Esportare il terrorismo, cancellare il cristianesimo: il dramma dell’Iraq
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 77/13 del 24 settembre 2013, Madonna della Mercede
Iraq: continua l’esodo dei cristiani
Dalla caduta di Saddam Hussein nel 2003, circa l’80% dei cristiani iracheni hanno lasciato Paese. Ad affermarlo all’agenzia Apic è padre Paul Sati, religioso redentorista caldeo originario di Mossul e da poco responsabile della comunità caldea di Anversa, in Belgio. Ospite in questi giorni dell’annuale pellegrinaggio della sezione svizzera dell’Aiuto alla Chiesa che Soffre all’Abbazia benedettina di Einsiedeln, il religioso non ha esitato a parlare di un vero e proprio “inverno arabo” in Iraq. Dalla fine del regime circa un migliaio di cristiani sono stati assassinati e una sessantina di chiese sono state bersaglio degli attacchi degli estremisti: “Quelle che una volta era la culla della civiltà e del cristianesimo – ha osservato – è oggi un luogo dove i cristiani sono minacciati, perseguitati o cacciati, e devono nascondersi”. Padre Sati ha ricordato, tra l’altro, il sanguinoso attentato del 31 ottobre 2010 contro la cattedrale siro-cattolica di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a Baghdad, costato la vita a una cinquantina di fedeli, la lunga lista di assassinii di leader religiosi, tra cui quelli dell’arcivescovo di Mossul Paulos Faraj Rahho, di padre Rajhid Ganni, rettore della chiesa caldea del santo Spirito ucciso insieme a tre diaconi all’uscita della messa e quello del prete ortodosso Paulos Amer Iskandar, sgozzato dagli islamisti. Il sacerdote ha puntualizzato che i cristiani non sono l’unico bersaglio degli islamisti che colpiscono anche tanti musulmani o esponenti di altre minoranze religise. Resta tuttavia il fatto – ha sottolineato – che la vita dei cristiani in Iraq è molto meno sicura adesso che durante il regime di Saddam Hussein e questo spiega perché si sia registrato il più grande esodo di cristiani dall’Iraq in questi ultimi decenni. Nel corso di quest’ultimo secolo si calcola che circa tre milioni di cristiani abbiano lasciato il Paese, ma nell’ultimo decennio questo movimento ha subito una brusca accelerata. Da rilevare che prima della prima guerra mondiale, quando la regione era sotto il dominio ottomano, i cristiani rappresentavano circa un quarto della popolazione irachena.
Radio Vaticana
Attentati a catena, l’Iraq ripiomba ai livelli di terrore del 2008
(Milano/c.g.) – Un’ondata di esplosioni mortali sta scuotendo l’Iraq. Ieri sette differenti esplosioni a Baghdad hanno causato almeno 21 morti, e altri 6 poliziotti sono stati uccisi nella città di Mosul. Due giorni fa, oltre 40 persone in tutto il Paese (in particolare in regioni a maggioranza sciita) sono rimaste uccise in diversi attentati. La strage più sanguinosa si è verificata nella città di Hilla, a sud di Baghdad, dove due autobombe hanno ucciso almeno 15 civili che si trovavano al mercato. Altre bombe sono esplose nelle città di Bassora, Nasiriya e a Karbala, nel Sud del Paese.
Negli ultimi mesi in Iraq dilaga una violenza settaria così sanguinosa da raggiungere il livello di morti del 2008. Secondo le Nazioni Unite, sono state oltre 5 mila le persone uccise in Iraq quest’anno, di cui 800 solo nel mese di agosto. Quasi duecento i morti in questi primi giorni di settembre: alle 70 vittime degli ultimi tre giorni vanno aggiunte 27 persone che sono rimaste uccise sabato (altre decine sono rimaste ferite) in un attacco suicida vicino a Mosul. Venerdì scorso invece, almeno 30 persone sono morte in un attentato in una moschea sunnita, nella centrale città di Baquba. Mentre il primo settembre, sono stati 47 i morti nel campo di Ashraf, un campo che raccoglie centinaia di dissidenti iraniani, a 40 chilometri da Baghdad.
Le vittime dell’attentato di domenica a Mosul stavano partecipando a un funerale della comunità shabak (un piccolo gruppo che segue una religione considerata vicina allo sciismo e vive nella regione del Kurdistan iracheno). Dopo l’attentato, la shabak ha comunicato alla stampa che dal 2003 ad oggi, sono stati almeno 1.270 i propri membri uccisi in azioni terroristiche, chiedendo con forza l’intervento dello Stato per garantire la sua sicurezza.
Nelle ultime settimane, in effetti, le forze di sicurezza irachene avrebbero arrestato, a Baghdad e dintorni, centinaia di persone affiliate ad al Qaeda. Ma questo non ha scoraggiato gli attentatori.
L’aumento della violenza che si è registrato nel Paese, con l’impennarsi del settarismo, dipende anche dalla vicinanza geografica del conflitto siriano. Secondo l’agenzia stampa irachena Shafaq News, un documento riservato della Cia rivela che cellule di al Qaeda in Iraq sarebbero impegnate nella produzione di gas sarin, che sarebbe poi introdotto in Siria con finalità terroristiche. Secondo l’agenzia, lo scorso maggio alcuni container di gas sarin sarebbero stati sequestrati ad elementi di al Nusra (l’organizzazione siriana affiliata ad al Qaeda) in una località turca al confine con la Siria. Il sarin è lo stesso gas utilizzato dagli ordigni, probabilmente lanciati dal regime, che il 21 agosto scorso hanno causato una strage di centinaia di civili nella zona di Ghouta, vicino a Damasco.
Terra Santa