Avvoltoi grigi e balene bianche
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 88/11 del 25 novembre 2011, Santa Caterina d¹Alessandria
Avvoltoi grigi e balene bianche
Il democratismo cristiano è un acerrimo nemico del regno sociale di Cristo.
Non stupisce quindi la presenza di personaggi legati alla Balena Bianca nella giunta imposta dall¹alta finanza all¹Italietta (nata dal risorgimento britannico e dalla resistenza anglo-americana).
Non stupisce neppure l¹importante ruolo che ha avuto Bagnasco in questa operazione, con le giornate di Todi (e probabilmente il meeting di Cl a Rimini) di cui si parla nell¹articolo (di parte progressista) che segnaliamo.
Infatti il democratismo cristiano è la versione sociale e politica del modernismo religioso. Il magistero della Chiesa ha condannato la setta democristiana: ricordiamo l’enciclica Notre Charge apostolique di San Pio X e la lettera pastorale del card. Pio Tommaso Boggiani (ristampati dal Centro Librario Sodalitium, info@sodaltium.it).
Davanti al totalitarismo mondialista sempre più criminale, dovrebbe elevarsi la voce della Chiesa per condannare i nemici di Dio e dei popoli: sarebbe un¹occasione straordinaria non solo per confermare i cattolici nell¹autentica fede, ma anche per attrarre ad essa le moltitudini che cercano invano una guida e una soluzione. Ma finchè il trono di Pietro sarà formalmente vacante (cfr. la tesi di Cassiciacum, http://www.sodalitium.biz/index.php?pid=1 ), i popoli rimarranno orfani del buon pastore, in balia dei lupi mondialisti e dei mercenari modernisti.
Governo: “Partito di Todi” conquista tre ministeri
Esce vincitore il cosiddetto “partito di Todi”: sono infatti ben tre su 15 i ministri che sono intervenuti al seminario che un mese fa riunì nella cittadina umbra tutte le associazioni cattoliche, e che si concluse con la richiesta di un “nuovo governo forte” che fosse “sostenuto da tutti”.
Al seminario di Todi del 17 ottobre, dopo l’introduzione del cardinal Angelo Bagnasco, svolsero due relazioni Corrado Passera e Lorenzo Ornaghi, oggi rispettivamente ministro dello Sviluppo e delle Infrastrutture, e ministro dei Beni Culturali. E al conclave intervenne anche il neo ministro della Cooperazione internazionale e dell’integrazione, Andrea Riccardi, che nei mesi scorsi è stato sollecitato da molti (ma inutilmente) a rendersi disponibile per la leadership di un nuovo partito cattolico.
Anche l’istituzione del dicastero dell’Integrazione, guidato appunto dal presidente della Comunità di Sant’Egidio, è una vittoria del ‘partito di Todi’, visto che le associazioni cattoliche si sono fatte promotrici della legge di riforma della cittadinanza, specie per i minori.
E anche la formula del Governo Monti viene incontro alle istanze emerse a Todi. L’evento si chiuse con Raffaele Bonanni che chiedeva “un governo più forte” di quello Berlusconi, sostenuto da “un accordo tra le principali
forze su alcuni punti essenziali per il paese” in modo da evitare, spiegarono Bonanni e Natale Forlani, il ricorso alle urne.
Così, subito dopo il giuramento, a pochi metri di distanza da palazzo Chigi, al Tempio di Adriano, la nascita del governo Monti si innesta sul più grande spettacolo dopo il big bang berlusconiano: l’inaugurazione della mostra “La Democrazia cristiana per l’Italia unita”. E’ storia, è cronaca, è una fotografia del futuro: non si capisce. Complice il giuramento di un esecutivo Monti che qui, a patto di anonimato, considerano “un monocolore Dc” o comunque nella migliore e più prestigiosa scia dell’impegno dei cattolici in politica.
