Stella di Davide e Mezzaluna islamica contro i Palestinesi
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 88/20 del 16 ottobre 2020, San Gerardo Maiella
Stella di Davide e Mezzaluna islamica contro i Palestinesi
L’autore dell’articolo che segue non è un cattolico tradizionalista, tuttavia tratta la questione palestinese (che include la sopravvivenza della presenza cristiana in Terra Santa, che il sionismo ha ridotto ai minimi termini) con l’onestà intellettuale che manca ai quei cattolici “tradizionalisti” o presunti tali che sono apertamente filo-sionisti. Sostenere il governo di Tel Aviv significa sostenere il progetto di fare dei Luoghi Santi un museo senza cristiani (ma pieno di invertiti, poiché hanno fatto di Tel Aviv una delle capitali mondiali del turismo omosessuale). L’articolo dimostra la collaborazione (o complicità) tra gli israeliani e i paesi musulmani: per gli amici dello stato ebraico i “cattivi islamici” sono da ricercarsi solamente nella componente musulmana del popolo palestinese che, insieme a quella cristiana, è oppressa dall’occupazione sionista? I paesi del Golfo, portabandiera del wahabismo, alla luce degli accordi con gli israeliani sono diventati improvvisamente dei “buoni islamici”?
Annessione, Israele avanza
Torniamo su Israele non per accanimento, ma per quel minimo di onestà che si deve all’informazione. Lo Stato ebraico ha da poco siglato i cosiddetti Accordi di Abramo per normalizzare i rapporti con Emirati Arabi Uniti e Bahrein. È l’inizio di un processo importante. Non a caso il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dice che in lista d’attesa per firmare accordi simili ci sono «cinque o sei altri Paesi», con Marocco, Oman e Sudan in prima fila. Alla base di quegli Accordi, però, c’era l’impegno di Israele a non procedere con l’ annessione del 30% della Cisgiordania occupata con le conquiste militari del 1967 (guerra dei Sei giorni) e con gli eventi successivi. Annessione peraltro prevista dal Piano di pace presentato da Trump in gennaio e poi dagli accordi politici che hanno fatto nascere il governo Netanyahu-Gantz.
Sono passati pochi giorni e già si scopre che i pessimisti avevano ragione. La West Bank Civil Administration, organismo dello Stato israeliano, ha approvato, il 14 ottobre, la costruzione di 2.166 nuove unità abitative in Cisgiordania. E altre “approvazioni” sono attese a breve. Il che fa ulteriormente crescere gli insediamenti che, per il diritto e per la stragrande maggioranza delle istituzioni internazionali, sono illegali. Si tratta, com’è ovvio, di un’annessione mascherata, giusto quel tanto che permette a Israele, agli Emirati, al Bahrein e agli Usa di far finta di rispettare i patti. Per Israele e gli Usa niente di nuovo. Da decenni la politica di espansione territoriale è l’architrave della strategia israeliana e il primo ministro Benjamin Netanyahu, com’è già successo con la gestione del Covid-19, lega la propria sopravvivenza politica alle richieste della destra ultraortodossa. Gli americani hanno sempre più o meno fatto finta di non vedere. Per i Paesi arabi, e musulmani in generale, che da un buon rapporto con Israele e con gli Stati Uniti possono ricavare notevoli vantaggi sotto ogni punto di vista, è invece il definitivo abbandono della causa palestinese. La Palestina non definisce più le loro politiche e, anzi, è ormai un fastidio di cui liberarsi il più in fretta possibile. Magari, e appunto, con l’ annessione da parte di Israele.
È il mondo nuovo che avanza. Ed era inevitabile che, dopo decenni di stasi e di morti inutili, fosse il più forte a cambiare le carte in tavola. L’unica cosa che non si capisce è però quella fondamentale: che cosa dovrebbero fare e dove dovrebbero andare i palestinesi, visto che non avranno uno Stato, saranno spogliati di quel poco di terra dove ancora sopravvivono e resteranno privi di qualunque forma di autodeterminazione. Davvero crediamo che tre milioni di palestinesi della Cisgiordania saranno felici di prendere ordini da 450 mila coloni israeliani?
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