Europei Under 21: un calcio al razzismo israeliano
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 58/13 del 10 giugno 2013, Santa Margherita
Europei Under 21: un calcio al razzismo israeliano
“Se siamo critici con i cori razzisti contro i giocatori di colore in Europa, perché non critichiamo tutto il sistema razzista che lo stato di Israele ha creato e rafforzato contro i palestinesi?”
È il giugno del 2011 e 42 squadre di calcio palestinesi rivolgono a Michel Platini, presidente della UEFA, un appello: rivedere la decisione di tenere i campionati europei di calcio Under 21 in Israele il prossimo giugno (dal 5 al 18). Non è infatti accettabile che un paese che occupa militarmente la Palestina, non rispetta il diritto internazionale e viola sistematicamente i diritti umani ospiti un evento sportivo. Si andrebbe a premiare una condotta che ha superato il limite della legalità.
A seguito della richiesta presentata a Platini è nata la campagna ‘Cartellino Rosso al razzismo israeliano’ (RCIR) promossa dal movimento globale BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) lanciato dalla società civile palestinese nel 2005 che, ad ora, ha raccolto quasi 20mila firme online in protesta alla decisione della UEFA. “Se siamo critici con i cori razzisti contro i giocatori di colore in Europa, perché non critichiamo tutto il sistema razzista che lo stato di Israele ha creato e rafforzato contro i palestinesi?”, si chiede il coordinatore del RCIR Geoffrey Lee.
Non sono rimasti a guardare nemmeno circa 60 giocatori dei più importanti campionati europei che hanno deciso il dicembre scorso di firmare un appello di solidarietà in cui si chiedeva alla UEFA di rinunciare all’assegnazione a Israele dei campionati europei Under 21. Ma non solo: veniva richiesto alla comunità internazionale di mobilitarsi per proteggere i palestinesi che, malgrado il cessate il fuoco entrato in vigore dopo l’operazione militare Pillar of Defense, continuano a vivere sotto occupazione. Infine, si auspicava l’immediata scarcerazione del portiere della squadra olimpica palestinese Omar Abu Rois e il giocatore di Ramallah Mohammed Nimr, detenuti in Israele dal febbraio scorso senza prove né processo (un terzo calciatore, Zakaria Issa, è morto di cancro in prigione senza aver la possibilità di accedere ad alcuna cura).
L’appello è comparso sul sito personale di Kanoute, ex giocatore della Premier League e della Liga Spagnola, ed è stato firmato da diversi nomi noti. Tra i firmatari non risultano giocatori impegnati nel campionato italiano (fatta eccezione per Abdoulaye Baldé, militante nella squadra di I divisione AC Lumezzane), che ancora una volta hanno optato per un assordante silenzio. La UEFA, per bocca del suo presidente, ha risposto alla petizione ribadendo la presunta apoliticità dell’organizzazione e la democraticità del voto espresso per assegnare l’Europeo a Israele. Una risposta diversa è arrivata dalla FIFA (Fédération Internationale de Football Association), tramite il segretario generale Jerome Valcke: la federazione si impegnerà nella ricostruzione dello stadio di Gaza.
Gli stadi dove invece si svolgeranno le fasi finali dei campionati europei sono situati nelle città israeliane di Tel Aviv, Nethania e Petah Tikva. Città che in parte sono state costruite sulle macerie di villaggi palestinesi distrutti tra il 1948 e il 1949 durante la Nakba (catastrofe). I villaggi rasi al suolo furono in tutto 532, quasi 900.000 abitanti furono cacciati con la forza o fuggirono dalle loro case, e non pochi di loro vennero uccisi.
A Gerusalemme si giocherà nel Teddy Stadium, costruito accanto al villaggio palestinese di al-Maliha andato quasi totalmente distrutto il 15 luglio del 1948. Le poche case arabe rimaste sono ora abitate da coloni ebrei. Questo stadio è la sede della squadra israeliana Beiter Jerusalem i cui tifosi nel febbraio 2013, dopo l’annuncio dell’acquisto di due giocatori musulmani, hanno incendiato la sede amministrativa del club.
L’occupazione israeliana iniziata nel 1948 è tuttora in corso e colpisce direttamente anche (ma non solo) i giocatori della nazionale palestinese: gli atleti infatti non hanno libertà di movimento né all’interno dei Territori Occupati né verso l’estero. Allenarsi e gareggiare diviene dunque molto difficile. Non sono più fortunati i loro tifosi che a giugno non potranno entrare in Israele per assistere alle partite.
Occupazione, incarcerazione senza accuse e restrizioni alla libertà di movimento sono assolutamente incompatibili con i valori dello sport che devono essere rispettati quando si organizza un campionato internazionale di grande rilievo. Permettere a Israele di ospitare i campionati europei Under 21 rafforzerà il senso di impunità di un paese che non rispetta la legalità internazionale.