Fatto sta che ci sono quasi tutti coloro che hanno fatto la Balena bianca, a cominciare dai due rivali, Arnaldo Forlani e Ciriaco De Mita che inforcano le forbici non per pungersi a vicenda, ma per tagliare il nastro inaugurale, auspice il leader centrista Pier Ferdinando Casini, che scorta entrambi.
Il primo effetto del governo Monti?
“La fine della diaspora Dc” esulta Casini.
Come dargli torto? A parte Ciriaco e Arnaldo, ci sono davvero quasi tutti, al punto che qualche giovane appassionato di fantascienza sceglie una perifrasi da ‘Blade runner: “Ho ‘rivisto’ cose che voi umani…'”.
Proviamo a stilare un primo e non definitivo elenco: con il ‘padrone di casa Pierluigi Castagnetti (per via dell’Associazione ‘I popolari’ che organizza il tutto), ci sono Emilio Colombo, Nicola Mancino, Guido Bodrato, Gerardo
Bianco, Beppe Pisanu, Antonello Soro, Giampaolo D’Andrea, Paolo Cirino Pomicino, Silvia Costa, Rosy Bindi, Mariapia Garavaglia, Mauro Cutrufo, Bruno Tabacci, Dario Franceschini, Giuseppe Fioroni con l’ex presidente del
Senato (e sono già due con Mancino) Franco Marini, Lorenzo Cesa, Rocco Buttiglione, Savino Pezzotta, Enzo Carra.
Non può mancare Massimiliano Cencelli, autore dello storico vademecum sul peso di ministeri, presidenze, sottosegretariati nella spartizione dei posti di governo. Arriva, nella sua prima uscita pubblica e prima del giuramento al Quirinale ma già con l’abito appropriato, il ministro per la Cooperazione internazionale e l’integrazione Andrea Riccardi.
A colpire è la scenografia, oltre che il parterre: un tavolo in stile paupero-istituzionale (viene da Piazza del Gesù ma non è quello con fregi dorati che occuparono i numeri uno del partito), sormontata da un enorme ritratto di Alcide De Gasperi; a lato della sala lunghi striscioni verticali in onore del Biancofiore e dietro, un busto di don Luigi Sturzo, e tutt’intorno manifesti che appartengono ormai alla memoria collettiva della guerra fredda, con il vessillo rosso del Pci che spezza il sacro Tricolore o quello commemorativo del primo anno dal referendum Monarchia-Repubblica, o il poster in onore dei primi cento anni di storia dell’Italia unita.
A seguire, le bacheche con la storia, appunto, materializzata nei verbali delle riunioni storiche delle direzioni, compreso quello, che colpisce, con l’intervento di Benigno Zaccagnini il 17 marzo 1978 dopo il rapimento di Aldo Moro, di cui pure a pochi metri campeggia un busto severo. E poi, tante foto, fra gli altri, degli stessi Forlani e di De Mita, in bianco e nero ma che ora, dal tavolo della presidenza, spiccano in persona, dal vivo, con il brio e la disinvoltura degli anni ruggenti.
De Mita filosofeggia: “La storia non si ripete, ma noi ci rifacciamo al pensiero dei Popolari guidati da Sturzo” è la conclusione del suo intervento.
Tocca a Forlani, che fa quello che sa fare meglio, se stesso: “Con De Mita, in verità, andavamo d’accordo anche quando non andavamo d’accordo”.
Poi, al cronista che cerca di scucirgli un commento sulla squadra di Monti dice: “Non l’ho ancora vista”.
Ma nascerà la Terza Repubblica?
“Vedremo”.
Più sbilanciato qualche vecchio insider del partito che fu: “Altrochè: è nato un monocolore democristiano” e il riferimento non è alla sala del Tempio di Adriano, ma a quella delle Feste del Quirinale. E poi c’è Cencelli, che si riserva la stilettata finale: “Senza contare che al governo di socialisti non ce n’è nemmeno uno…”.
Sono soddisfazioni, dicono nella Capitale.
(Fonte: http://www.paneacqua.eu/notizia.php?id=19070 )
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