La Siria dopo 4 anni di guerra e di disinformazione
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 44/15 dell’8 maggio 2015, Apparizione di San Michele
Sulla situazione ad Aleppo ed in Siria vi proponiamo questa intervista di Silvia Cattori al dottor Nabil Antaki. L’intervista chiarisce finalmente quello che i nostri giornali con ‘fiumi di inchiostro’ non hanno mai detto. Le domande: quelle che tutti si chiedono ma che nessun giornalista di solito rivolge agli intervistati. Le risposte: quelle chiare e non ideologiche che solo chi è attaccato all’umano sa dare.
Il Dr Nabil Antaki parla delle sofferenze quotidiane in Aleppo. La sua testimonianza profondamente umana esprime con dignità ciò che la stragrande maggioranza dei siriani soffre dal 2011. Egli avrebbe potuto lasciare la sua città, Aleppo, e vivere al sicuro. Invece ha deciso di restare, per mettersi al servizio dei più indifesi e per testimoniare sulla gravità della situazione causata dal sostegno dell’Occidente ai gruppi armati venuti da fuori, e che da quattro anni distruggono il suo Paese e terrorizzano la popolazione.
D. Signor Antaki, grazie per avermi accolto. Può dirci come vede la situazione del suo Paese e in particolare di Aleppo, dove lei vive?
R. La situazione quotidiana è molto difficile. Manca il carburante e l’elettricità per il riscaldamento. Chi ha denaro ha costruito un camino e compra la legna. Si soffre per il freddo e per la povertà. Mancano i combustibili e i farmaci sono pochissimi. Si soffre per l’aumento del costo della vita, da cinque a dieci volte dall’inizio del conflitto. La popolazione è depauperata e mancano le risorse per le necessità quotidiane. L’80% degli Aleppini per sopravvivere dipende dagli aiuti umanitari. La situazione è davvero molto difficile. Inoltre siamo sottoposti a bombardamenti continui da parte dei gruppi armati che accerchiano la città, e i mortai riversano una pioggia di fuoco sui vari quartieri causando numerosi morti e decine di feriti giornalieri.
D. L’ONU ha chiesto di recente al governo siriano il cessate il fuoco; ma da ciò che lei dice, se ho ben capito, quelli che vi nuocciono sono soprattutto i bombardamenti dei ribelli.
R. Aleppo è divisa in due zone. Quella in cui abito io si trova sotto il controllo del governo siriano. I quartieri periferici, che circondano Aleppo, sono invece in mano dei ribelli dal luglio 2012. L’esercito regolare bombarda i quartieri dei ribelli e i ribelli bombardano i quartieri sotto l’egida del governo. Il bombardamento è reciproco. Chi abita da questa parte non sa quel che succede dall’altra. Si sentono le cannonate, ma ignoriamo cosa vi accada. Però quella zona periferica non è più molto abitata. La maggior parte dei residenti si è spostata nell’area controllata dal governo già dal Luglio 2012 e in una seconda ondata nel Gennaio 2014.
D. La sofferenza di cui parla all’inizio di questa intervista si deve a chi? Ai ribelli o al governo? Perché da noi si tende a dire che il governo è l’unico colpevole.
R. Questo avviene perché i Media occidentali disinformano, invece di informare. Da parte del governo non c’è una volontà deliberata di far soffrire la gente. Il governo non ha alcun interesse a che il popolo soffra. Se patiamo per la penuria di combustibile, di cibo e farmaci, si deve soprattutto all’insicurezza delle vie di comunicazione. La strada principale che collegava Aleppo al resto del Paese è chiusa da due anni. Esiste solo una strada secondaria resa agibile da un anno circa per permettere l’ingresso e l’uscita dalla città. Anche le derrate alimentari passano da lì. Essa è peraltro poco sicura. Proprio un anno fa vi fu ucciso il mio fratello maggiore, che rientrava da una visita ai figli. Lo uccisero i ribelli, che tutte le settimane rapiscono viaggiatori. Inoltre, essendo molto stretta, non vi possono circolare convogli di camion. Così i prodotti alimentari arrivano col contagocce. Due mesi fa, durante un mio viaggio in Francia, lessi sui giornali che i 300.000 mila abitanti di Aleppo erano sottoposti a bombardamenti e a un blocco totale. Questo non è vero. 300.000 sono gli abitanti dell’area periferica controllata dai ribelli. Nella parte controllata dall’esercito regolare gli abitanti sono due milioni e soffrono altrettanto o forse più dei 300.000 che stanno dall’altra parte.
