Il muro di Berlino e i crimini comunisti
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 83/19 del 12 novembre 2019, San Renato
Il muro di Berlino e i crimini comunisti
Muro di Berlino, la Stasi sparava per uccidere
Per la Stasi sparare con l’intenzione di uccidere su chi tentava di scavalcare il muro di Berlino non era un eccesso di zelo: era un ordine, un dovere. Anche se le vittime da colpire erano donne o bambini. E chi non si atteneva all’ordine rischiava di essere considerato un traditore. È quanto emerge da un documento ritrovato dalla commissione istituita dal governo tedesco per indagare sui crimini della famigerata polizia segreta della Ddr. Un documento cui gli storici della seconda dittatura tedesca attribuiscono una grande importanza poiché è la prima volta che l’ordine di sparare sui fuggiaschi appare nero su bianco e con tutti i crismi dell’ufficialità, data, provenienza e intestazione del reparto cui l’ordine viene impartito.
Finora, durante i tanti processi seguiti al crollo della Ddr, i gerarchi del regime di Berlino est hanno sempre negato che le guardie di frontiera avessero licenza di uccidere rifiutando così ogni responsabilità politica per le uccisioni di chi cercava di scappare dalla Germania est attraversando il muro di Berlino o la frontiera tra i due Stati tedeschi. Negare che quell’ordine esistesse e dire che responsabili per quelle morti fossero solo le guardie di frontiera e non i dirigenti politici della Germania Est, ora non è più possibile. Il linguaggio con cui l’ordine viene impartito non lascia dubbi. «È vostro dovere impiegare tutti i mezzi a vostra disposizione per impedire ogni violazione delle frontiere anche quando ciò comporta la liquidazione dei bersagli… non esitate a sparare neppure sulle donne e i sui bambini che spesso accompagnano i traditori durante la fuga». Parole agghiaccianti contenute in un opuscolo sui doveri di un reparto della Stasi integrato nella polizia di frontiera di stanza a Magdeburgo, a poche decine di chilometri dal confine con la Germania federale. Data: primo ottobre 73. In realtà a sorvegliare i confini della Ddr erano i Vopo, così venivano chiamate le guardie della Volkspolizei, la polizia del popolo, ma poiché il regime non si fidava completamente dei Vopo (2.800 di loro fuggirono in occidente durante i quarant’anni di divisione), a partire dagli anni settanta reparti fidatissimi della Stasi si aggiunsero alla polizia di frontiera.
L’opuscolo sui doveri del reparto, considerato assolutamente autentico dagli specialisti, fa parte della mole di documenti ritrovati negli uffici della Stasi dopo il crollo del muro. Una mole enorme di carte, dossier, nastri registrati e video ora in custodia della Birthler Behörde, la commissione che indaga sulla Stasi. Un materiale spesso di difficile lettura perché gli agenti della Stasi, durante gli ultimi giorni del loro regno, tentarono di distruggerlo e di cui solo poco più della metà è stato analizzato e riordinato dagli specialisti.
Il documento con la licenza di uccidere fa parte del materiale preso in esame solo recentemente. Si calcola che siano 1.245 i tedeschi dell’est uccisi nel tentativo di attraversare i campi minati che dividevano le due Germanie, più 133 caduti lungo il muro di Berlino (gli ultimi tre ragazzi uccisi nel marzo del 89. Ma è un calcolo approssimativo poiché la Stasi, quando un fuggiasco veniva ucciso, dicevano alla famiglia che aveva avuto un incidente stradale o che era morto in qualche altra circostanza. E così il numero vero dei tedeschi che persero la vita per scappare dalla DDr non si saprà mai. Quando fu processato Erich Honnecker, il numero uno del regime, disse che mai aveva impartito l’ordine di sparare sui fuggiaschi.