Insorgenze antigiacobine: la tomba del gen. La Hoz a Loreto
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 4/16 del 13 gennaio 2016, Ottava dell’Epifania
Segnaliamo un articolo de “Il Messaggio della Santa Casa”, rivista della basilica di Loreto, sulla tomba di Giuseppe La Hoz, che da generale giacobino divenne comandante degli insorgenti. Il gen. La Hoz fu uno dei protagonisti delle gloriose insorgenze antigiacobine e antinapoleoniche (1796-1814), che videro la popolazione cattolica di tutta la Penisola insorgere contro la rivoluzione liberale e massonica.
La tomba di Giuseppe La Hoz
Nel santuario di Loreto
Giuseppe La Hoz (1776 – 1799), di antica famiglia spagnola del Milanese, fu il più rinomato uomo d’armi transitato a Loreto alla fine del secolo XVIII, dopo Napoleone.
L’uomo d’armi
Nel 1795 abbandonò l’esercito austriaco per passare a quello francese e, quale aiutante del Bonaparte, si distinse nel reprimere i moti antifrancesi nel Veneto e nell’organizzare le sollevazioni in Piemonte nel 1797. Nominato comandante della Piazza di Milano, si rivelò un fiero giacobino. Quando nel 1797 fu inviato a Parigi per protestare contro l’atteggiamento del Direttorio nei riguardi dell’Italia, fu destituito dal suo grado militare. Dopo essere stato reintegrato, nel 1799 tentò invano di creare un’ amministrazione autonoma del Dipartimento del Rubicone, del quale era comandante militare. Nuovamente destituito, si unì agli insorti italiani del 1799 e passò all’armata austro-russa, scesa in Italia in quello stesso anno. Guidò l’insorgenza nelle Marche e morì sotto le mura di Ancona, difesa dai francesi, nel settembre 1799. Figura enigmatica, il La Hoz è stato sottoposto a giudizi contrastanti: chi lo ha visto come un invidioso antagonista di Napoleone e chi come un coraggioso pioniere della liberazione d’Italia (interpretazione che i nazionalisti diedero agli insorgenti, visti come precursori del “risorgimento”. In realtà le insorgenze furono a difesa della Chiesa e della religione – e dei legittimi sovrani, anche se alcune corti non erano immuni dallo spirito rivoluzionario -, mentre il risorgimento continuò l’azione rivoluzionaria anticristiana e antipapale, ndr). Monaldo Leopardi, nella sua Autobiografia scrive: «lo ritengo per certo che La Hoz aveva il genio e i pensieri del Bonaparte e che solo le circostanze gli hanno resi dissimili ».
Il passaggio a Loreto
La presenza del La Hoz a Loreto si ricollega ai movimenti insurrezionali nelle Marche scoppiati contro l’invasione francese, dei quali egli, il 17 giugno 1799, assunse la guida. I primi di agosto entrò a Recanati con circa duemila uomini, silenziosi e disciplinati, con quaranta cavalli, sei cannoni e qualche carriaggio. Si accampò a mezza via tra Recanati e Loreto, in un terreno dell’amministrazione del santuario. Il 4 agosto entrò a Loreto e i francesi abbandonarono definitivamente la città mariana che fu sottoposta alla Reggenza imperiale-reale pontificia, costituita già l11 luglio precedente per la Marca di Ancona e di Fermo. Giuseppe La Hoz cadde in battaglia ad Ancona alla fine di settembre e, il giorno dopo la morte il suo corpo fu trasportato nella basilica di Loreto e seppellito con grandi onori nella cripta cimiteriale, ora Cripta del Crocifisso.
Ricognizione del cadavere
Il 25 marzo 1941, su invito di padre Bernardino Tassotti da Lapedona, a quel tempo rettore del santuario di Loreto, Domenico Spadoni, presidente del Comitato di Macerata del Regio istituto del risorgimento italiano e autore di un’apprezzata monografia sul La Hoz, con Amedeo Ricci, facente funzioni di segretario del detto Comitato, e con Anton Maria Grasselli, giornalista de «Il Messaggero», procedette alla ricognizione della tomba del La Hoz situata presso la finestra, a destra di chi osserva l’abside. L’ubicazione corrispondeva alle indicazioni lasciate dallo storico del santuario don Vincenzo Murri (1753 – 1839) nei suoi «Annali» manoscritti. Rimossi i mattoni del pavimento che copriva la tomba, alla profondità di circa cm. 50, fu trovata una duplice cassa di abete i cui coperchi furono schiodati. Da questo punto si trascrive il testo del «Verbale della ricognizione ed identificazione della salma del Generale Giuseppe La Hoz », custodito nell’ Archivio Storico della Santa Casa.
«Sul primo coperchio di legno è dipinta in nero una lunga Croce e all’altezza del braccio trasversale di essa si legge la seguente scritta: G. G. La Hoz. Sopra la detta tavola si vedono i resti di nove sigilli in cera lacca rossa con l’impronta dell’aquila bicipite e intorno la scritta: Comandante militare di Loreto, e di un nastro di seta , parimenti rosso, col quale fu legata e quindi sigillata la duplice cassa. Sollevato il coperchio, appare il secondo su cui è una Croce e la data 1799. Rimosso anche il secondo coperchio, appare la salma, abbastanza conservata, di un uomo in posizione supina, della statura di m. 1,70 circa e di stretto torace, con la mano destra distesa sull’inguine. Il corpo è parzialmente coperto da un panno bianco, che si reputa un lenzuolo, ma che potrebbe essere anche un mantello. Al tatto si sfalda e appare di leggere trama. La salma indossa una giubba corta, di colore difficilmente identificabile, ma tende al bigio. Essa è a un petto, con bottoni di metallo e col bavero molto aperto sul collo, il quale è avvolto da un’alta cravatta. Detta giubba viene identificata con la marsina militare in uso verso la fine del sec. XVIII. Inoltre si vedono i pantaloni aderenti, di colore difficilmente definibile, retti da una cintura di cuoio, e gli stivaloni bassi terminanti a curva ricurva. Il volto è coperto da un fazzoletto che aderisce e ne dissimila i lineamenti; la testa appare piccola e inclinata a destra. Non si vedono capelli». Il verbale prosegue con le considerazioni dello Spadoni, che non esitò a indentificare la salma con quella del La Hoz, notando, oltre al resto, che «la testa è piccola, quale appare nell’unico ritratto che di lui è stato tramandato e si conserva nel Museo del risorgimento di Macerata». Dopo la chiusura del sepolcro, i ricognitori stabilirono di porre subito una lapide, la quale è tuttora in sede con la seguente scritta: «Gen. Giuseppe La Hoz – Caduto sotto Ancona nel 1799 – Il Comitato Maceratese dell’istituto Storico del Risorgimento – Nel 1941 – XIX Pose». Lo Spadoni, il Ricci e padre Tassotti firmarono il verbale. Nel gennaio – febbraio 1995, quando furono alcuni lavori di restauro nella Cripta del Crocifisso, compreso il pavimento, la tomba fu nuovamente aperta e la salma del generale La Hoz fu ancora vista da alcuni con comprensibile stupore. Peccato che in quella circostanza non sia stata fatta neppure un a foto!
Da “Il Messaggio della Santa Casa”, n. 8, settembre-ottobre 2015.