D. I 300.00 sono ostaggi dei ribelli, o terroristi? Non so se è giusto chiamarli ribelli.
R. Io li chiamo gruppi armati. Naturalmente si possono anche definire terroristi, visto che esercitano il terrore. No. Non sono ostaggi dei gruppi armati. Sono persone che non hanno avuto la possibilità di lasciare i propri quartieri. Un milione ha avuto questa possibilità. Quelli che restano non hanno avuto l’occasione o i mezzi per andar via.
D. Quindi i 300.000 che soffrono non sono vittime di Bashar al Assad, se ben capisco, ma sono rimaste intrappolate nei quartieri in mano ai gruppi armati.
R. Si. Attualmente si patisce da entrambe le parti, ma le ricordo che, dieci mesi fa, la nostra zona fu vittima di un blocco completo fatto dai gruppi armati. Per tre mesi non si poteva uscire da Aleppo né entrarvi, e non arrivava nessun prodotto; mentre nell’area in mano ai ribelli arrivava tutto. Adesso, grazie a questa nuova strada aperta dal governo, non si è più sottomessi a quel blocco.
Le ricordo inoltre che durante i mesi di Giugno e Luglio del 2014 i ribelli hanno tagliato completamente l’approvvigionamento dell’acqua. Durante due mesi e mezzo neppure una goccia d’acqua scese dai nostri rubinetti. Mentre essa non mancava dall’altra parte. I gruppi armati avevano chiuso intenzionalmente il passaggio dell’acqua per far soffrire la popolazione. Per quasi due mesi e mezzo, l’occupazione fondamentale fu fare la fila davanti ai pozzi delle moschee, delle chiese e dei giardini pubblici e riempire bidoni d’acqua. Per intere settimane, ci hanno privato anche dell’elettricità. Le centrali elettriche e l’acqua si trovano nella parte in mano ai ribelli ed essi tagliano l’acqua e la luce a loro piacimento, generando grandi sofferenze alla nostra gente.
D. Ciò che lei dice è molto importante. In genere, si tende a dare uguali responsabilità alle due parti in conflitto, mentre i responsabili di tutte le vostre pene sono i gruppi armati. Quindi, la richiesta che si fa ad Assad di ritirarsi in quanto sarebbe un mostro appare falsata.
R. Certo. Fa parte della strategia dell’informazione sin dall’inizio del conflitto demonizzare Bashar al Assad. Lo si descrive come un mostro che massacra il suo popolo, ma non è vero.
Non sono un suo estimatore e non mi interessa seguire i politici, ma posso affermare che se in questo momento si facesse una consultazione popolare sotto l’egida internazionale, Bashar al Assad otterrebbe sicuramente la maggioranza. Innanzitutto è carismatico: moltissimi lo stimano tanto. Anche se prima della guerra iniziata a marzo del 2011 il regime non era sicuramente democratico al 100%. Volevamo più libertà, più democrazia, questo è vero. Il regime non era perfetto. Ma ottenere un governo democratico al 100% non è una ragione sufficiente per distruggere il Paese, per massacrarne gli abitanti, per giungere al punto in cui ci troviamo. Anche chi non appoggiava il regime adesso condanna quel che è successo. Non si accetta di veder distrutta la Siria per un poco più di libertà, di democrazia.
D. Lei ritiene che Assad vi abbia salvato dal peggio?
R. Si. Non voglio sostenere che non ci siano state delle vittime, uccisi e feriti, da parte dell’esercito regolare. Sarebbe una falsità. Le vittime sono da entrambe le parti. Quando uno Stato è attaccato si difende. Quando si è colpiti da autobombe, dagli ordigni di gruppi armati che decapitano, crocifiggono, lapidano, lo Stato si difende con le armi. Certo, anche nelle zone controllate dai ribelli ci sono stati e ci sono feriti e morti, non si può negarlo. È conseguenza della reazione difensiva di uno Stato. Io credo che qualunque Stato al mondo, se venisse attaccato si difenderebbe con le armi.
