Gli Zuavi e la piccola Rosa vittime del terrorismo mazziniano
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 79/24 del 22 ottobre 2024, Santa Maria Salome
Gli Zuavi e la piccola Rosa vittime del terrorismo mazziniano
22 ottobre 1867: la ‘strategia delle tensione’ mazziniana organizza a Roma un attentato terroristico a pochi passi dal Vaticano. La caserma Serristori deglii Zuavi Pontifici viene fatta esplodere, provocando la morte di 25 giovani Zuavi della banda musicale e di alcuni passanti, tra cui la piccola Rosa Ferri e il padre Francesco.
Pubblichiamo i nomi degli Zuavi Pontifici uccisi nell’attentato terroristico, elenco stilato da Fulvio Izzo nel libro “L’attentato del fermano Giuseppe Monti alla Caserma Serristori nella insurrezione romana del 1867” (Maroni Editore, Ripatransone, 1994):
Carmine Carletti di Olevano
Luigi Carrey di Arbois
Giuseppe Cesaroni di Roma
Fortunato Chiusaroli di Roma
Emilio Claude di Nancy
Federico Cornet di Namur
Alessio Desbordes d’Ilê de Oléron
Cesare Desideri di Roma
Federico De Dietfutr di Colmar
Giovanni Devorscek di Bologna
Luigi Flamini di Roma
Giovanni Lanni di Roma
Eduardo Larroque di Cahors
Michelangelo Mancini di Roma
Pietro Mancini di Roma
Stefano Melin di Moulins
Francesco Mirando di Portici
Antonio Partel di Vigo, Tirolo
Giacomo Poggi di Genova
Andrea Portauovo di Napoli
Edmondo Robinet di Saint-Pol-de-Leon
Nicola Silvestrelli di Roma
Oreste Soldati di Palestrina
Domenico Tartavini di Roma
Vittore Vichot di Parigi.
Di Rosa Ferri parla la ricercatrice Marianna Borea: “A Rosa Ferri questa bambina che indossa quel giorno un vestitino azzurro, nel terzo anniversario della morte (22 ottobre 1870, ndr) andò l’omaggio di molti romani che si recarono al rione Borgo per deporre dei mazzi di fiori con degli enormi nastri azzurri, ma essendo l’azzurro anche il colore della divisa degli Zuavi, il gesto fu male interpretato dai carabinieri italiani che dispersero i manifestanti e arrestarono gli uomini e i ragazzi che si trovavano nel gruppo” (Marianna Borea, L’Italia che non si fede, Armando Editore, 2013, pag. 248).
Anche il “Notiziario Storico dell’Arma dei Carabinieri” (Anno IV, Numero 5, 2019) si occupa della vicenda, con una breve descrizione romanzata dell’attentato, con l’autore che immagina il padre di Rosa come un fervente patriota ucciso, insieme alla figlia, dal “fuoco amico”:
«…Tata, così chiamiamo i papà a Roma, me diceva “tranquilla ragazzì! er Generale ariverà presto e presto saremo italiani!” io lo immaginavo quel momento ma mi sembrava così lontano. Io me chiamo Rosa, Ferri…»
«… sta sera papà e mamma me portano a fa na passeggiata, vonno che respiri l’aria de fermento che infiamma Roma, ma in giro non c’è nessuno, sembra che tutti dormano già, guardo Tata e i suoi occhi sembrano sognanti…»
«…era la sera di martedì 22 ottobre 1867 (…) papà ha visto due o tre uomini correre come matti via da Borgo, e noi altrettanto de corsa ci siamo avvicinati pe vede quello che succedeva. Il forte botto lo ricordo bene, un lato della caserma però poi più nulla. Io e papà volammo via e atterrammo l’uno su l’altra. Mamma era rimasta più addietro perché con la gonna e le sottane coreva piano e fu raggiunta da qualche scheggia e ferita. Così me ne andai con lo sguardo al cielo abbracciata a Tata…»