2023 Comunicati  03 / 05 / 2023

L’amore ai tempi del Papa Re

Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 51/23 del 4 maggio 2023, Santa Monica

L’amore ai tempi del Papa Re, di Manuel Berardinucci

Bologna, 1868. Secoli prima l’umanesimo antropocentrico aveva posto le basi per la Sovversione dell’Ordine naturale e divino; più di trecento anni prima l’eresia protestante aveva lacerato l’ecumene della Cristianità; nel secolo precedente i lumi, con le loro filosofie “teofobiche”, per dirla con de Maistre, avevano avvelenato i pozzi della cultura europea propiziando l’avvento dei rivoluzionari rovesciatori di troni e altari; ma nonostante tutto a Roma restava il Papa Re, garanzia di indipendenza e libertà per l’unica vera religione. Regnava Pio IX, ultimo monarca del più antico e legittimo stato d’Europa del tempo. Il Principato civile dei Papi, infatti, traeva la propria legittimità da un’origine del tutto naturale, derivante dalla necessità di protezione dei popoli dell’Italia centrale dalle aggressioni longobarde dopo il crollo dell’Esarcato e della Pentapoli bizantina. Il Papato colmò naturalmente un vuoto di potere per supplica stessa dei popoli, rispettando la vita e l’autonomia politica delle località inglobate e garantendo, al contempo, la Libertas Ecclesiae nell’ambito spirituale protetta dalla deterrenza di un potere temporale.

Antonmaria Bonetti, giornalista bolognese, cattolico intransigente (cioè cattolico per davvero), scelse di arruolarsi nel corpo degli Zuavi Pontifici, i battaglioni della migliore gioventù d’Europa e del mondo, in difesa del Papa e dei diritti della Chiesa Cattolica, aggrediti dai liberali e massoni piemontesi sotto il manto di un fittizio patriottismo.

Ma non è la pur interessante vicenda del Bonetti che qui vogliamo raccontare, bensì una storia d’amore narrata dallo stesso nel suo diario, pubblicato poco dopo l’infame invasione di Roma del 1870 ed oggi edito dal Centro Librario Sodalitium. Una storia d’amore ai tempi del Papa Re. Una storia che, in una società rettamente ordinata alla gloria di Dio troverebbe il proprio posto in rappresentazioni cinematografiche o televisive, per ispirare i giovani e soprattutto le giovani, con modelli virtuosi ed edificanti. Nelle serie tv, nei film, nelle canzoni d’oggidì quando le relazioni sentimentali non sono apertamente contronatura, sono comunque un tripudio di fornicazioni illegittime, adulteri, passioni sregolate che prendono il sopravvento sulla ragione, nei migliori casi sentimentalismo mieloso e romanticismo zuccheroso. Non abbiamo certo noi poveri cattolici integrali di oggi, il potere di mutare questo desolante scenario, ma possiamo raccontare e raccontarci queste buone storie tra di noi, ai pochi o tanti ascoltatori e/o lettori che abbiamo a disposizione, per seminare quel che di buono ci proviene dal glorioso passato di cui siamo indegni ma fieri eredi.