D. Per concludere, vorrei che la sua opinione arrivasse ai Media, ai commissari dell’ONU, agli investigatori e alle ONG. Molto spesso hanno affermato che l’esercito regolare agisce in maniera criminale. Secondo lei, le forze armate sono legittimate dal popolo siriano?
R. Le manifestazioni non sono state pacifiche. Testimoni oculari mi hanno raccontato che sin dalla prima settimana del conflitto tra i manifestanti si infiltravano persone armate che sparavano da una parte e dall’altra per provocare lo scontro. Le manifestazioni non erano spontanee. Anche senza parlare di un complotto, posso affermare che quel che successe non fu spontaneo. Fu ideato e concretizzato, o è ancora in fase di attuazione. Tutti quelli che incontro, cristiani e musulmani, persone che amano il regime e persone che non lo amano affatto, tutti quelli che incontro nel mio ambulatorio – sono un medico – o nella ONG in cui presto la mia opera, o in strada, mi dicono: ‘’Dottore, non volevamo che accadesse tutto ciò. Desideravamo vivere meglio, avere più libertà, ma non arrivare a questo. ’’ La gente continua a ripetermi: ‘’Vedi cosa ci hanno fatto! ’’ E il ‘’ci’’ si riferisce sempre ai gruppi armati. Ho fatto una piccola statistica con i miei pazienti, l’80% sono degli sfollati e tutti mi ripetono: ‘’ Vedi cosa ci hanno fatto’’ e parlano dei gruppi di ribelli. La maggior parte afferma di non credere alla storia sulla libertà e i diritti umani. Se il Qatar e l’Arabia Saudita volessero veramente la democrazia per il popolo siriano, dovrebbero applicarla prima da loro. Altri mi dicono: ‘’ Ah ah, i diritti umani… gli Stati Uniti vogliono i diritti umani per la Siria. Farebbero meglio ad applicarli in casa loro. Dove sono i diritti umani. A Guantanamo? Con prigionieri senza diritto a un avvocato. E il rapporto, presentato dal senato americano nel mese di Dicembre, sulla tortura nelle prigioni segrete della CIA in Europa, con migliaia di arrestati in dieci anni. Che l’America non venga a darci lezioni sui diritti umani! ’’ La gente non crede assolutamente che gli USA, l’Europa, la Turchia e i Paesi del Golfo sostengano i gruppi armati per amore dei Siriani, della libertà, della democrazia o dei diritti umani. Nessuno si beve questa storiella. Tutti sanno che esiste un Piano … un progetto per il Nuovo Medio Oriente, sognato da Bush ed i suoi accoliti. Tutti sanno del Caos Costruttivo di Condoleezza Rice. Tutti sanno, e riflettono su queste cose che si stanno concretizzando qui da noi, dopo che si è tentato in Libia. Con successo. Distruggendola. E in Iraq. Anch’esso distrutto. L’Egitto è forse l’unico Paese che sia riuscito a salvarsi la pelle. I Siriani non amano leggere nei Media ciò che scrivono sul loro esercito: che è l’esercito di Bashar. No. Non è l’esercito di Bashar. È l’esercito siriano. Formato dai nostri giovani, che fanno il servizio di leva. Non è l’esercito di Bashar che si batte contro l’Esercito libero. Semmai c’è stata all’inizio la parvenza di un Esercito libero, ora di sicuro non esiste più. O si riduce al 5% dei gruppi armati, mentre il 95 % di essi è costituito da barbari: Daesh, Al Nusra, Fronte islamico, Esercito islamico … E potete vedere quel che fanno i barbari. Tutti i Media parlano ormai di decapitazioni, crocifissioni, di lapidazioni di donne etc.
D. Non è scioccante per voi che in Occidente, dopo la proclamazione dello Stato islamico, in Giugno 2014, non si sia dato al presidente Assad il sostegno in quanto il vostro Paese, come l’Iraq, era minacciato?
