Il centenario della nascita di Cristina Campo
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 49/23 del 2 maggio 2023, Sant’Atanasio
Il centenario della nascita di Cristina Campo
Il 29 aprile 2023 è stato il centenario della nascita di Cristana Campo (1923 – 1977). La ricordiamo soprattutto per quello che ha fatto in difesa della Messa Romana, con alcuni passi del libro di don Francesco Ricossa dedicati alla complessa figura della scrittrice.
Nel 1969 a Roma Cristiana Campo seppe riunire e coordinare – nelle ore tragiche della sostituzione del Santo Sacrificio della Messa con il rito di Paolo VI – un coraggioso gruppo di teologi e di liturgisti: il risultato più importante fu il “Breve esame critico del Novus Ordo Missæ” (aprile-maggio 1969), redatto principalmente da padre Guérard des Laurieres, o.p. Il testo fu poi sottoscritto nel settembre 1969 dai cardinali Ottaviani e Bacci e presentato a G.B. Montini. Preghiamo san Pio V e san Pio X per il riposo della sua anima.
Cristina Campo, o l’ambiguità della Tradizione
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Cristina Campo ou l’ambiguïté de la tradition
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“Quando leggo il Catechismo del Concilio di Trento, mi sembra di non avere niente in comune con la religione che vi è esposta. Quando leggo il Nuovo Testamento, i mistici, la liturgia, quando vedo celebrare la messa, sento una specie di certezza che quella fede è la mia o, più esattamente, sarebbe la mia senza la distanza posta tra essa e me dalla mia imperfezione. Questo crea una situazione spirituale penosa”.
Queste parole, con le quali inizia la sua Lettera a un religioso (scritta nel 1942, edita postuma nel 1951), sono di Simone Weil, ma avrebbero potuto essere state scritte da Cristina Campo e descriverne l’animo travagliato.
Di Campo (nom de plume – il più noto di tanti – di Vittoria Guerrini) ho già parlato sulla rivista Sodalitium a proposito del Breve Esame Critico del Novus Ordo Missæ (n. 50, p. 71) mentre nell’articolo di Padre Torquemada sul tradizionalismo italiano (Costruiremo ancora cattedrali: l’esoterismo cristiano da Giovanni Cantoni a Massimo Introvigne) si è parlato di Elémire Zolla e, più in generale, di quell’ambiente del quale Zolla e la stessa Campo hanno fatto parte.
Morta a 53 anni nel 1977, di Campo fu pubblicato ben poco durante la sua vita: “ha scritto poco – disse di sé – e le piacerebbe aver scritto meno”. La celebrità postuma è dovuta al suo amico di sempre, Roberto Calasso, responsabile della raffinata casa editrice neo-gnostica Adelphi (“bestia nera” – a giusto titolo – di autori come Vassallo e Blondet – sul quale van fatte però non poche riserve), che ne sta curando la pubblicazione delle Opere [vedi bibliografia].
Su di lei si sono svolti numerosi convegni: al Lyceum di Firenze, nel 1997, per i vent’anni dalla scomparsa, e l’anno seguente, il 19 aprile, al Monastero di Bose di Enzo Bianchi (Bose è una sorta di Taizé italiana, solo più giudaizzante), per ultimo, un congresso vaticano dedicato agli scrittori cattolici contemporanei; di tutto ciò ha parlato ampiamente la stampa.
Nel luglio del 2000, il numero 51 della rivista che dirigo, Sodalitium, annunciava la prossima pubblicazione di questo mio saggio su Campo (Cristina Campo: quale tradizione?, in Sodalitium, n. 51, p. 68). Esso era diretto anzitutto al lettore della rivista e agli amici del nostro piccolo Centro librario.
Sodalitium infatti non può disinteressarsi di Campo (figura in ogni caso di per sé affascinante) a due titoli, di per sé contraddittori: quello di personaggio di rilievo di quell’esoterismo cristiano che noi combattiamo e quello, invece, di una donna che volle (per usare una sua espressione) fare tutto il possibile per “salvare la messa romana” che noi amiamo: il Breve Esame Critico del Novus Ordo Missæ [BEC] presentato dai Cardinali Ottaviani e Bacci fu un “intervento il cui onore deve essere attribuito a colei [Campo] che ne concepì il progetto, ne portò il peso e ne morì d’agonia” (Mons. M.-L. Guérard des Lauriers, nota al Breve esame critico del Novus Ordo Missæ edito dalle Editions Sainte Jeanne d’Arc, Villegenon, p. 5).
