”(25).

In quanto tale, esente dall’obbligo dell’imparzialità.

Il libro-testimonianza non passava inosservato al già allora autorevole filosofo Giovanni Gentile che giungeva ad ammettere la “grandezza del Towianski” e della “misteriosa attrattiva che esercita[va] la sua personalità” ma non mancava di mettere in guardia sugli aspetti più sconcertanti e controversi delle sue dottrine, quelle “sui morti e sulla reincarnazione, sulla Francia e su Napoleone, su Israele e sulla Polonia, o sull’anima e sul corpo”(26).

Dopo qualche tempo anche il celebre poeta milanese Clemente Rebora confessava di subire il fascino del misterioso visionario venuto dal Baltico.

Rebora era figlio d’un massone che gli aveva inculcato gli ideali laicisti e nazionalisti ma dopo il conflitto mondiale s’era scoperta una forte vocazione religiosa diventando prete(27) finendo poi all’inizio degli anni Venti col considerare il profeta polacco-lituano “la guida più pura alla comprensione della vita” ed il “realizzatore delle verità eterne del Vangelo”(28).

Forse l’avevano illuminato gli Spiriti.

Roberto Gremmo        

(1) Lorenzo Bedeschi “Lettere ai cardinali di Don Brizio” Edizioni Dehoriane, 1970.

(2) Lamberto Fumo “Le nonne moderniste di Torino” ne “La Stampa”, 26 febbraio 1981.

(3) Fogazzaro fu anche un convinto spiritista e presidente onorario della “Società di Studi Psichici” di Milano. Stefano Bertani “L’ascensione della modernità: Antonio Fogazzaro tra santità ed evoluzionismo” Rubbettino, 2006. L’interesse di Fogazzaro per la Teosofia non era occasionale come provano i suoi rapporti epistolari con Aimée Blech. Mario Pasi “Antonio Fogazzaro e il movimento teosofico: Una ricognizione sulla base di nuovi documenti inediti” in Hans Thomas Hakl (a cura di) “Octagon. La ricerca della totalità. Riflessa in una biblioteca dedicata alla storia delle religioni, alla filosofia e, sopratutto, all’esoterismo” Scientia Nova, 2017.

(4) Antonio Fogazzaro “Il santo. romanzo” Baldini & Castoldi, 1905.

(5) Felice Momigliano “I Popoli Slavi nell’apostolato di Giuseppe Mazzini”nella “Nuova Antologia”, 1915.

(6) Laura Demofonti “La riforma nell’Italia del primo Novecento. Gruppi e riviste di ispirazione evangelica” Edizioni di Storia e Letteratura, 2003.

(7) Isabella Loschiavo Prete “Vincenzo Morello: Rastignac, vita e opere” Rubbettino, 1985.

(8) Gioachino Ambrosini “Occultismo e modernismo: lettere familiari ad un amico” Tipografia Vescovile, 1907. In realtà, Fogazzaro non nascondeva la propria simpatia per la “strana filosofia nella quale il misticismo indiano si mescolava con il misticismo cristiano”. Marco Pasi “Antonio Fogazzaro e il movimento teosofico. Una ricognizione sulla base di nuovi documenti inediti” University on Amsterdam, 2017.

(9) “Una fonte ignorata del Modernismo di Antonio Fogazzaro” nella “Civiltà Cattolica”, volume III, 1912. Bersaglio della durissima critica era una pubblicazione curata da due fra i principali devoti ‘towianskiani’ dove ““il profeta” lituano-polacco “appar[iva] anche ai ciechi maestro di eresia la più radicale” ma si presentava come suo discepolo il celebre predicatore Giuseppe Puecher Passavalli. Per la rivista cattolica, quest’adesione non ci sarebbe mai stata, semplicemente quell’ingenuo “uomo dall’anima esacerbata, dalla fantasia accesa e da altre singolarità strane di un indole portata ad un ibrido misto di libertà e di misticismo” sarebbe stato solo per poco irretito dalla “setta del Towianski” perché con “morbosa esaltazione” osteggiava “un cristianesimo ridivenuto in gran parte pagano”. Attilio Begey e Alessandro Favero “S. E. Monsignor Arcivescovo Luigi Puecher-Passavalli dell’Ordine dei Cappuccini – Ricordi e lettere (1870 – 1897)” Bocca, 1911. In realtà il cappuccino Passavalli noto come “Fra Luigi”, predicatore al Palazzo Apostolico e nominato arcivescovo di Iconio in Turchia, aveva sempre e soltanto avuto “un atteggiamento critico nei confronti del formalismo ecclesiastico e la diuturna meditazione della bibbia aveva accentuato in lui l’amore per la chiesa evangelica e il dolore per le abissali differenze fra quella e la chiesa del tempo”. Alessandro Zussini “Andrzej Towianski. Un riformatore polacco in Italia” Edizioni Dehoriane, 1970.

