Il genocidio armeno
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 35/19 del 24 aprile 2019, San Fedele da Sigmaringa
Il genocidio armeno
Ricordiamo l’anniversaio del genocidio armeno del 1915 con il testo di una celebre canzone di Charles Aznavour e con i link ai nostri comunicati degli ultimi anni.
Ils sont tombés
Ils sont tombés, sans trop savoir pourquoi
Hommes, femmes, et enfants qui ne voulaient que vivre
Avec des gestes lourds comme des hommes ivres
Mutilés, massacrés, les yeux ouverts d’effroi.
Ils sont tombés en invoquant leur Dieu
Au seuil de leur église ou au pas de leur porte
En troupeau de désert, titubant, en cohorte
Terrassés par la soif, la faim, le fer, le feu.
Nul n’éleva la voix dans un monde euphorique
Tandis que croupissait un peuple dans son sang
L’Europe découvrait le jazz et sa musique
Les plaintes des trompettes couvraient les cris d’enfants.
Ils sont tombés pudiquement, sans bruit,
Par milliers, par millions, sans que le monde bouge,
Devenant un instant, minuscules fleurs rouges
Recouverts par un vent de sable et puis d’oubli.
Ils sont tombés, les yeux pleins de soleil,
Comme un oiseau qu’en vol une balle fracasse
Pour mourir n’importe où et sans laisser de traces,
Ignorés, oubliés dans leur dernier sommeil.
Ils sont tombés en croyant, ingénus,
Que leurs enfants pourraient continuer leur enfance,
Qu’un jour ils fouleraient des terres d’espérance
Dans des pays ouverts d’hommes aux mains tendues.
Moi je suis de ce peuple qui dort sans sépulture
Qui choisit de mourir sans abdiquer sa foi,
Qui n’a jamais baisser la tête sous l’injure,
Qui survit malgré tout et qui ne se plaint pas.
Ils sont tombés pour entrer dans la nuit
Eternelle des temps, au bout de leur courage
La mort les a frappés sans demander leur âge
Puisqu’ils étaient fautifs d’être enfants d’Arménie.
Sono caduti
Sono caduti, senza sapere veramente il perché
Uomini, donne e bambini che volevano solo vivere
con gesti pesanti come gli uomini ubriachi
mutilati, massacrati, con gli occhi spalancati dallo spavento.
Sono caduti invocando Iddio
sulla soglia della Chiesa o della loro porta
a greggi da deserto, titubando, a coorti
stremati dalla sete, la fame, il ferro, il fuoco.
Nessuno alzo’ la voce in un mondo euforico
mentre un popolo ristagnava nel proprio sangue
L’Europa scopriva il jazz con la sua musica
i lamenti delle trombe coprivano le grida dei fanciulli.
Sono caduti pudichi, senza rumore,
a migliaia, a milioni, senza che nessuno si movesse,
diventando per un istante, minuscoli fiori rossi
ricoperti da un vento di sabbia e di oblio.
Sono caduti, con gli occhi pieni di sole,
come un uccello che una pallottola trafigge in volo
per morire in un qualunque posto e senza lasciare nessuna traccia
ignorati, dimenticati nel loro ultimo sonno.
Sono caduti credendo con ingenuità
che l’infanzia dei propri figli sarebbe potuta continuare,
che un giorno avrebbero calcato terre di speranza
in paesi aperti di uomini dalle mani tese.
Io sono di questo popolo che dorme senza sepoltura
che sceglie di morire senza abdicare la propria fede,
che non ha mai abbassato la testa sotto l’ingiura,
che sopravvive nonostante tutto e non si lamenta.
Sono caduti per entrare nella notte
etterna dei tempi, agli estremi del loro coraggio
la morte li ha colpiti senza chiedere loro l’età
poiché erano colpevoli di essere figli di Armenia.
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