R. Gli Occidentali si sono accorti di questa minaccia soltanto quando gli attentati sono avvenuti in casa loro. Con quattordici morti, credo, a Parigi e quattro a Copenaghen. Le vittime dello Stato islamico qui sono invece migliaia. Noi preferiamo dire Daesh Rifiutiamo di parlare di Stato islamico, esso presupporrebbe appunto uno Stato e non accettiamo che esista… non si sa dove sia quello stato. A noi Siriani sconcerta il fatto che in Occidente si associ il Paese a Daesh, quando leggiamo di Occidentali che vogliono fare la Jihad in Siria: come se la Siria fosse terra di Jihad! Come se in terra siriana esistesse una tradizione di estremismo e barbarie! Noi Siriani, tutti noi Siriani: cristiani e musulmani, poveri e ricchi, non abbiamo mai conosciuto questa barbarie. Io sono cristiano, ma la maggior parte dei miei pazienti è musulmana. Tutti loro e tutti i miei amici musulmani mi dicono: ’’ Non abbiamo mai visto una cosa del genere. Per secoli siamo vissuti insieme, musulmani e cristiani. Non c’era alcun problema tra noi. Non abbiamo conosciuto neppure una millesima parte della barbarie a cui oggi assistiamo! ‘’ Quando in Occidente si associa la barbarie alla Siria, quando si parla di fare la Jihad, appare come se essa fosse predisposta alla barbarie. Ma ciò non fa parte della tradizione siriana. È un’importazione! Ogni tanto, ricevo pazienti musulmani che ho seguito per molti anni. Essi vengono da Raqqa, da Membij e da altri centri che Daesh controlla da diversi mesi. ‘’ Dottore, è atroce vivere sotto Daesh! ‘’ mi dicono. ‘’è terribile! Come hanno fatto a impadronirsi delle nostre città? Soffriamo molto e vorremmo che se ne andassero. ’’ E quando gli chiedo: ‘’ Chi è questa gente? È di Raqqa? ‘’ mi rispondono: ‘’No! No! Sono Ceceni, Afghani, Pakistani, Sauditi, Tunisini, Marocchini. ’’
D. Tutto ciò è accaduto prima del Giugno 2014. Voi soffrivate per questa barbarie ma essa veniva tenuta nascosta.
R. Si. Non si chiamava ancora Stato islamico, né Daech, ma esisteva già. Ricorda che nel Maggio del 2011, due o tre mesi dopo l’inizio degli avvenimenti, nella città di Jisr al Shughour, gruppi armati circondarono edifici delle forze di sicurezza e uccisero tutti le persone che vi si trovavano, erano novanta. Furono fatte a pezzi e gettate dal terzo e dal quarto piano.
D. Si trattava di soldati?
R. Si. Erano soldati e personale della sicurezza.
D. Ricordo che all’epoca si affermava che era stato l’esercito siriano a fare a pezzi i propri soldati.
R. Non è vero. Abitanti di Jisr al Shughour che ho incontrato mi hanno riferito che gruppi di ribelli che terrorizzavano i villaggi circostanti, invasero la città, circondarono gli edifici con poliziotti e soldati che gettarono dal terzo piano. Ci fu disinformazione.
D. Fu un pretesto, quindi. Il punto di partenza da cui chiedere un intervento in Siria. Quando si assistette alla incredibile avanzata dello Stato Islamico nel 2014 vi sarete attesi, da parte dell’Occidente, al riconoscimento dell’esercito e del governo Assad come collaboratori nella lotta contro un comune nemico. Perché si sono aiutati soltanto i Curdi siriani? Perché i Curdi che sono stati sostenuti a Kobane sono in Siria. Da una parte, i Curdi da aiutare, da proteggere. Dall’altra l’esercito siriano sempre considerato orribile. Come avete sentito questa diversa attitudine?
