Editoriale di Opportune, Importune n. 40
Centro studi Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 97/21 del 23 dicembre 2021, Santa Vittoria
Editoriale di “Opportune, Importune” n. 40
La Chiesa nel ciclo liturgico di Natale ci fa meditare la Natività del Salvatore e ci sprona al rinnovamento spirituale, per permettere alla grazia divina di rinascere nei nostri cuori e di accrescere la pratica delle virtù cristiane.
Per ogni battezzato la vita spirituale è un’esigenza costante, che diventa una necessità impellente nei momenti più difficili, per evitare di trovarsi impreparati a fronteggiare degli avvenimenti avversi, a volte devastanti non solo per il singolo individuo ma anche per l’intera società.
In quei frangenti l’anima, come tramortita dal peso della prova, se non è sostenuta dalla vita spirituale e da una radicata visione cristiana dell’esistenza, che permette la riflessione ed evita la precipitazione, potrebbe essere esposta allo scoraggiamento e all’esasperazione, sino a sprofondare nella più buia disperazione. Infatti, invece di ricercare il soccorso divino che illumina e fortifica, tante anime davanti alle prove più gravose smarriscono la riflessione, il dominio di sé stesse e la prudenza sovrannaturale (da non confondersi con la meschina prudenza del mondo). E poiché si vive in società, si rischia facilmente di diffondere attorno a sé il proprio malessere interiore, il tutto amplificato dagli attuali mezzi di comunicazione.
Non è uno scenario ipotetico, poiché è quello in cui ci troviamo ormai da due anni, dove i timori sono diffusi e le incertezze crescenti. La vita ordinaria è scossa alle sue fondamenta e dopo l’incredibile sospensione del culto l’anno scorso, ora persino l’iscrizione ad un albo professionale o lo svolgimento di una qualsiasi attività lavorativa sono messi in pericolo, con gravi ripercussioni morali ed economiche.
È un cupo biennio che si colloca nella lunga vacanza formale della Sede Apostolica, che rende ancora più lacerante la situazione, in quanto il gregge è privato della voce infallibile del Vicario di Cristo, la sola che possa dissipare incertezze e opinioni discordanti sulle diverse materie, distinguendo ciò che è vincolante da ciò che è opinabile.
Mai come in questi frangenti tutti noi abbiamo bisogno del buon consiglio divino e del buon senso umano, per ponderare le parole, per praticare un giusto discernimento, per premunirsi da giudizi avventati o da eccessi verbali che lederebbero la carità.
Ecco la grande assente: la carità! La regina tra le virtù a volte sembra scomparsa anche negli ambienti dove dovrebbe regnare sovrana, tra chi ha in comune la stessa fede e lo stesso ideale cristiano. Laddove la carità viene detronizzata si fanno strada la diffidenza e il risentimento, persino le offese, come se gli obiettivi comuni – il combattimento per la Dottrina, il Papato e la Messa – fossero dissolti o comunque diventati del tutto marginali, preferendo in alcuni casi come “alleati” coloro che sulle questioni fondamentali hanno posizioni diverse o del tutto differenti.
Nella babele dei pensieri (e dei “social”), senza l’àncora della preghiera assidua, si rischia di trovarsi nelle condizioni di Ulisse alle prese con le famose sirene, attribuendo un immeritato credito a personaggi del tutto estranei alla causa antimodernista (la battaglia più importante), se non addirittura ostili. Questi cattivi maestri (o, in certi casi, presunti maestri con pessimi suggeritori) trasmettono, come frutto inevitabile della loro mentalità, un senso di frustrazione e di incattivimento che contribuisce alla destabilizzazione dell’anima. Anche perché in tutti i loro calcoli umani, che portano spesso al peggiore catastrofismo e a un certo compiacimento per esso, sono assenti l’azione di Dio, la Sua Provvidenza, il soccorso della grazia. Di conseguenza, se le peggiori delle ipotesi si dovessero realizzare per davvero (ma allora il Signore darebbe le grazie necessarie per affrontarle), nell’ottica puramente umana (frutto del naturalismo diffuso nella società da bruttissime officine), sarebbe completamente disatteso il valore della sofferenza e la ricompensa eterna per le ingiustizie subite con spirito cristiano. Nostro Signore ci chiede di accettare e portare la croce, non di fuggirla con l’ansia disperata dell’ateo che non crede nell’eternità. E così l’immeritata notorietà di alcuni, che martellano su certi temi, è a discapito dell’equilibrio di giudizio di molti (gli antichi direbbero: “mors tua vita mea”).
Abbiamo quindi più che mai bisogno delle benedizioni del Bambin Gesù, della intercessione materna di Maria, della protezione di san Giuseppe per la salute del corpo, certamente, ma prima ancora per la salute dell’anima, senza la quale ogni altro bene sarebbe ben poca cosa. Dobbiamo attendere ed invocare queste benedizioni del Natale, in un’atmosfera di profondo raccoglimento per ristabilire in tutto il suo vigore l’ordine interiore. Ovviamente questo suppone l’assistenza alle funzioni religiose, accostarsi al Sacramento della Penitenza e alla SS. Eucarestia, per non ridurre la festa a un pretesto per imbandire abbondantemente la tavola.
A differenza del mondo, che anche quest’anno sarà indifferente se non ostile al ricordo della nascita temporale di Nostro Signore, noi che siamo nel mondo ma che non gli vogliamo appartenere (almeno si spera), dobbiamo cogliere uno degli aspetti più caratteristici della festa: il silenzio di Maria e di Giuseppe nella Grotta di Betlemme in quella Santa Notte. Il mondo fugge il silenzio mentre noi dobbiamo ricercarlo,per ascoltare le parole di vita eterna che il Verbo Divino incarnato ci rivolge e che da 2000 anni permettono alle anime di affrontare con merito eterno ogni circostanza, anche le più gravi e laceranti.
don Ugo Carandino
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