Le marocchinate di Colonia
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 9/16 del 25 gennaio 2016, Conversione San Paolo
I molestatori? Non erano profughi di guerra
Oggi il Corriere del Ticino pubblica uno scoop sulla notte di Colonia: un nostro collaboratore ha avuto accesso ai primi risultati dell’inchiesta della polizia tedesca sulle violenze sessuali subite da centinaia di donne. Tre giovani sono stati arrestati e sono reo confessi: hanno ammesso che le violenze sessuali sono state perpetrate per divertimento, senza pietà per le vittime. http://www.cdt.ch/mondo/cronaca/147010/colonia-violenze-sessuali-per-divertimento
Dalla cronaca, che potete leggere, qui emergono alcuni aspetti significativi. Il primo: i tre arrestati hanno chiesto asilo politico ma non sono siriani, sono algerini. Dunque non scappavano dalla guerra ma sono, in realtà, rifugiati economici, che hanno lasciato uno dei pochi Paesi del Maghreb dove la situazione appare tranquilla. E, come loro, un gran numero di rifugiati ovvero di finti siriani: quanti? Non si sa. Ma questo è un problema nel problema. Qualche mese fa Merkel ha aperto le frontiere con una decisione improvvida, mossa dalla compassione per la foto del piccolo Aylan riverso su una spiaggia; poi ci ha ripensato. Nel frattempo un milione di persone si sono riversate in Germania e chissà quante altre negli altri Paesi europei. Il commercio di documenti siriani contraffatti è noto ed è evidente a tutti che i tedeschi, come gli europei, non sono pronti a gestire un fenomeno di queste dimensioni. A beneficiare del loro slancio umanitario rischiano di essere soprattutto migranti ordinari, che tentano di farsi passare come profughi di guerra, il che è moralmente sbagliato e profondamente ingiusto per le vere vittime di guerra.
Ma il tema è tabù. E veniamo così al comportamento dei media. Le violenze di Colonia sono emerse grazie ai social media, che hanno costretto i grandi mezzi di informazione a occuparsene. Ora leggete questo passaggio dell’articolo di Andy Schneider:
La polizia lo aveva detto a chiare lettere subito dopo che la verità era venuta a galla, ancorché con imbarazzante ritardo: i responsabili di quei fatti sono quasi tutti profughi di origine nordafricana e araba. Un tabù in un Paese dove, come affermato dagli agenti in forma non ufficiale, gli aggressori (leggi: i rifugiati) sarebbero più protetti delle vittime. Considerazioni inappropriate? Non certo per una parte delle forze dell’ordine (dato che diversi poliziotti hanno parlato di veri e propri diktat imposti dall’alto) e del mondo politico, che si è subito posto in modo critico con la linea di apertura seguita dal Governo di Berlino in materia d’asilo, già prima dei fatti in questione.
Clima di tensione
Fatto sta, che per non infiammare il clima di tensione esistente (vale anche per altre città, dove i migranti, soprattutto di origine maghrebina, secondo gli atti di polizia sono accusati di aver commesso decine e decine di violenze e abusi sessuali ai danni di donne del luogo) i media tedeschi, secondo i bene informati, avrebbero stipulato una sorta di accordo segreto con la polizia che presupporrebbe il silenzio stampa su informazioni ritenute potenzialmente «a rischio».
Capito? Si cerca di nascondere il problema e le autorità invocano la comprensione dei media. Ma così le autorità tedesche lanciano il messaggio sbagliato: perché tre molestatori sono stati presi, ma altre decine no; che si sentiranno incoraggiati a ripetere le proprie gesta, e comunque a delinquere. Perché avranno l’impressione che in Germania si rischia poco. E il tentativo di non fomentare sentimenti razzisti rischia di trasformarsi in un boomerang ovvero, nel medio periodo, di provocare reazioni di rigetto da parte della popolazione tedesca, che non capisce, non accetta e che si sentirà tradita dalle proprie autorità.