R. Dal nostro punto di vista è inspiegabile. Bisogna entrare nella logica dei dirigenti occidentali che, presumibilmente, pensano alla partizione della Siria, come lei ben sa. L’Iraq è quasi smembrato: Il Kurdistan, in pratica indipendente, è sostenuto da USA e Israele. Chi vi si reca dice che è pieno di Israeliani e Americani. Dunque è probabile che i piani occidentali mirino alla partizione della Siria. Per questo hanno sostenuto i Curdi a Kobane e invece non sostengono il regime siriano nella lotta contro Daesh. Daesh è una loro creatura. Sono loro che gli hanno dato i natali. Come nel passato al Qaeda. Ricorda il famoso incontro tra McCain e i generali dell’Esercito libero? Dove anche il futuro califfo di Daesh, al Baghdadi, figurava come ufficiale dell’Esercito libero? McCain lo incontrò in quell’occasione e la gente si domanda, appunto, se Daesh non sia una creatura americana come al Qaeda in Afghanistan.
D. Ciò vuol dire che si continuerà per questa via. Vi sentite minacciati. Vivete nella paura e nell’angoscia?
R. La gente è veramente angosciata. Tutti hanno paura ad Aleppo. Temono che la loro sorte sia uguale a quella degli abitanti di Mosul. Lei ricorda che fu occupata da Daesh. Apposero sui muri delle case dei cristiani delle nun (n) ordinandogli di convertirsi o lasciare la città, pena la morte. Sono andati via a piedi, incolonnati, come gli Armeni un secolo fa, nel 1915, sterminati dai Turchi. Gli abitanti di Aleppo, soprattutto i cristiani, hanno paura. Per questo assistiamo a un esodo in massa dei cristiani. Il 50 % sono già fuggiti. Ma non solo i cristiani, tanti tantissimi nostri compatrioti musulmani si sono stabiliti in Libano, in Egitto e in altri Paesi. Tutti hanno paura. Ed anche chi non ha paura è stanco. Hanno perso ogni speranza, assistendo alla distruzione del loro Paese. C’è chi pensa ai figli, i giovani al loro futuro e vanno via. Tutto ciò ci addolora.
D. In un’altra occasione lei mi ha detto che lo Stato Islamico si trova a poca distanza da Aleppo. Cosa significa?
R. Daesh è a 30 km. Da Aleppo, e da diversi mesi non cerca di avanzare. Però non si trova nei quartieri periferici della città. Questi sono controllati da Al Nusra e da altre decine di gruppi armati: uno per quartiere. Per fortuna Daesh non è in Aleppo.
D. A che punto è l’offensiva lanciata dall’esercito regolare? È vero che ha fallito nel tentativo di liberare i villaggi assediati dai gruppi armati? Si dice che sia stato respinto da centinaia di uomini armati giunti dalla Turchia.
R. A dire il vero, gli Aleppini non si sono accorti di questa offensiva. Le notizie arrivano dalla televisione e da internet. Qui la gente è scettica. Sono trascorsi due anni e mezzo dal primo intervento delle truppe regolari. Ci sono bombardamenti e combattimenti quotidiani, offensive, ma l’esercito non è avanzato di un solo metro.
Voglio dire che nell’area controllata dai gruppi armati, la parte occupata a Luglio del 2012, la situazione non è cambiata. Né l’esercito regolare ha conquistato un metro in più, né un metro in più hanno preso gli avversari. La situazione è bloccata. Vige uno status quo terribile. Quando sente dire che l’esercito regolare ha lanciato delle offensive e ha preso il controllo dei villaggi, la gente è scettica. L’unica cosa certa è che sono avanzati un po’ a nord e hanno preso il controllo della prigione centrale, a circa 10-15 km da Aleppo, perchè si sa che i prigionieri che soffrivano enormemente per un blocco completo sono stati portati ad Aleppo. Questa è l’unica cosa sicura. Per il resto sappiamo quello che raccontano i Media.
D. Come spiega il fatto che l’esercito regolare non riesca ad avanzare, a farvi uscire da questa situazione terrificante?
