Giovanni Paolo II: dal mea culpa al muro del pianto
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 22/21 del 5 marzo 2021, San Teofilo
Giovanni Paolo II: dal mea culpa al muro del pianto
I cattolici di oggi (più o meno “tradizionalisti”) hanno dimenticato velocemente le pagine più gravi e vergognose dei “pontificati” dei predecessori di Bergoglio. Risulta dunque di estrema utilità rileggere le annate passate di riviste serie e documentate come “Sodalitium”. Oggi proponiamo un’analisi della clamorosa “giornata del perdono” del 2000, voluta da Giovanni Paolo II, che preparò la visita altrettanto clamorosa al “muro del pianto” giudaico. All’epoca Joseph Ratzinger era il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (cioè del modernismo), garante dell’applicazione devastante del Concilio.
Editoriale di Sodalitium n. 51, luglio 2001
(…) Giovanni Paolo II preparava da tempo i cattolici a questo “anno santo” del 2000; purtroppo i programmi si stanno realizzando l’uno dopo l’altro. La “giornata del Perdono”, celebrata nella Basilica di San Pietro la prima domenica di Quaresima, 12 marzo 2000, è stata definita a ragione da Giovanni Paolo II una “giornata storica”. Egli ha denunciato “errori, colpe e deviazioni del passato” che sarebbero state commesse da dei “figli della Chiesa”, e per le quali ha chiesto perdono. In realtà, e tutti lo sanno bene, questi “errori, colpe e deviazioni del passato” non sono state commesse da anonimi “figli della Chiesa”, ma dalla suprema gerarchia della Chiesa, in nome della Chiesa e della sua dottrina. Quella di Giovanni Paolo II è quindi in realtà una abiura solenne della Chiesa cattolica, dei suoi Pontefici, dei suoi santi, dei suoi dottori… Mai fino ad ora egli – e quanti sono in comunione con lui – si era avvicinato così ampiamente all’ammissione esplicita della contraddizione esistente tra il “concilio Vaticano II” e la dottrina e la prassi della Chiesa cattolica, in un impressionante “auto da fe” al contrario. Questa cerimonia – si dice – avrebbe dovuto avvicinare alla Chiesa quanti le sono lontani, quanti da secoli le rimproverano l’intolleranza del passato. Avrebbe dovuto avvicinare alla Chiesa un uomo come Indro Montanelli, ad esempio. Sulle parole pronunciate da Giovanni Paolo II, egli scrive che “hanno lasciato senza fiato anche un laico come me”.Un “laico” stimato da Giovanni Paolo II, che lo volle ricevere, qualche anno fa, nel suo appartamento privato, trattenendolo poi a pranzo. E Montanelli racconta, sul Corriere della Sera(9/3/00, p. 1): “capii, o credetti di capire che quel Papa (…) avrebbe lasciato dietro di sé un cumulo di macerie: quelle della struttura autoritaria e piramidale della Curia romana. Ora mi sembra di capire – prosegue Montanelli –che quella intuizione vagamente catastrofica peccava, sì, ma per difetto: quelle che Papa Wojtyla si lascerà dietro non sono le macerie soltanto della Curia, ma della Chiesa, o almeno di quella che da duemila anni siamo abituati a considerare tale e ci portiamo, anche noi laici, nel sangue. Nella sua lunga storia la denuncia degli errori commessi in suo nome non rappresenta una novità, anche se l’uso che se ne è fatto in questi ultimi tempi, e che sconfina nell’abuso, ci ha lasciato alquanto interdetti. Ma rubricare fra i propri errori, anzi addirittura – se abbiamo ben capito – fra le proprie colpe anche gli scismi e le conseguenti scomuniche delle altre chiese cristiane, ortodosse e protestanti, suggerisce anche a noi laici la smarrita domanda: ‘Ma allora…?’. È – ripeto – uno smarrimento. Ma più che legittimo, mi sembra”. Nefas est ab inimicis discere! E purtroppo ancora una volta sono i nemici della Chiesa a avvicinarsi di più alla verità…
Il “sospetto”di Montanelli è che Giovanni Paolo II, per ottenere la collaborazione dei protestanti e degli “ortodossi” alla ‘nuova evangelizzazione’ sia disposto anche al “sacrificio del proprio primato”. A chi si scandalizza a questa prospettiva, il card. Martini ricorda le parole di Giovanni Paolo II stesso in Ut unum sint…
Ma la posta in gioco è più grande. Se ai “fratelli separati” bisogna sacrificare il Primato romano, ai “fratelli maggiori” bisognerà sacrificare… la divinità di Cristo? Tutti i commentatori (e soprattutto le autorità israeliane, civili e religiose) si sono accorti di come il gesto del 12 marzo, pur così importante, fosse essenzialmente propedeutico al viaggio di Giovanni Paolo II in Israele, durato dal 20 al 26 marzo. Nel documento della Commissione teologica internazionale ‘Memoria e riconciliazione’ riguardante le “colpe” del passato, l’unico gruppo religioso o sociale esplicitamente nominato al quale si chiede perdono è il giudaismo, ovvero l’erede spirituale del farisaismo.
