Le lacrime di Cremisan
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 74/13 del 16 settembre 2013, San Cirpriano
Le lacrime di Cremisan
Olive, uva e sole. Piccolo paradiso della Palestina, la Valle di Cremisan – sito agricolo di 170 ettari – si estende a nord-ovest di Betlemme, in Cisgiordania. Ma questo bel paesaggio bucolico sta cambiando, avvolto dal buio.
Il verdetto è stato emesso. Lo Stato di Israele continua la costruzione della sua “barriera di sicurezza”. Essa taglia in due la valle di Cremisan. Vale a dire priva la parrocchia di Beit Jala dei suoi terreni, separando il convento delle salesiane da quello dei salesiani, lasciando ognuno da una parte del muro. Le terre che il muro va a confiscare facendole passare in territorio israeliano sono coltivate da vigneti.
La comunità salesiana coltiva le sue colline dal 1891 e dall’uva raccolta viene prodotto un vino famoso. La denuncia degli agricoltori di Cremisan risale al 2006. Invano. Dopo 7 anni di procedure, la commissione speciale d’appello israeliana, pronunciandosi sulle confische di terre, ha respinto i ricorsi presentati dai proprietari dei terreni di Cremisan, nonché dalla Società di San Yves, che opera per difendere i diritti umani a Gerusalemme, dipendendo dal Patriarcato Latino, e che rappresenta le suore salesiane.
“Ci sentiamo minacciati vedendo molta nostra terra confiscata dall’occupazione militare israeliana che ha già iniziato a costruire il ‘famoso muro’ annettendo la terra palestinese”.
Quale è il motivo di fondo di questa lettera, se non una richiesta di aiuto degli abitanti del paese? L’amarezza per la divi- sione fisica di una comunità religiosa, per il progressivo isolamento degli abitanti di Betlemme e per la confisca delle loro ter- re attraverso il muro di sicurezza israeliano cresce fino alle lacrime. Come vivranno le generazioni future?
Che sviluppo economico, che spazio di libertà? Oggi, i cristiani palestinesi ripongono la loro speranza nel Papa (speranza vana, ndr), che martedì 30 aprile ha ricevuto in Vaticano il Presidente israeliano Shimon Peres, che i redattori della lettera considerano come “uno dei principali autori della politica israeliana di colonizzazione della Palestina occupata”.
Fatto compiuto
L’ultimo ricorso possibile sarà quello di rivolgersi alla Corte Suprema israeliana. È quanto chiede apertamente il Patriarca Latino Fouad Twal, a nome dell’Assemblea degli Ordinari Cattolici di Terra Santa, in un comunicato del 29 aprile, evidenziando, nei confronti della decisione israeliana, come di fatto “l’espropriazione dei terreni non aiuti la causa della pace e non rafforzi la posizione dei moderati”.
Nel comunicato si chiede il rispetto reciproco e la legittimità internazionale. Si chiede altresì alle autorità israeliane di modificare il percorso del muro: “Siamo amareggiati da questa ingiusta decisione che invoca il bisogno di sicurezza d’Israele, ma anche la difficoltà di cambiare il percorso della parte già costruita del muro, che ci pone davanti al fatto compiuto”. E conclude: “Facciamo notare che il fatto compiuto non può divenire fonte di un nuovo diritto”.
Christophe Lafontaine
Da: “Notiziario informativo – Gerusalemme”, del Patriarcato Latino di Gerusalemme, n. 23, maggio 2013