R. L’esercito Siriano non è grande. Sono circa 400.000 uomini. Se però togliamo tutti i soldati che svolgono un lavoro amministrativo, quelli che si trovano negli ospedali militari, gli autisti etc. İl numero dei combattenti effettivi si riduce notevolmente. In Siria ci sono 30-40 focolai di insurrezione, 20-30-40 zone in cui si combatte. L’esercito non può trovarsi ovunque. Sin dall’inizio vince le battaglie ma non può fermarsi a lungo. Spesso è costretto a ritirarsi per andare da un’altra parte e i gruppi armati ne approfittano per riprendersi un villaggio o un quartiere. Ci sarebbe bisogno di uno-due milioni di combattenti per riconquistare il territorio, occuparlo e restarvi. Per questo motivo la gente è molto pessimista. Si rende conto che la situazione non cambia, e pensa che nessuno dei due campi potrà ottenere una vittoria militare. Peraltro, tutti pensiamo che lo Stato siriano non può vincere se non si chiudono le frontiere turche. Finché uomini potranno passare dalla Turchia per venire a combattere in Siria, finché passeranno le armi, lo Stato siriano non potrà vincere. Si protrarrà lo statu quo. İnfine, la gente non crede ci sia un’opposizione moderata. Sul campo non esiste un’opposizione moderata. Gli unici moderati sono quelli che vivono all’estero, nei palazzi turchi, negli hotel 5 stelle dei Paesi del Golfo. Essi trascorrono il tempo in discussioni, in talk show televisivi, ma non hanno nessuna influenza all’interno. Nessuno in Siria li conosce. La famosa Coalizione nazionale o il Fronte siriano non rappresentano assolutamente il popolo siriano. Il primo Presidente del Consiglio nazionale siriano non era conosciuto neppure da cinquanta persone, prima di essere designato dagli Occidentali. E questo Consiglio nazionale, riconosciuto come legittimo rappresentante dall’Occidente, qui fa ridere. I Siriani dicono: ‘’ Non li conosciamo, vivono all’estero da 30 anni e ci vogliono rappresentare! Non conosciamo neppure i loro nomi.’’ E si chiedono con quale diritto gli Occidentali possano indicare il loro rappresentante legittimo. Insomma ci sono molte domande che restano senza risposta sull’atteggiamento degli Occidentali verso la Siria.
D. L’Onu condanna i bombardamenti del governo. Perchè? Cosa ne pensa? Se il governo non bombardasse le zone occupate dai gruppi armati, come lei li definisce, la popolazione sarebbe esposta a pericoli maggiori. Come si può criticare l’esercito siriano che fa quel che può per farvi uscire da questa situazione catastrofica?
R. Giustamente, il generale De Gaulle aveva definito l’ONU ‘’le machin’’ l’accrocco. Ebbene, qui la gente non ha fiducia in quell’accrocco. Per fortuna la Russia e la Cina hanno diritto di veto e appoggiano lo Stato siriano. Nessuno si fida dell’Onu, né della Lega araba che nei confronti della Siria, uno dei principali Paesi fondatori, si è comportata in modo abominevole. Il popolo siriano odia i Paesi del Golfo e la Lega araba col suo segretario generale. Li detesta perchè si sono comportati molto male. Le relazioni sono distorte. Si guarda solo a quello che succede dalla parte dei gruppi armati. Io dico sempre ai miei amici in Occidente ‘’che i giornalisti, gli investigatori, i rappresentanti dell’Onu visitino le aree sotto il controllo dello stato; che vedano cosa succede alla popolazione, quanti sono i feriti e gli uccisi ogni giorno ‘’ Una settimana fa sono state fatte esplodere ad Aleppo due moschee, uccidendo quattordici persone tra cui quattro studenti che uscivano dalla scuola. L’indomani altre bombe sono cadute causando morti e feriti. Che visitino gli ospedali della nostra regione, che vedano i feriti di guerra. Io lavoro in un ospediale dove è stato creato un programma per i civili feriti di guerra. È un ospedale privato ma vi si curano gratuitamente i civili feriti da azioni di guerra. Tutti sono feriti a causa dei mortai e delle pallottole dei gruppi armati. Recentemente è stata portata una donna colpita alla testa da schegge di granate e ha perso un occhio. Nello stesso giorno un uomo ha perso una gamba per una granata. I gruppi armati s’infiltrano nei nostri quartieri. Quando i miei amici occidentali m’inviano dei rapporti scritti da Medici senza frontiere o Medici nel mondo, che raccontano le loro esperienze nelle zone controllate dai gruppi armati, io dico ai miei interlocutori che si tratta di rapporti parziali. Queste persone entrano illegalmente in Siria attraverso la Turchia o attraverso il Libano per curare i ribelli, uomini feriti nei combattimenti, in dispensari e ospedali. Questi Medici senza frontiere vengano nelle nostre regioni e vedranno maggiore sofferenza, più ammazzati, più feriti che nelle zone dei gruppi armati