Il 26 marzo Giovanni Paolo II si è recato al Muro del Pianto e, con un gesto di preghiera ebraico, ha introdotto nelle fessure del muro di quel Tempio distrutto materialmente dai romani il 29 agosto 70, ma per volontà di Dio stesso, in punizione del deicidio (cf. Matth. XIV, 38ss), la domanda di perdono al popolo ebraico per l’attitudine passata della Chiesa nei suoi confronti.
Leggiamo sulla Contre-Réforme Catholique(dalla quale tuttavia, spesso, dissentiamo): «Dopo il 1967, lo spazio creato davanti al muro è diventato un luogo di culto. Per il cardinal Lustiger il gesto del Papa al muro occidentale è un vero e proprio gesto liturgico: ‘Ha pregato, ha pregato come un credente, che sa che questo muro di Erode è il muro del Tempio ove risiede la gloria di Dio (…). E se ha chiesto perdono, è perché è il suo ruolo di pontefice chiedere perdono in nome dei fedeli dei peccati commessi’ (La Croix, giovedì 6 aprile). Giovanni Paolo II ha quindi agito nella veste di sommo sacerdote ebraico. Per noi cattolici, la ‘gloria di Dio’ risiede in ‘tutti i tabernacoli della terra’ ed Essa si trova ‘orribilmente oltraggiata’, secondo le parole dell’angelo di Fatima, da quanti gli voltano le spalle, dopo 2000 anni, per adorare oggi… delle pietre!”. “‘Gesto inaudito’, titola La Croix di lunedì 27 marzo. In effetti, è il mondo alla rovescia! Per misurare la strada percorsa, basta mettere a confronto, da un lato ‘le poche frasi scritte sul foglio, che il muro nasconde dal vento, che esprimono il pentimento della Chiesa nei confronti del popolo ebraico’ e, d’altra parte, le parole pronunciate da San Pietro duemila anni fa per esortare il medesimo popolo ebraico… a un pentimento al contrario!
La preghiera di Giovanni Paolo II al Muro del Pianto è un fatto così sconvolgente che forse solo la rivelazione (che deve essere ancora confermata da prove certe) fatta dallo scrittore israeliano Yoram Kaniuk su Repubblica del 22 marzo 2000 (p. 15) può spiegare: “È assurdo– scrive Kaniuk – aspettarsi che il Papa esprima un rincrescimento maggiore o che si scusi più di quanto non abbia fatto per la Shoah e l’Inquisizione e per i millenni di odio. Non ha per questo nessun mandato dai suoi predecessori che, per il fatto stesso di essere papi, non potevano sbagliare. Egli ha invece un mandato di amore da parte del suo Dio e viene da sua madre,vuoi per estraniarsene in quanto cristiano, vuoi al tempo stesso per chiederle pietà, in quanto orfano di una ebrea”.In realtà, la madre e il padre di Karol Wojtyla erano entrambi battezzati. Ma forse Yoram Kaniuk sa qualche cosa di più, sulla linea di quanto scritto da Sodalitium in Karol, Adam, Jacob (n. 49, p. 30).
