Omaggio al Beato Lorenzino Sossio da Marostica
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 40/12 del 14 aprile 2012, Beato Lorenzino da Marostica
La miracolosa storia del Beato Lorenzino
Il Beato Lorenzino Sossio (o Fossa o Fosser o De Lorenzoni) nacque nella contrada di Valrovina (frazione di Bassano del Grappa) nel 1480. Il padre, milite della Serenissima, dopo una sola notte di matrimonio, fu costretto a partire per la guerra; tornato dopo nove mesi trovò la moglie con in braccio il neonato di dieci giorni appena. Credendosi tradito e colto da improvvisa gelosia, sguainò la spada e minacciò di uccidere la sposa, che, devota della Santissima Vergine, ne invocò la protezione nel pericolo.
Ed ecco il primo miracolo: l’infante di soli dieci giorni s’interpose, afferrò con le mani la spada del padre, e gli disse: ”Fermati, padre mio, ch’io sono tuo figlio”.
Cinque anni dopo, il 5 aprile 1485, questo fanciullo di grazie preclare, venne attirato in una località isolata (Caluga) da alcuni individui (Giudei, ndr), che lo trafissero con lunghi chiodi di ferro per stillarne il sangue e lo circoncisero; compiuto lo scellerato crimine furono scorti da un eremita mentre si allontanavano dal luogo dopo aver tentato di occultare il cadavere sotto un mucchio di pietre; nonostante ogni loro sforzo, sempre restava tuttavia scoperto qualche lembo del corpicino insanguinato.
Dato l’allarme, fra lo strazio dei genitori, gli venne data una prima sepoltura nella nuda terra, segno che, prudentemente, non si dava ancora per scontato trattarsi di martirio. Ma, nella notte, il corpo del piccolo Beato emanava raggi di luce e profumo di fiori fragranti, mentre dalla terra sporgeva il braccino con la mano destra rivolta verso il cielo; questi eventi meravigliarono la popolazione e le autorità.
Si decise quindi di dargli sepoltura in chiesa. Ma essendo sorta disputa fra bassanesi e marosticensi, che se ne contendevano le spoglie, ci si accordò di collocare la piccola salma sopra un carro, trainato da due giovenche e di lasciare che fosse la Provvidenza a indicare con qualche suo segno speciale la città prescelta. All’altezza del bivio tra Bassano e Marostica le giovenche spontaneamente si diressero verso Marostica, fermandosi soltanto all’altezza della scalinata che oggi conduce al convento di San Sebastiano e dove un capitello ricorda il Beato innocente.
Intorno alle reliquie incorrotte del Beato, subito fiorirono grazie e miracoli; addirittura le unghie delle mani e dei piedi e i capelli biondi del piccolo Martire continuarono a crescere per anni, fino a quando la madre, che sola aveva il privilegio di tagliarglieli e che intanto era rimasta vedova, non si risposò.
Dopo diverse traslazioni, a causa delle soppressioni napoleoniche, le spoglie del Beato Lorenzino trovarono riposo nell’attuale chiesa parrocchiale. Durante l’ultimo conflitto mondiale, per le mani del parroco Don Casto Poletto, i marosticensi fecero voto solenne di erigere in suo onore una cappella ove la loro città fosse scampata alla distruzione.
Esauditi, i marosticensi sciolsero il loro voto inaugurando solennissimamente, nell’aprile 1947, alla presenza dei vescovi di Reggio Emilia (Mons. Socche) e di Vicenza (Mons. C. Zinato) la costruzione.
Il culto ab immemorabili prestato al Beato e il pronunciamento delle supreme autorità ecclesiastiche
Il Beato Lorenzino ricevette dunque un culto ab immemorabili, ultracentenario prima del 1634, come richiesto dai decreti del Papa Urbano VIII, grazie all’ininterrotta approvazione dei vescovi di Padova e di Vicenza sotto cui alternativamente fu posta Marostica. Ininterrotta, giacchè, come si evince dal dibattimento del 31 agosto 1867 in Roma, presso la Sacra Congregazione dei Riti, dibattimento che precedette il decreto della stessa Congregazione e del Papa Pio IX (5 settembre 1867) di confermazione del culto del Beato Lorenzino, l’antica decisione del vescovo Barozzi di vietare il culto pubblico in quel lontano 1488, fu ritenuta coatta, assunta cioè al solo scopo d’impedire turbative dell’ordine pubblico.
In effetti già nel 1602 il vescovo di Padova, Mons. Marco Corner, aveva formalmente introdotta a Roma la causa di beatificazione; per la morte del vescovo la causa fu tuttavia interrotta e in seguito gli atti andarono perduti, insieme con manoscritti, ex voto e quadri, in un rogo appiccato in un raptus di follia dal sagrestano del convento di San Sebastiano, dov’erano depositati gli originali. Uno solo di questi quadri andati a fuoco documentava ben ventidue grazie ottenute per intercessione del Beato nello spazio di un solo anno.