(10) Orazio Premoli “Andrea Towianski” ne “La Scuola Cattolica”, 1 agosto 1913.

(11) Idem. Premoli sosteneva che Towianski sarebbe stato un maestro della ‘doppia verità’, perché [a]gli amici, agli adepti egli parla in ben diverso modo e questi non solo si sono imbevuti delle sue massime anticattoliche, ma hanno da lui appreso mirabilmente a velare il loro pensiero e ad ingannare il prossimo con affermazioni di pura ortodossia”. Ferita da queste insinuazioni, la biografa e devota towiankiana Bersano Begey doveva criticare questo scritto che, a suo dire, giudicava l’opera del profeta polacco “non già con un tono di aperta e franca opposizione, che pur sarebbe comprensibile, ma di subdolo sospetto e di tendenziose insinuazioni”. Maria Bersano Begey “Vita e pensiero di Andrea Towianski (1799-1878) con prefazione di Giovanni Amendola” Libreria Editrice Milanese, 1918. 

(12)“La Cronaca dei libri. “Frammenti” di Andrea Towianski” nel “Corriere della Sera”, 10 dicembre 1912.

(13) Giuseppe Antonio Borgese “Memorie di una religione ignota” nel “Corriere della Sera”, 31 maggio 1913.

(14) Idem.

(15) Ambra Carta “L’umanesimo civile e cristiano di Giuseppe Antonio Borgese” nella “Critica letteraria”, 2016.

(16) Maurizio Capone “Giuseppe Antonio Borgese, Rubè e il modernismo. Il romanzo modernista, la poetica del romanzo in Borghese critico e le emersioni moderniste di Robè” Università degli Studi di Macerata, Diparimento di Studi Umanistici, anno accademico 2018-2019.

(17) Giuseppe Antonio Borgese “Memorie di una religione ignota” nel “Corriere della Sera”, 31 maggio 1913.

(18) Idem.

(19) L’apologia delle teorie teosofiche è presente nel volume “I vivi e i morti”pubblicato con Mondadori nel 1923 da Borghese che nel 1927 non dimenticava di citare Towianski nella selezione dei suoi scritti sulle esperienze ideali e culturali del secolo precedente che maggiormente lo avevano coinvolto. Critica ed estetica. Ottocento europeo” nel “Corriere della Sera”, 6 febbraio 1927.

(20) Durante il Fascismo la “Società Teosofica” era stata oggetto d’una circostanziata indagine poliziesca che aveva bollato la sua ispiratrice Annie Besant e gli altri capi come personaggi “al servizio dell’Inghilterra, di una politica inglese” col pretesto di [f]ormare un nucleo della fratellanza universale dell’umanità, senza distinzione di razza, di credenza, di sesso, di casta e di colore”,  Il filosofo indiano Jddu Krishnamurti e la profetessa Besant proclamavano di voler “aiutare lo sviluppo negli adepti dei poteri misteriosi, la possibilità di conseguire la conoscenza diretta dello spirito universale, la liberazione delle basse forme costruttive della vita, lavorando per il cangiamento delle forme attuali degli Stati, per condurre i popoli alla capacità dello auto-governarsi, sotto la guida occulta dei maestri misteriosi. Superiori incogniti, che nell’Ordine si manifestano attraverso la chiaroveggenza dei capi dei gruppi nazionali”. Archivio Centrale dello Stato, Pubblica Sicurezza, Affari Generali Riservati (Categoria G1, busta 120). Ministero dell’Interno “SOCIETA’ TEOSOFICA E ATTIVITA’ SUSSIDIARIE”, 7 settembre 1929. Fra i capi del movimento teosofico venivano notatii “noti massoni influenti” Ettore Maddalena e la contessa Carlotta Reghini a Torino; Giuseppe Gulli Rao e Piero Cragnolini a Milano; Ester Ascarelli vedova di Dario Ascarelli a Napoli; Adelchi Borzi a Palermo; Giovan Battista Gelanzè, la marchesa Carla Vitelleschi e Luigi Meloni a Roma. Archivio Centrale dello Stato, Pubblica Sicurezza, Affari Generali Riservati (Categoria G1, busta 120). Ministero dell’Interno “SOCIETA’ TEOSOFICA E ATTIVITA’ SUSSIDIARIE”, 7 settembre 1929. La vasta schiera del teosofi italiani pur controllati strettamente dalla Polizia Politica di Mussolini non fece nulla di illegale o sospetto. Roberto Gremmo “Fascismo e magia. Occultisti, visionari e gruppi esoterici nell’Italia di Mussolini” Storia Ribelle, 2019. Nel 1929 un informatore livornese della “Polizia Politica” manifestava i peggiori sospetti per l’ostentata esibizione da parte dei teosofi d’un particolare distintivo “costituito da una medaglia tonda racchiusa da un serpente la cui bocca e coda stringe un piccolo ovale dove è impressa una specie di crocetta greca che significa “svastica” (fuoco creatore); nel centro due squadre con nel centro due piccoli martellini o una specie di essi che significano “tan” (uomo)”. Archivio Centrale dello Stato, Polizia Politica (Materia, busta 100). Appunto anonimo “ANCORA DELLA ASSOCIAZIONE TEOSOFICA a Livorno”, 1 giugno 1929.

