Terra Santa: riflessioni di un pellegrino
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Terra Santa: riflessioni di un pellegrino
Riceviamo e pubblichiamo le riflessioni di un pellegrino di ritorno dalla Terra Santa.
Il Pellegrini e viandanti, oranti e un pò scanzonati, tra il continuo stupore di trovarci lì e il richiamo della compunzione coi nostri sacerdoti mai stanchi e con le schiene curve solo davanti all’Altare.
Correre sulla valle di Megiddo ove san Giovanni vide la resa dei conti finale ancora da venire ma già accaduta, lo Scontro Ultimo tra le volontà, continuo ripetersi della Prima Battaglia nei Cieli, la valle di Megiddo dove l’eco dell’Arcangelo Michele ancora non giunge, seppure echeggia fin dall’Origine.
Di lontano in alto la città di Safed, misteriosa rocca templare ove si studia la Kabbhala, ormai decomposta elucubrazione umana di antiche sapienze per sempre sparite.
La grotta dell’Annunciazione, piccolo ed estremo lido scavato nell’anonimato di inospitali colline, eppur Luogo Trionfale del Verbo che si fece Carne, in cui la Trinità giunse ad inaugurare la Redenzione del genere umano, grotta in cui l’Angelo raccolse il consenso corredentore che generò schiere di santi, eroi e martiri.
Maria già è partita verso Ein Karem per incontrare Elisabetta ed abbracciarla, mentre una pietra vicino la sua casa aspettava il Precursore per nasconderlo dalla strage degli innocenti. Non tarderà Maria a tornare a Nazareth ed a prepararsi a festa per l’invito alle nozze di Cana, dove il Figlio compì il primo miracolo e cambiò le nozze per sempre.
Passeggiare per Nazareth, proprio dove passeggiava la giovinezza del Signore, tra giovanotti che spremono melograni e montano pipe d’acqua nei luoghi dove il Signore fu cacciato, inutile fu il passo di Isaia che lo annunciava, mentre par di rivedere Luigi IX quando arrivò scalzo e digiuno a cercare di seguirlo.
Il Tabor, improvvisa altura che ospitò Pietro, Giovanni e Giacomo lieti davanti alla Trasfigurazione, dono che trasforma i cuori e assaggio dell’Ultima Visione poco dopo che a Cesarea di Filippo Pietro stesso professò la Fede. La Santa Messa mentre faceva buio, sempre sorpresi per l’onore di poter contemplare i misteri nei luoghi santificati dal passaggio di Gesù.
Passare di sfuggita a Naim per ripensare ad una povera vedova che vide l’unico figlio risvegliato dalla morte al corteo funebre. Ritrovarsi a Cafarnao, dove l’atto di Fede del centurione ci donò le parole della Comunione, dove Pietro viveva nella sua casa oggi stuprata dalla follìa architettonica modernista.
Navigare sul Mar di Galilea, quello della pesca miracolosa e della cena con Pietro confermato Vicario e gli apostoli che grigliavano pesci, pensare ai flutti placati dal Signore che vegliava dormendo, mentre poco più in alto ebbe a dichiarare beati non i gaudenti, ma coloro che patiscono per la Giustizia.
Vedere gli occhi di Elena quando scoprì il Legno del Golgota e gli edifici che andavano dopo quattro secoli a dare luoghi sicuri di culto, mentre le masse d’Europa da ogni dove iniziavano l’avventura assoluta verso Gerusalemme.
Persiani, arabi islamici e il ritorno dell’oscurità che sembrava finalmente abbattuta quando l’idolatrìa pagana fu imposta a Betlemme e Gerusalemme già nel primo secolo, cancellazioni e profanazioni, sovrapposizioni e confusione fino a quando i Franchi non divennero braccia di Dio.
Pensare a Goffredo, che non accettò la corona regale nella città in cui il Re dei Re fu umiliato con quella fatta di spine, cercare invano la sua tomba finita chissà dove per invidia e vedere mille fiaccole accese la notte dell’Epifanìa di mille anni fa.
Cesarea Marittima, frammento di Roma per i legionari in Palestina, la fine dell’impurità legale dei cibi, prigione e porto che vide salpare Pietro e Paolo. Poi di corsa fino ad attraversare il refettorio di San Giovanni d’Acri, i quartieri dei crociati e la cupola della resistenza, mentre i velieri già puntavano a Rodi e Kos perché era finita l’epopea bruciante di Urbano II.
Il Monte Carmelo col profeta Elia, le spade contro Baal e l’attesa della Madre di Dio, la corredentrice che i seguaci di Elia attendevano.