Altri impegni e altri interessi mi fecero mettere da parte un opuscolo già quasi completato. I temi più importanti di questo mio scritto sono stati trattati nel frattempo da altri autori, più solerti e diligenti di me: nel 2002 Cristina De Stefano ha dato alle stampe la prima biografia di Campo, Belinda e il mostro (sempre per le edizioni Adelphi); lo stesso anno, e in risposta alla De Stefano, Gianni Rocca ha criticato su Studi Cattolici, l’esoterismo di Campo; infine, nel 2004, don Claude Barthe e Alex Campo hanno tracciato la storia del Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae, che tanto deve a Campo.
Malgrado questi recenti interventi, sono convinto che valga ancora la pena di dare alle stampe anche il mio piccolo contributo su Campo: giudicherà il lettore se ne valeva la pena. Non ho conosciuto personalmente Campo: ho letto quasi tutto quello che è stato pubblicato da lei e su di lei, ed ho ritrovato anche alcuni inediti; ho interrogato infine alcuni di coloro che l’hanno conosciuta… Ciò nonostante errori e fraintendimenti sono sempre possibili: a Dio, come per tutti noi, il giudizio finale. (pagg. 5-7)
(…) “La noce d’oro” è un racconto di Campo (FN, pp. 219-232) dove narra la sua infanzia a Bologna, dal suo battesimo, quando la madrina le regalò la medaglietta d’oro coi suoi nomi di battesimo, al cimitero della Certosa, ov’è la tomba di famiglia, e dove legge gli stessi nomi che lei porta, ricordando la madre che le dice: “prega per loro”. Anch’io, anni fa, cercai la tomba dei Putti, dove ora giace anche Cristina Campo. Di fronte al silenzio della Certosa, mi chiedevo quello che ogni sacerdote, ogni vero cristiano si chiede di un’anima di fronte alla morte: è salva? È salva l’anima di Vittoria Guerrini?
Di fronte a questa domanda, risponde sempre il silenzio di Dio, fino al giorno del giudizio. Al cimitero, un tempo silenzioso convento della Certosa, Campo giunse da sola, dopo il frettoloso funerale celebrato a Sant’Anselmo (con che rito? Con che Messa?), dov’era iniziato il suo ritorno a Dio, dove erano state celebrate le esequie dei genitori. Lì, aveva deciso di salvare la Messa.
Non posso dimenticare che la Messa che celebro ogni giorno, contribuì a salvarla. Ella temeva fosse per sempre scomparsa, ed invece la Provvidenza l’ha salvata; la Chiesa non è finita. Non posso dimenticare che lessi, ragazzo, Un Vescovo parla, Detti e fatti dei padri del deserto… senza neppure sapere chi fosse Cristina Campo. Non posso dimenticare che fuori dalla chiesa della SS. Trinità di Torino, dove celebrava Mons. Attilio Vaudagnotti il Missale Romanum, mi iscrissi a Una Voce (era il 1974), l’Una Voce di Cristina Campo. Ed il pensiero degli errori nei quali Campo fu coinvolta, delle catene che non seppe o non volle spezzare, e che ho lungamente esposto in questo scritto, mi rattristano l’animo.
Si è persa allora eternamente, Vittoria Guerrini? Levo lo sguardo al Cielo, e si vede, sopra la Certosa, il Santuario della Madonna della Guardia, la Madonna di san Luca, cara a tutti i bolognesi, che domina e protegge la città… “L’ho portata con me a visitare questa immagine”, scrive Campo su di una cartolina della Madonna di San Luca indirizzata a Mita (M., pp. 247 e 371), “a cui mia Madre mi affidò bambina. Le ottenga un dolcissimo Natale e un anno nuovo benedetto”. “A questa icona mia Madre mi affidò bambina – scrisse ancora a Laura Roversi – ne porto al collo la medaglia”.
Campo non morì improvvisamente, come Leone Traverso. Dopo più di un anno di malattia, si aggravò il sabato, per morire tra la domenica e il lunedì; nessuno, tra gli amici, biografi, coloro che hanno parlato di lei, ci dice se ha ricevuto i Santi Sacramenti. L’ho chiesto io al cardinal Mayer, allora arcivescovo e tornato a Roma. Fu lui – mi disse – ad amministrare a Campo i Santi Sacramenti (con quale rito?), in quell’ultima, breve malattia.
Ed io spero che la Madonna di San Luca, Madre di Misericordia, non avrà abbandonato, in hora mortis suae, la bambina che le era stata affidata tanto tempo prima. Davanti alla tomba spoglia di Campo, dico anch’io, come nella Noce d’oro: “pregate per lei”. (pagg. 32-34)