Cosa si nasconde dietro la propaganda per la donazione degli organi
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 91/12 del 31 ottobre 2012, Vigilia di Ognissanti
Ragazza danese stava per “donare gli organi” ma si risveglia dal coma
Sul sito blitzquotidiano troviamo l’articolo “Danimarca, Carina Melchior: esce dal coma poco prima dell’espianto d’organi”. Qui sotto le prime righe dell’articolo:
AARHUS – Si è svegliata dal coma mentre i medici si stavano preparando a staccare la spina per la donazione degli organi. Carina Melchior è una giovanissima, e fortunatissima,ragazza danese. Un anno fa, nell’ottobre 2011, ha subìto un incidente stradale che l’ha portata al coma, un coma serio e grave. Tanto che i medici avevano parlato ai genitori del trapianto d’organi visto che, secondo loro, al massimo Carina sarebbe stata destinata a un coma vegetativo. Ma all’improvviso, proprio poco prima che venisse staccata la spina, Carina ha aperto gli occhi e mosso le gambe.
Dalla lettura dell’articolo si scopre poi che i genitori sono alquanto sconcertati, avendo ricevuto l’invito a donare gli organi della figlia, ovvero di una persona dichiarata ormai “praticamente morta” ma che invece adesso è viva e vegeta e dopo un percorso di riabilitazione adesso è tornata persino a cavalcare. I medici invece, dal canto loro si difendono asserendo di avere accennato alla donazione degli organi solo in termini generici.
A noi viene il forte sospetto che dopo avere invitato i genitori alla donazione degli organi, di fronte all’imprevista “resurrezione” della ragazza stiano cercando di nascondere il fatto che gli ospedali siano divenuti luoghi ove procacciare organi (trovare “donatori”) sia spesso più importante che non fare il tutto e per tutto per salvare le persone che subiscono gravi traumi e finiscono in coma.
In effetti sul sito “Vita di Donna” leggiamo che:
I genitori della ragazza infatti sono furiosi e vogliono vederci chiaro perché i loro sospetto è che lo staff dell’ospedale fosse alla ricerca di un donatore a tutti i costi. Questa spasmodica ricerca avrebbe indotto i medici ad abbreviare i tempi e gli accertamenti previsti dalla legge. (…) Per i sanitari dell’Aarhus Hospital, dove la ragazza era ricoverata, si è trattato di una cattiva comunicazione che ha generato un malinteso da parte dei famigliari. Un malinteso comprensibile da parte di chi si trova a vivere un dolore e, al tempo stesso, una probabile pressione psicologica esagerata e anche inadeguata.
E sicuramente c’è da riflettere sulla assoluta incapacità della scienza medica di diagnosticare con certezza l’irreversibilità di un coma, nonchè la cosiddetta morte cerebrale: troppi sono i casi di persone dichiarate cerebralmente morte e poi rianimatisi (vedi ad esempio un caso avvenuto di recente in Italia ahttp://scienzamarcia.blogspot.it/2011/12/ancora-un-morto-cerebrale-che-si.html
Ecco la parte più importante dell’articolo del Corriere del 19 dicembre 2011:
“su questo bimbo che la madre ha salvato da sicura morte: Dovevano donare i suoi reni e il suo fegato a due bimbi come lui. Mamma Tina s’impuntò, contro l’evidenza e persino contro papà Nico che aveva già firmato per l’espianto: «Luca è vivo, lo sento». ” Aveva ragione.
A questo punto ci sono ben pochi dubbi la diagnosi morte cerebrale funziona davvero male, viene smentita fin troppo spesso in tutti i casi in cui familiari premurosi e genitori amorosi cercano nel proprio congiunto non i segni della prossima morte, ma quelli della vita.
Abbiamo infatti il caso di Zack Dunlap, che è vivo grazie al fatto che nell’ospedale dove stavano per prelevargli gli organi (uccidendolo quindi col bisturi) lavorava una cugina che prima dell’espianto è andato a trovarlo ed ha notato che reagiva ad alcuni stimoli, il caso di Martin Banach, vivo perché i genitori si sono rifiutati a credere al verdetto di morte cerebrale dei medici italiani e se lo sono portati di corsa a far curare da un medico di propria fiducia. Poi c’è il caso francese del 2008 e le decine di persone in condizioni di morte cerebrale rianimate con la tecnica della ipotermia cerebrale controllata da un’équipe di medici giapponesi.
Secondo un principio universalmente accettato in ambito scientifico la teoria secondo la quale alcuni precisi segni clinici sono associati ad una situazione di come irreversibile che ha come esito sicuro la morte è stata falsificata e non può essere più considerata come valida. Se non si accetta questa semplice, banale verità, non si accettano i principi basilari del metodo scientifico.