Anniversari: i 200 anni del Regno Lombardo-Veneto
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 30/15 del 25 marzo 2015, Ss.ma Annunziata
Il Lombardo Veneto compie 200 anni: perchè celare l’eroica memoria dei nostri trisnonni?
di Giulio Ferrari
Lecco (Lècch) – Nel 2015 cade il centesimo anniversario dell’inizio della Grande Guerra, ma anche il Bicentenario della nascita del Regno Lombardo Veneto, fondato il 7 aprile del 1815. Una ricorrenza ampiamente ignorata, anche se riguarda la storia, la vita e la morte dei nostri avi, fedeli cittadini degli Stati preunitari.
UN DETTAGLIO. Se, com’è giusto e doveroso, rendiamo onore a nonni e bisnonni che si immolarono per la Patria nella guerra del 1915-18, possiamo cancellare la memoria dei trisnonni? Possiamo dimenticare le migliaia di giovani lombardi e veneti che, nell’800, hanno combattuto contro “l’invasore” piemontese? Eppure fa parte del nostro dna di lombardi anche quel “dettaglio” rimosso dalla didattica risorgimentale che, come ogni storiografia politicamente corretta, assolve al compito di esaltare i vincitori e demonizzare, o sprofondare nell’oblìo, i vinti.
PARTE SBAGLIATA. La ricorrenza è “scomoda”. Nessuno può ammettere che, in quei giorni cruciali del XIX secolo, si consumò anche una guerra civile e che molti giovani abbiano sofferto, trepidato, versato il sangue per una patria che allora era il Regno Lombardo-Veneto, o il Regno delle Due Sicilie o lo Stato della Chiesa… Oggi si crede e si professa che da una parte, quella giusta e tricolore, militavano limpidi eroi mossi da pura idealità; dall’altra, quella sbagliata e senza una bandiera, prezzolati mercenari o, quantomeno, dei poveri diavoli costretti ad indossare un’uniforme invisa e straniera.
VIVA L’AUSTRIA! Peccato che, nella guerra d’indipendenza, dalla “parte giusta” morirono più soldati francesi che “italiani”, tanto che Napoleone III ottenne dal Piemonte, in cambio del sangue transalpino versato, le pur italianissime (in un certo senso) Savoia e Costa Azzurra, sino a Nizza e più in là. Peccato, poi, che a condividere l’ideale risorgimentale fossero soprattutto le borghesie rampanti, mentre nelle campagne lombarde al passaggio dei bersaglieri piemontesi e dei soldati rancesi si levasse alto dai contadini il grido “Viva l’Austria!”. Lo stesso grido che i dissanguati paesani lanciarono ancora, una decina d’anni dopo, nelle rivolte agresti del 1869 contro l’iniqua tassa italiana sul macinato, che ridusse alla fame le nostre campagne.
BATTAGLIONI. Peccato, ancora, che sul campo dell’onore i lombardo-veneti abbiano dimostrato col sangue la fedeltà al proprio regno e all’Impero d’Austria. Sul teatro bellico padano, all’inizio del 1848, dei sessantuno battaglioni della fanteria imperiale agli ordini di Radetzky nove erano ungheresi, sei cechi, dieci slavi, dodici austriaci e ben ventiquattro lombardo-veneti! Si calcola che il 33 per cento dell’intero esercito austriaco fosse composto da lombardo-veneti, circa sessantamila tra soldati e ufficiali. Solo dopo la caduta di Milano si accusarono comprensibili diserzioni, ma molti reggimenti restarono fedeli. Due grandi battaglie parlano chiaro: Solferino per i lombardi, Lissa per i veneti.
SOLFERINO. Veniamo a Solferino. Qui avvenne la più lunga e spaventosa battaglia della guerra d’indipendenza, una delle più cruente mai viste in Europa: in 14 ore di combattimento morirono 14mila militari dell’impero austriaco (tanti lombardo-veneti) e 15mila franco-piemontesi (gli “italiani”). A questa carneficina assistette il ginevrino Henry Dunant, rimanendo così impressionato dai tormenti degli oltre 40mila feriti abbandonati a se stessi che votò il resto della sua vita alla fondazione della Croce Rossa. In un simile inferno eccelsero per valore e zelo i soldati del Lombardo-Veneto, tanto che il 16° reggimento ne riportò gran lustro e ben 112 lombardo-veneti vennero decorati con la medaglia al valore per episodi di eroismo. E’ onesto dimenticare i coraggiosi che caddero dalla “parte sbagliata” a Solferino?
LISSA. A maggior ragione il silenzio politicamente corretto s’impone per i veneti che, nella battaglia di Lissa, addirittura sconfissero duramente gli italiani. Quando, il 20 luglio del 1866, la flotta imperiale annientò le forze navali tricolori, da quegli equipaggi vittoriosi si levò il grido: “Viva San Marco!”. Erano gli uomini della “Oesterreich-Venezianische Marine” (l’Imperiale e Regia Veneta Marina), equipaggi ed ufficiali “veneziani”, formati da veneti in senso stretto, nonchè giuliani, istriani e dalmati.
LA CIAPEMO! Dopo aver strappato la parte lombarda del regno, gli italiani puntavano a Venezia: in mare, all’altezza dell’isola di Lissa, lo scontro tra le due flotte. La grande superiorità tricolore nulla potè contro l’abilità e il coraggio dei veneti. L’imperiale e Regia Veneta Marina affondò la corvetta corazzata Palestro e chiuse la partita sprofondando anche l’ammiraglia nemica, la corazzata Re d’Italia. Tra gli italiani si contarono 620 morti e 40 feriti, tra gli austro-veneti 38 morti e 138 feriti. Il comandante vittorioso, ammiraglio Wilhelm von Tegetthoff, proveniva dal Collegio Marino di Venezia doveva aveva imparato il veneto per farsi capire da ufficiali ed equipaggio. Così entrò nella tradizione marinara il suo incitamento al timoniere Vianello, poco prima di speronare la “Re d’Italia”: “Daghe dosso, Nino, che la ciapemo!”.
BRIGATA ESTENSE. E chi mai ricorda l’esempio di fedeltà offerto dalle migliaia di modenesi che, dopo la “liberazione” del loro ducato da parte degli italiani, raggiunsero all’esilio il duca Francesco V per arruolarsi nella Brigata Estense, di stanza a Bassano del Grappa? Quando venne sciolto il reparto, molti di questi soldati entrarono volontari nell’esercito austriaco a continuare la guerra contro gl’italiani. Incredibile dedizione al patriottismo “sbagliato”.
STESSO SANGUE. Tutto rimosso, tutto cancellato. A 200 anni dalla proclamazione del Regno Lombardo Veneto (e dopo aver celebrato in pompa magna il 150° dell’unità d’Italia) fanno ancora paura gli Stati pre-unitari, e restano fantasmi da non evocare i nostri avi immolati per le loro Patrie. Eppure nelle vene di quei trisnonni valorosi scorreva lo stesso sangue versato dai figli e nipoti che, con pari eroismo, andranno ad immolarsi per il tricolore nelle guerre della Patria italiana.