A quali condizioni Pietro è veramente la roccia?
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 21/22 del 5 gennaio 2022, San Telesforo
A quali condizioni Pietro è veramente la roccia?
Aldo Maria Valli ha pubblicato sul suo blog “Duc in altum” un intervento di don Francesco Ricossa sulla questione dell’autorità nella Chiesa che segnaliamo ai nostri lettori.
Dibattito/A quali condizioni Pietro è veramente la roccia?
Cari amici di Duc in altum, nel suo articolo La confessione di Pietro e un “dubium” teologico, The Wanderer propone una tesi e fa una domanda. La tesi: “Pietro è la roccia su cui si fonda la Chiesa purché confessi che Gesù di Nazareth è il Verbo di Dio fatto carne”. La domanda: dal momento che “papa Francesco, nei fatti frequenti e nelle espressioni concrete, non proclama la divinità di Nostro Signore, cioè non lo confessa come ha fatto Pietro, può continuare a essere considerato il suo successore? È ancora la roccia sulla quale Cristo ha edificato la sua Chiesa?”. Ho affrontato la questione, dolorosa quanto scomoda, nel mio articolo Roma senza papa. C’è Bergoglio. Non c’è Pietro, ed ora che The Wanderer è tornato sul tema, chiedendo anche di essere illuminato dagli esperti, mi sono rivolto per un parere a una persona che da anni si occupa del problema: don Francesco Ricossa, superiore dell’Istituto Mater Boni Consilii, che ringrazio per aver accolto l’invito.
Caro Valli,
nemmeno io sono un teologo: non spetta quindi a me rispondere al quesito posto nel suo articolo da The Wanderer.
Poiché però lei mi chiede la mia opinione, le risponderò brevemente sperando di poter dare un non inutile contributo.
In questo momento sto dando gli esercizi spirituali ed è prevista – il penultimo giorno – un’istruzione apologetica sulla Chiesa ed il primato di Pietro. Da anni, in quest’occasione, spiego agli ascoltatori il significato delle parole di Cristo in San Matteo: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. L’articolo in questione propone due diverse esegesi, che comunque non si contraddicono e nemmeno si escludono.
È vero, ad esempio, che Cristo stesso è la pietra e la roccia su cui è edificato incrollabilmente l’edificio della sua Chiesa (non a caso “sua”). Scrive san Paolo: “Petra autem erat Christus” riferendosi alla pietra dalla quale Mosè fece sgorgare l’acqua nel deserto. Cristo stesso proclama essere sé stesso la pietra angolare, che san Pietro, nel discorso riportato dagli Atti, afferma essere stata scartata dai costruttori (gli ebrei increduli) ma che è la pietra angolare sulla quale è costruito l’edificio.
Anche la confessione di Pietro è la roccia incrollabile e indefettibile sulla quale dev’essere edificata la Chiesa. Essa, la Chiesa, è la società dei credenti. Non si entra in essa per nascita carnale, come nell’antico popolo d’Israele, ma mediante la fede ed il battesimo: i figli di Dio sono nati da Dio, lo ricorda san Giovanni nel prologo del suo Vangelo, mediante la grazia. Nella Chiesa, corpo mistico di Cristo secondo l’espressione di san Paolo, si entra e si permane solo mediante una comunicazione sovrannaturale e vitale che dal Capo scorre nelle membra: quella della grazia o, perlomeno, della fede anche informe. Questa confessione di fede non è però solo quella nella divinità di Cristo, come scrive l’articolista, ma riguarda tutte le verità rivelate, riassunte certo in quella della divinità del Signore, e nei misteri principali della Fede (Trinità, Incarnazione, Redenzione).
Cristo e la Fede sono dunque la pietra e la roccia su cui è fondata la Chiesa. Ma anche Pietro (ed i suoi successori). I protestanti e gli scismatici orientali non errano quando dicono che la Pietra è Cristo, o è la Fede: errano quando negano che sia anche Pietro, o meglio che sia Pietro indissolubilmente con Cristo e la Fede in Lui. Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che Cristo abbia chiamato Simone con il nome di Pietro = Cefa, la Pietra. Nella Bibbia, i nomi dati da Dio indicano la missione che Egli affida a chi riceve detto nome; Gesù si chiama così perché è il Salvatore, Pietro perché è la Pietra. Se Gesù è la pietra, e se Pietro è la pietra, si può dire che Gesù e Pietro formano moralmente una sola persona, come quando Gesù si dice il Buon Pastore e poi affida a Pietro il compito di pascere (come un pastore dunque) il suo gregge, gli agnelli come le pecorelle. Questa verità è espressa da Pio XII quando spiega che Cristo regge e governa e santifica quotidianamente la Chiesa mediante Pietro: Gesù come Capo (a noi) invisibile, Pietro come capo visibile. D’altra parte, Cristo afferma che Pietro ha confessato la fede non grazie alla ‘carne e al sangue’ (alle sue capacità umane) ma perché gli è stato rivelato dal Padre suo: Pietro è assistito da Dio per confessare la Fede, non può insegnare l’errore.
Un eletto che oggettivamente non si proponesse di confessare la fede, di confermare nella fede i suoi fratelli (compito affidato da Gesù a Pietro in san Luca), di insegnare e battezzare tutte le nazioni in nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, per cui chi crederà sarà salvo e chi non crederà sarà condannato, di dare alla Chiesa il vero sacrificio della Messa e i veri sacramenti, di condannare ed estirpare gli errori… un tale eletto non accetterebbe realmente il papato, accetterebbe qualche cosa d’altro, e di diverso dall’essere Vicario di Cristo: porrebbe un ostacolo, quindi, alla comunicazione da parte di Cristo del “sarò con voi” che fa di Cristo e di Pietro, moralmente parlando, una sola persona. Non sarebbe formalmente Papa, ma solo materialmente. È quello che, dalla fine degli anni Settanta, ha cercato di spiegare un vero teologo, qual era il padre domenicano Michel-Louis Guérard des Lauriers, inascoltato non solo dai modernisti (evidentemente) ma anche dai “tradizionalisti”, vox clamantis in deserto. Se i detti e i fatti di J. M. Bergoglio, eletto alla Sede petrina senza voler oggettivamente essere Pietro, contribuiscono paradossalmente e involontariamente a popolare questo deserto, a fare ascoltare questa voce, a chiarire le idee ai cattolici, non possiamo che rallegrarcene, anche se è triste dire e constare, come lei ama scrivere, che “Roma è senza Papa”.
Don Francesco Ricossa