Checché ne sia delle intime convinzioni di Giovanni Paolo II, note solo a Dio, tutti i collaboratori di Sodalitiumsi sentono in dovere di difendere pubblicamente, in questa occasione, l’onore della Chiesa. Non rinneghiamo la Chiesa. Non rinneghiamo il suo passato. Non rinneghiamo gli scritti dei Padri della Chiesa. Non rinneghiamo gli anatemi e le scomuniche degli eretici e degli scismatici. Non rinneghiamo i Papi che hanno promosso delle guerre dolorose ma necessarie contro infedeli, eretici o scismatici, ed i santi canonizzati che le hanno predicate o combattute. Non rinneghiamo il Tribunale del Sant’Uffizio dell’Inquisizione dell’eretica pravità, i Papi che lo hanno istituito e presieduto fino al Concilio, i Santi che lo hanno difeso e ne hanno svolto le funzioni. Non ci vergognamo della Chiesa. Ci vergognamo di chi si vergogna della Chiesa. Di chi non acconsente ma tace, e tacendo acconsente. Di chi attribuisce alla Chiesa questo rinnegamento del passato, della dottrrina e della prassi della Chiesa.
Questo doveroso rifiuto di una dottrina e di una prassi adulterata che ci viene da chi occupa la Sede di Pietro (ma non ne esercita l’autorità!) non ci abilita però a creare – poco a poco, ma inesorabilmente – un’altra Chiesa. Stiamo preparando infatti – non senza una profonda tristezza – un voluminoso dossier sui “tribunali canonici” della Fraternità San Pio X. Dal 1991 – vivente Mons. Lefebvre – la Fraternità San Pio X si è arrogata il “potere di legare e di sciogliere” sui suoi fedeli (e potenzialmente, su tutti i cattolici), usurpando i poteri esclusivi della Santa Sede. Un tribunale che siede nella Casa generalizia della Fraternità in Svizzera accorda le dispense dagli impedimenti matrimoniali (che renderebbero invalido il legame), annulla i matrimoni, dispensa dai voti religiosi, toglie le censure ecclesiastiche, incluse le scomuniche… Lo fa con grande discrezione, senza averne quasi parlato nelle sue riviste rivolte al pubblico, rivelando un grande imbarazzo. Ma lo fa. Da almeno 9 anni. Lo fa in maniera del tutto invalida, mettendo così degli uomini, delle anime, in una situazione inestricabile: i voti che scioglie non sono sciolti, i matrimoni che annulla non sono annullati, quelli che vengono celebrati dopo la “dichiarazione” di nullità sono invalidi, come invalidi sono quelli celebrati con una “dispensa” inesistente. Se i “conclavisti” hanno eletto i propri “papi”, la Fraternità ha costituito a Menzingen una “curia romana” da operetta ed una “santa sede” parallela… Il secondo caso ci sembra più grave, in quanto, se nessuno segue gli pseudo-papi in questione, molti ancora credono ciecamente agli eredi di Mons. Lefebvre.
Di fronte a queste macerie, nel campo “progressista” come in quello “tradizionalista”, siamo presi da un grande sconforto. Domine, salva nos, perimus!La nostra speranza è tutta nel Signore: la Chiesa è Sua, e non la lascerà perire: le porte dell’inferno non prevarranno contro di Essa. Se solo quanti tacciono, in entrambi i campi, se solo quanti si nascondono avessero il coraggio di fare qualcosa! Perché, se certamente la Chiesa si salverà, non altrettanto certamente le anime disorientate da tanti scandali giungeranno alla salvezza. Di questi peccati, di questi scandali, dovremmo tutti chiedere sinceramente perdono!
Teshuvà di Giovanni Paolo II:‘Dio dei nostri padri, tu hai scelto Abramo e la sua discendenza affinché il tuo nome sia conosciuto in mezzo alle nazioni: Noi siamo profondamente rattristati dal comportamento di coloro che, nel corso della storia, li hanno fatti soffrire, loro che sono i tuoi figli, e domandandoti perdono, vogliamo ingaggiarci a vivere un’autentica fraternità con il popolo dell’alleanza’.
Kerigma di san Pietro:‘Uomini d’Israele, pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro’ (Atti 2, 38-40)». (CRC, n. 366, aprile 2000, p. 2)
https://www.sodalitium.biz/sodalitium_pdf/51.pdf pagg. 2-4.
Testo ufficiale della “Confessione delle colpe e richiesta di perdono” che si è svolta il 12 marzo 2000 nella basilica di San Pietro in Vaticano, in cui si parla anche “degli immigrati e degli zingari”(Bergoglio ha avuto dei “buoni” maestri).
http://www.vatican.va/news_services/liturgy/documents/ns_lit_doc_20000312_prayer-day-pardon_it.html