(21) Giovanni Amendola “Carteggio (1897-1909” Laterza, 1986. La giovanile frequentazione esoterica e la “bieca anima di teosofo” gli venivano ancora rinfacciate nel 1925 dal foglio fascista di Lucca cui appartenevano i sicari che di lì a poco dovevano aggredirlo a Montecatini.  “Programma di governo ed inconsistenza aventiniana” ne “L’Intrepido”, 28 maggio 1925.

(22) Giovanni Amendola prefazione a Maria Bersano Begey “Vita e pensiero di Andrea Towianski (1799-1878) con prefazione di Giovanni Amendola” Libreria Editrice Milanese, 1918. 

(23) Maria Bersano Begey “Vita e pensiero di Andrea Towianski (1799-1878) con prefazione di Giovanni Amendola” Libreria Editrice Milanese, 1918. 

(24) Veniva sottolineata l’importanza d’un libro che faceva conoscere al grande pubblico un personaggio singolare che “ebbe lo spirito d’un riformatore senza propositi di ribellione. Egli si proclamava e si sentiva cattolico. Non affrontò dogmi: non disconobbe l’autorità del Pontefice, dal quale anzi più d’una volta invocò una più giusta e paterna considerazione dell’Opera. Ma ebbe contro il clero: i resurrezionisti polacchi, specialmente furono implacabili; e, naturalmente, i gesuiti. Ciò che importa rinnovare nella Chiesa, secondo il Towianski, non è nè la sua costituzione dogmatica, ma è l’anima dei credenti, i pastori e le greggi. Non si tratta di sollevar nuove interpretazioni del Vangelo, ma di riavvicinarsi al Vangelo”. ‘indez’ “La Cronaca dei libri” nel “Corriere della Sera”, 4 maggio 1918. Insomma, dal libro, “scritto da una fedele dell’Opera di Dio, animata di fervore apologetico e d’una naturale inclinazione al proselitismo”, la figura del Towiansky usciva come quella d’un innocuo e benefico dispensatore di beatitudine e di serenità, per niente pericoloso né fuori norma, ma osteggiato dalle gerarchie. Una descrizione che nell’epoca delle forti contese laiciste era gradita e gratificante.

(25) Alessandro Zussini “Andrzej Towianski. Un riformatore polacco in Italia” Edizioni Dehoriane, 1970.

(26) L’elogio era comunque condizionato perché il  filosofo siciliano sosteneva che alcuni aspetti del ‘towianesimo’ “mostrerebbero una mentalità piuttosto mediocre, e comunque non meritevole di tutta questa considerazione”. Giovanni Gentile “Andrea Towianski” ne “Il nuovo giornale”, 20 aprile 1918 ora in Giovanni Gentile “Il Modernismo e i rapporti fra religione e filosofia”Sansoni, 1962.

(27) Fiammetta D’Angelo “La grande guerra di Clemente, Itinerarium Poësis in Deum” Edizioni Studium, 2017.

(28) “Clemente Rebora – Al fratello Piero”, 27 dicembre 1922 in appendice ad Alessandro Zussini “Tancredi Canonico (1828-1908), Il riformismo religioso di un presidente del Senato” Edizioni QuattroVenti, 2003. Un altro uomo di cultura che si dichiarò apertamente fedele al messaggio spirituale ‘towianskiano’ fu il pittore Andrea Fossombrone di Zara che nel 1923 progettava a Milano la creazione di una “libera fraternità militante”denominata “Milizia spirituale” e dipingeva soggetti di natura religiosa. Eva Tea “Andrea Fossombrone” in “Arte Cristiana” n. 518, maggio-giugno 1964.