Qumran, le giare rotte dopo millenni da un sasso, ancora un pastore che testimonia l’antico legato degli Esseni, davanti ad un Mare che lentamente affonda, mentre solo la protervia riuscì a nascondere il frammento 7,Q 5 per non rovinare i fasti del messianesimo laicizzato dei nuovi Caifa ed Erode.
Gerico e il sicomoro, dove goffamente salì Zaccheo per far sì che il Signore spingesse il cammello nella cruna di un ago, appena dopo aver guarito gli occhi carnali e quelli spirituali di due uomini. Subito verso Gerusalemme si incontra il deserto della Quarantena e delle tentazioni vinte per poi avvicinarsi dove Olio e Vino vennero amministrati a quel viandante assalito dai predoni.
Mamelucchi e Selgiuchidi, secoli che volano assieme allo scisma che cancellò scomode iconografie ed occultò tombe di eroi occupando spesso ed inventando alternative destinazioni. Eppure proprio a Bethlemme tra inospitali anfratti di vecchi caravanserragli si accostavano tra gli angeli, temibili e sporchi beduini avvertiti che in quella mangiatoia era disteso l’unico e supremo Re.
All’interno cunicoli, grotte e passaggi dove fu mandato San Girolamo a scrivere la Vulgata, vicino ai luoghi del parto indolore e della destinazione dei magi. Poi Bethania e le soste di Gesù con gli amici, quando pianse per Lazzaro e lo risuscitò.
La Via Dolorosa, mentre il giudeo sputa per terra e il bimbo musulmano irride la talare che canta tra muezzin e indifferenza dei passanti. Quasi sentiamo con fastidio e rassegnazione il cireneo che è in ognuno di noi.
Getshemani, il frantoio dell’Anima spremuta, ove il sudore si fece sangue, centro di qualsiasi dolore morale di qualsiasi luogo e di qualsiasi tempo per poi giungere nella Basilica del Santo Sepolcro, di notte, per assistere proprio sul Golgota alla Mistica Crocifissione venerando in silenzio e tremore, per poi scendere davanti alla roccia dove il Signore fu deposto.
Canti e salmodìe armene, barbe russe e greche, tremuli modernisti e fieri amici di san Francesco tra l’incudine islamica e il martello della polizia sionista, fiumi di esseri umani, minuti e centimetri contesi in una lotta di nervi che attraversa i secoli per entrare nel Santo Sepolcro, dove soli venti secondi durano più di duemila anni perché proprio lì il Cristo vinse la morte per sempre.
Guglielmo di Prussia e la Chiesa della Dormizione, proprio dietro al Cenacolo ove giunse lo Spirito Santo sugli apostoli mentre erano asserragliati in preghiera con Maria, ove fu istituito il Sacerdozio, l’Eucarestia, la Messa, ove fu annunciato l’Evangelo della Risurrezione, ove Gesù apparve e da dove tutti uscirono per dirigersi fino agli estremi confini della terra.
La piscina probatica, l’infermo che non riusciva ad entrarvi ma che ebbe la guarigione ugualmente, vicino al supplizio di Santo Stefano e dove le pecorelle entravano per essere offerte a Dio sull’altare. Chissà dove sarà andato e cosa avrà pensato quell’infermo guarito.
Il Monte degli Ulivi dove ci fu insegnato di desiderare le cose celesti da Gesù stesso che ascendeva alla Destra del Padre mentre poco più là aveva pianto per la città che non volle riconoscerlo e che sarà distrutta assieme al Tempio, quando la Decima Legione senza saperlo e senza la volontà dell’imperatore, porrà fine al sacerdozio e al sacrificio dell’Antico Testamento.
La Valle di Cedron che separa i cimiteri ebraico ed islamico e al di là la Geenna, vicino a dove Giuda gettò i denari del tradimento, ma basta un pò di silenzio per sentire ancora quel pianto e le parole “perchè non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”.
La Manna e la Legge di Mosè forse si trovavano proprio dove l’Islam ebbe poi a costruire la Moschea dorata e dove ritiene esservi la roccia di Abramo, ma l’Arca dell’Alleanza andata perduta ancora induce all’ostinazione rabbinica sotto il contrafforte che per alcuni invece, non sarebbe altro che quello della fortezza romana.
Scavi minacciosi e sfilate provocatorie rendono quei luoghi epicentro di tensioni globali, mentre ancora piange il Cristo a guardare Gerusalemme, che cerca coi suoi abitanti di inventarsi nuove giovenche rosse e mappe genetiche per riscoprire la linea sacerdotale interrotta perchè inutile.
Eccoci ad Emmaus, una delle tre città con quel nome. Chissà se è capitato anche a noi di avere come compagno di viaggio Gesù. Maestro, Sommo Sacerdote e Pastore nato e vissuto in quei luoghi dove oggi i fratelli della Palestina vivono in trincea.
Pietro Ferrari