D. Signor Antaki, come succederà in futuro?
Nessuno può prevederlo. Le ho gia detto che la gente è pessimista. Molti hanno perso ogni speranza. Molti pensano di lasciare il paese. Non so proprio come evolverà la situazione. Vado dicendo sin dall’inizio che questi avvenimenti non ci porteranno la democrazia o i diritti umani o la libertà. Ci sono tre percorsi di uscita dal complotto ordito contro la Siria. Se gli avvenimenti e i gruppi armati che li hanno determinati vincessero, si arriverebbe a uno stato islamico o al caos o alla guerra civile. Lo scrissi nel giugno del 2011 e penso che le cose andranno avanti in questo senso se l’Occidente continua a sostenere i gruppi armati e se la Turchia non chiude le frontiere. La Turchia fa un gioco sporco. È il principale sostenitore dei gruppi armati. Se non ferma il loro gioco, assisteremo alla nascita di uno stato islamico e allo smembramento della Siria. Non si vede altra soluzione.L’esercito regolare non può vincere senza la chiusura delle frontiere turche e se gli Occidentali continueranno ad armare e inviare dei giovani nel nostro paese. Noi non siamo la discarica dell’Occidente. Tenetevi i delinquenti e gli estremisti. Che non vengano in Siria! 30-40 mila Europei combattono già qui. Sono arrivati terroristi da 80 nazioni. L’immondezzaio dellOccidente. Cosa vengono a fare qua. Che restino a casa loro. Arrestateli a casa vostra.
D. La situazione è terribilmente pericolosa. Mi chiedo come lei possa restare. Non andar via come tanti altri. È la dignità che la induce a restare mentre la sua vita è costantemente in pericolo? E la sua famiglia, i suoi cari?
Si resta in Siria per diversi motivi. Siamo varie categorie. Gli abitanti di centri non esposti direttamente, come le città della costa: Latakia, Tartus, e una grande parte di Damasco. Dove non ci sono combattimenti la gente vive normalmente. Molti Aleppini che sono stati a Lattakia la descrivono come un altro mondo, senza combattimenti e prospera. Altri restano perchè non hanno la possibilità economica o perchè non conseguono un visto. Viaggiare fuori dalla Siria significa possedere denaro, procurarsi un visto. L’unica via d’uscita era il Libano, ma da due mesi ha stabilito condizioni draconiane per l’ingresso. Adesso un Siriano che vuol rendersi in Libano deve avere dei motivi drammatici, passare per un’ambasciata, avere un biglietto per un aereo in partenza dall’aeroporto di Beirut. Personalmente, col mio gruppo, abbiamo scelto di rimanere in Siria, anche se la nostra vita è in pericolo e i figli che vivono all’estero ci supplicano di andar via, perchè vogliamo aiutare chi non ha scelta ed è obbligato a vivere qui. Con una Ong, i Maristi blu, aiutiamo la popolazione a sopravvivere, sia fornendogli alimenti, vestiario e scarpe sia curandoli gratuitamente e occupandoci dell’educazione dei bambini. Pensiamo che la nostra presenza aiuti, dia forza. Per questo dobbiamo restare.
Silvia Cattori: Lei è ammirevole. Mi sento quasi a disagio al pensiero di poter vivere confortevolmente e al sicuro sapendola in questa situazione. È difficile pensare che lei viva una condizione così tragica e con lei tutta la popolazione. Ed ecco la sua commovente, sconvolgente testimonianza. Abbia cura di lei. La ringrazio infinitamente. Farò tutto il possibile per trasmettere il suo messaggio il più lontano possibile.
Nabil Antaki: Grazie, Silvia. Grazie.