Tornando sul tracciato del nostro articolo, il buon Antonmaria Bonetti, una volta arruolato tra i volontari di Pio IX, fece la conoscenza di svariati giovani giunti dalle più diverse plaghe della penisola italica attraverso mille peripezie attuate per fuggire al controllo degli occupanti piemontesi. Tra costoro spicca Ernesto, bel ragazzo toscano, colto e coraggioso, laureato in filologia presso l’Università di Pisa. Antonmaria ed Ernesto non tardarono a fraternizzare e il secondo a raccontare la sua storia. Dopo gli studi universitari, di ritorno a Firenze, Ernesto si dedicò alla produzione di testi poetici ed in prosa, oltre che alla redazione di articoli a sfondo letterario e filologico presso i giornali locali. Un giorno, al ragazzo appassionato di lettere, capitò tra le mani un opuscolo poetico che scoprì essere l’opera di una giovane donzella, Maria. Egli si innamorò, prima che della fanciulla, delle sue soavi parole, dei suoi armoniosi versi, della sua scrittura minuziosa. Scelse così di stendere un elogio delle pagine lette e di pubblicarlo presso una pregiata rivista municipale. La pia autrice rispose a quel pubblico elogio, ringraziandone l’autore attraverso una lettera privata, la quale sarà il principio di una intensa corrispondenza epistolare, approvata dalle rispettive famiglie. I due alla fine si conobbero personalmente e con la benedizione dei genitori furono promessi sposi. Ma il vento della Rivoluzione, che travolge tutto quanto incontra, soffiava impetuoso contro la Santa Sede, il Papa aveva chiamato i giovani di tutto il mondo a raccogliere lo stendardo di Cristo Re unendosi a lui nella difesa dell’ultimo vessillo della Cristianità: la Roma papale. I figli e i nipoti dei francesi che avevano combattuto nella Vandea giungevano a fiotte per difendere il Papa e copiosi arrivavano i cattolici d’Inghilterra, d’Olanda, della Svizzera, del Belgio, del Canada, degli Stati Uniti e ovviamente della penisola occupata. Poteva Ernesto, baldanzoso figlio della Chiesa, stare a guardare mentre il resto del mondo cattolico si mobilitava per questa ultima gloriosa crociata? Il suo interesse fu totalmente rapito dalla vicenda pontificia, la strategia militare e la politica divennero i principali oggetti delle sue letture e delle conversazioni che intratteneva con fidanzata, amici e parenti. Era chiaro a tutti come Ernesto fosse già col cuore e l’anima a Roma, con Pio IX e tutti i fratelli in Cristo e nello spirito di figliolanza al Pontefice. Nella sua mente risuonavano le parole del generale de Lamoricière, il quale dopo aver ricevuto l’incarico di riorganizzare le forze armate pontificie rispose che “un figlio non può non rispondere alla chiamata di un padre”. Ma lo frenava il cuore di colei a cui era promesso. Come poteva abbandonare la bella e dolce Maria senza aver ancora contratto matrimonio? I genitori di lui, timorosi da un lato che il figlio non fosse in grado di reggere i ritmi della vita militare e dall’altro premurosi nei confronti della loro giovane futura nuora, osteggiavano l’ardimento cattolico del figlio benché segretamente ne fossero orgogliosi. Fu Maria però, nobile ed ineguagliabile donna per rettitudine, amore e giudizio, a sciogliere i nodi. Chiamò Ernesto a passeggiare con sé lungo l’Arno e con voce ferma così gli disse: “Ernesto va; rompi ogni indugio. Il Papa è in pericolo, vallo a difendere. Questo è il pegno della mia mano. Se morrai, io non sarò di nessun altro, paga e orgogliosa d’aver cooperato al sacrificio di un martire; se vivrai, compiuto il trionfo della Chiesa, sarò tua per sempre. Tieni sul cuore per mio ricordo questa medaglietta della Vergine, e sia il tuo scudo, la tua compagna. Addio.”

Qual coraggio, quale zelo ardimentoso più grande dell’offrire la propria perpetua verginità, la propria stessa vita, come pegno per il bene della Chiesa? E quale prova d’amore più grande, se non l’allontanare il proprio promesso, perché possa fare quel che è giusto, rinunciando alle pur legittime pretese di una promessa sposa? La carità di questa giovane rifulge come fede. Prosegue il diario del Bonetti: “A queste parole inaspettate, Ernesto dà un grido di gioia; si allaccia al collo la medaglia, afferra e bacia appassionatamente la mano che Maria gli stende e, dopo che questa si è ritirata a casa propria, corre a congedarsi dai suoi genitori. Conosciuta la generosità della ragazza, essi gli diedero subito il consenso sospirato. Ernesto partì per Roma col coraggio di un eroe, coll’entusiasmo di un crociato.”

Una storia che non eccita passioni disordinate e che non propone modelli degradanti, ma esemplifica l’amore vero e al massimo solletica un po’ di sana nostalgia per qualcosa che assomiglia, mutuando l’Overture di un celebre film, al “ricordo di un sogno, una civiltà andata via col vento.”

https://ilmaccabeo.wordpress.com/2023/04/28/lamore-ai-tempi-del-papa-re/

Antonmaria Bonetti, Il volontario di Pio IX, Centro Librario Sodalitium.
https://www.sodalitiumshop.it/prodotto/il-volontario-di-pio-ix/