Tra i molti vescovi che permisero il culto del Beato, si annoverano il Beato Gregorio Barbarigo ed il Card. Carlo Rezzonico, poi Papa col nome di Clemente XIII.
Nel 1867 spettò al Vescovo di Vicenza, Mons. Giovanni Antonio Farina, l’onore di promuovere a Roma la causa di confermazione del culto del Martire Lorenzino, trionfalmente conclusa col citato decreto della Sacra Congregazione per i Riti, approvato da Pio IX.
Il 5 maggio 1889 l’allora Vescovo di Vicenza, Mons. Antonio Maria de Pol celebrò solennemente la Santa Messa in onore del Beato nella chiesa di Marostica, pronunciando nell’occasione una memorabile omelia, in cui chiamava fortunati i marosticensi: alludendo al Beato Lorenzino, “Voi possedete”, dichiarava il Vescovo, “un tesoro, invidiatovi a ragione da altre terre; possedete un pegno prezioso dell’amore divino.
Deh! Fate di serbar voi, i vostri figli e i vostri nipoti degni di tanto onore e di tanta gloria. E lo farete certo, se porrete ogni cura nel difendere e nel custodire inalterata la fede degli avi, che è la fede cattolica (…)”. E riferendosi alla massoneria, ormai al potere attraverso la rivoluzione francese ed il cosiddetto risorgimento, anche nell’Italia cattolica, proseguiva: “Lo farete se con quella forza che viene da Dio, e che vi intercederà il glorioso Lorenzino, resisterete strenuamente alle false dottrine dei seguaci della giudaica superstizione, qualsiasi nome e qualsiasi forma si prenda oggidì. (…) Sì, è bene che lo sappiate dalla bocca del vostro Vescovo, che una setta perversa continua oggidì le superstizioni e le empietà giudaiche, assai probabilmente animata, sorretta e in parte ingannata dagli ostinati discendenti dei crocifissori di Cristo e carnefici del nostro Lorenzino; setta d’uomini perduti, che aspirano non tanto ad uccidere un cristiano, quanto ad uccidere lo stesso Cristianesimo”.
Nel 1885, in occasione del IV centenario del martirio del Beato Lorenzino, presenziò alla solenne funzione, stando a quanto scrive Don Igino Milan, nella sua opera Il Beato Lorenzino da Marostica nella storia e nel culto, lo stesso Patriarca di Venezia, Cardinale Agostini.
Dal 7 al 9 aprile 1910, presente l’allora vescovo di Vicenza, Mons. Antonio Feruglio, si tenne una delle tante solenni traslazione dell’urna del Beato; lo stesso Presule nel 1908 si congratulava col polemista cattolico, Don Ottavio Ronconi, per aver “saputo difendere l’onore (…) di tre Beati, uno dei quali il nostro Beato Lorenzino di Marostica, ribattendo vittoriosamente le gratuite insinuazioni onde taluni si sforzano di scagionare gli ebrei dall’orribile delitto di esserne stati i carnefici”.
La messa propria del Beato, le sue reliquie, l’iconografia
Nel 1870 Pio IX, concesse l’ufficiatura propria del Beato, in onore di Lorenzino Sossio e a beneficio del clero di Padova e di Vicenza, fissando al 15 aprile la sua festa liturgica e la festa esterna cittadina alla seconda Domenica dopo Pasqua.
Il braccio e la mano destra del Beato si conservano tuttora esposte al culto e alla devozione in un altare laterale della chiesa di Sant’Ambrogio a Valrovina, luogo di nascita di Lorenzino.
Nella parrocchiale di Santa Maria Assunta, in Marostica, rimane la grande cappella laterale in onore di Lorenzino, con la sua urna e i dipinti (incruenti); la forte devozione popolare depone ancora fiori e candele al suo altare.
Anche il soffitto della parrocchiale vede effigiato il Beato Lorenzino. A lui rimane a tutt’oggi intestata la via che fiancheggia la chiesa e una scuola materna, retta dalle suore. Rimane pure il capitello in fondo alla strada a lui dedicata.
Anche nel borgo natale di Valrovina la via principale reca il nome del Beato Lorenzino; quadri (incruenti) che lo effigiano sono nella chiesa di Sant’Ambrogio, specie sul soffitto; un’edicola a monte della chiesa è dedicata al piccolo martire ed in esso un quadro ricorda il primo miracolo della parola, a soli dieci giorni d’età.
A Caluga, ai margini del bosco, un capitello si erge sul luogo dove il piccolo Martire fu sacrificato. Sulla parete di fondo alcuni carnefici ebrei lo stanno martirizzando: i loro volti sembrano però volutamente scalpellati per render difficilmente riconoscibile la scena.
Fonte: Sito veneto