Terra Santa – Cenacolo: Israele nega i diritti della Chiesa
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 29/12 del 16 marzo 2012, San Giuliano
Terra Santa – Cenacolo: Israele nega i diritti della Chiesa
Quel Cenacolo che fa litigare Vaticano e Israele
di Giorgio Bernardelli
ROMA – Arriva un passo avanti nel negoziato tra il Vaticano e lo Stato d’Israele? Puntuale sui media israeliani riesplode la questione della “cessione” del Cenacolo. A rilanciare il tema su Yediot Ahronot, è stato nei giorni scorsi un articolo di Giulio Meotti, firma italiana del Foglio che tiene anche una rubrica sul popolare quotidiano israeliano. Prendendo spunto dal recente incontro della Commissione bilaterale permanente di lavoro tra Stato d’Israele e Santa Sede tenutosi a Gerusalemme – incontro durante il quale vi sarebbero stati sostanziali progressi nel negoziato sulle questioni aperte -, Meotti rilancia la notizia secondo cui sarebbe in vista un’intesa per riassegnare al Vaticano il controllo del luogo dove secondo la tradizione si sarebbe svolta l’ultima Cena di Gesù con i dodici apostoli. Un’ipotesi questa duramente criticata dal giornalista italiano secondo cui una conclusione del genere costituirebbe una “triste capitolazione ai tentativi di cristianizzare questo luogo santo, simili a quando fu costruito un convento cattolico ad Auschwitz”.
Il nodo del contendere sta nel fatto che – come molto spesso accade a Gerusalemme – anche al Cenacolo i luoghi santi dell’una e dell’altra religione si intrecciano. Situato subito fuori dalle mura di Solimano, a poche centinaia di metri dalla Porta di Sion, la “sala al piano superiore” dove i Vangeli collocano l’Ultima Cena (ma anche la Pentecoste) si trova infatti sopra un’altra al piano inferiore dove gli ebrei venerano la Tomba del re Davide.
Proprio per questo attualmente la sala del Cenacolo è un semplice museo, visitabile sì dai pellegrini cristiani, ma senza poter celebrare nessun rito. Con il paradosso che proprio nel luogo dove Gesù istituì l’Eucaristia non si può celebrare alcuna Messa. L’unica eccezione avvenne nel marzo 2000, in occasione del viaggio in Terra Santa di Giovanni Paolo II: a Wojtyla fu concesso di presiedere qui una liturgia eucaristica, cosa che invece non era avvenuta in occasione del viaggio di Paolo VI nel 1964 e non fu nemmeno ripetuta per quello di Benedetto XVI nel 2009.
Per capire davvero l’intreccio è, però, necessario ripercorrere tutta la storia di questo luogo. Perché il punto è che la presenza di una comunità giudeo-cristiana in questo angolo di Gerusalemme è antichissima. Secondo gli archeologi “la sinagoga dei cristiani” sul monte Sion fu una delle poche risparmiate dall’imperatore Adriano quando nel II secolo d.C., dopo la seconda rivolta ebraica, rase al suolo Gerusalemme.
Di certo una basilica bizantina qui c’era già nel IV secolo. Risale invece solo all’epoca crociata il ritrovamento del cenotafio che sarebbe poi stato indicato come la Tomba di Davide. Nel 1167 rav Avraham di Gerusalemme riferì a Beniamino di Tudela che – sedici anni prima, in seguito al crollo di un muro nella cappella inferiore della chiesa del Cenacolo – erano state scoperte ricche tombe che si riteneva fossero quelle di Davide e di Salomone. Cominciò così una contesa a tre su questo luogo, dal momento che anche i musulmani nel Corano venerano Davide come un profeta.
Inizialmente, anche dopo la caduta del Regno Crociato, furono i cristiani a mantenere il controllo del complesso: grazie agli auspici dei sovrani di Napoli, infatti, nel 1335 i francescani poterono acquistare il Cenacolo, che diventò la prima sede di quella che è oggi la Custodia di Terra Santa. Ma al piano di sotto la Tomba di Davide restava un santuario musulmano. Tra alterne vicende si andò avanti per un paio di secoli, finché nel 1523 i frati vennero espulsi. Con la guerra del 1948, infine, questa parte di Gerusalemme è passata sotto il controllo israeliano e la Tomba di Davide è diventato un luogo dell’identità ebraica, con l’apertura di una yeshivà (una scuola rabbinica) all’interno del complesso. La questione dello status giuridico, però, è rimasta aperta: da sempre infatti i francescani rivendicano la proprietà della sala del Cenacolo, in forza dell’acquisizione del 1335.
L’aspetto paradossale della vicenda è che proprio le ricerche degli archeologi ebrei hanno mostrato come sia molto improbabile che quella sia sul serio la tomba del grande condottiero di Israele. Nella Bibbia, infatti, nel Primo libro dei Re, si racconta che fu sepolto “nella città di Davide”. Un luogo che oggi si tende a identificare nell’area dell’Ofel, cioè da tutt’altra parte nella Città Vecchia di Gerusalemme. La tradizione, però, è più forte dell’archeologia e quindi quella è venerata comunque come la Tomba di Davide.
Vale la pena infine di precisare che anche un eventuale ritorno del Cenacolo alla Chiesa cattolica non intaccherebbe in alcun modo il diritto degli ebrei a recarsi a pregare alla Tomba di Davide: nella trattativa con Israele, infatti, la Santa Sede non ha mai rivendicato diritti sul piano inferiore. L’unica cosa che chiede è di riavere la titolarità della sala del Cenacolo per poter permettere ai pellegrini che già ora vi si recano di tornare anche a celebrare l’Eucaristia nel luogo dove avvenne l’Ultima Cena di Gesù.
Fonte: Vatican Insider/a>