Finanza e banditi a Basilea
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 2/12 del 4 gennaio 2012, Ottava dei Ss. Innocenti
Finanza e banditi a Basilea
di Giulietto Chiesa
Accadde a luglio del 2011, alla vigilia del vertice del G-20. Il mondo del mainstream, istruito per farci vedere il varieté, ci raccontò gl’incontri dei grandi e dei meno grandi, ma non ci disse niente in prima pagina sul posto dove quelle loro – si fa per dire – decisioni erano state prese, prima che costoro si riunissero.
Soprattutto si è guardato bene dal dirci “chi” erano quelli che le avevano prese, e poi, opportunamente confezionate, le avevano fatte servire agl’ignari abitanti di Matrix.
Il luogo fu Basilea, la città cui è toccato di scandire, con la precisione degli orologi svizzeri, il cambio d’epoca cui siamo forzati ad assistere. Si chiamano “Basilea 1”, “Basilea 2”, “Basilea 3” (in fieri) , le tappe in cui i regolamenti finanziari sono stati definiti negli scorsi anni. Basilea non per un capriccio del destino, ma perché è la sede della Bank for International Settlements, cioè la superbanca delle superbanche, il luogo dove si decidono le regole delle banche, cioè ormai degli Stati (dal momento che questi ultimi sono dei nani al servizio dei ciclopi); il tempio dove si stabilisce il grado di libertà che le superbanche intendono riservarsi nel loro agire.
A luglio 2010 non si tenne una “Basilea 3” definitiva, ma di sicuro quella riunione resterà nella storia del capitalismo finanziario mondiale, perché fu là che si misurarono i rapporti di forza tra i potenti del pianeta, per meglio dire tra i potenti dell’Occidente, perché fu tra di loro che si regolarono – provvisoriamente – i conti. Erano sei mesi fa e, a occhio e croce, si può dire che quella partita è già finita e se ne stanno aprendo altre, probabilmente assi più dure di quella. Saranno scontri violentissimi, perché violenti sono gl’interessi che collidono. Questo anche per dire – a un considerevole numero di illusi, che continuano a ripetere questo luogo comune – che non esiste a tutt’oggi alcun “ordine mondiale” e che, anzi siamo in pieno caos mondiale, in cui i veri detentori del potere, i “proprietari universali” sono impegnati in lotte senza quartiere, per stabilire chi sopravviverà e chi dovrà morire, chi resisterà e chi sarà travolto.
I partecipanti erano in 50 , in rappresentanza di 27 paesi dell’occidente. Scrivo “in rappresentanza” non perché qualcuno di voi, lettori, li abbia indicati come suoi rappresentanti. Si sono rappresentati da sé, non hanno bisogno di voi e di noi. Sono quelli che davvero contano, sono quelli che decidono, dopo essersi accoltellati fraternamente.
I loro nomi, salvo quelli di alcuni, non sono importanti. La loro forza è l’anonimato. Compaiono raramente sulle prime pagine dei giornali, sono, a loro modo, figure di secondo piano. Ma alle riunioni del Bilderberg, dove non si fanno fotografie, siedono nelle primissime file e, a conferma della loro importanza, anche i loro conti bancari sono superlativi e le loro proprietà sono introvabili sebbene siano sterminate.
Conta dunque sapere piuttosto “chi rappresentavano”. Conta sapere “cosa” rappresentavano.
Erano, sono i “i rappresentanti del capitale finanziario dell’Occidente”, i gestori del denaro. La crema del denaro. E, a quell’incontro, partecipavano simultaneamente i banchieri globali e i controllori globali dei banchieri globali. Tutti insieme. Poiché, sia chiaro, i controllori globali non possono controllare un bel niente se non c’è il consenso dei controllati. Che quindi non si vede bene come possano essere controllati, visto che possono – se occorre – mandare a spasso anche i controllori, nominandone altri disponibili a controllare meno e a condividere di più.
Questa è la regola del loro club. Che non ha nulla a che vedere né con le regole giuridiche che valgono per i comuni mortali, né con quelle del mercato internazionale. Ecco perché a Basilea non c’erano i maggiordomi della politica internazionale, quelli che poi si sarebbero incontrati al G-20. Quelli non contano quasi niente, quelli servono il caffè.
La materia del “contendere” si può riassumere così : quanto denaro le banche devono conservare nei propri forzieri elettronici, dopo averlo creato (o dopo averlo ricevuto in regalo dalle banche centrali), emettendo azioni e obbligazioni e dopo avere incassato i profitti?
Detto in termini più volgari: qual’è il livello di “scoperto” che può essere consentito alle banche? Già, perché se le cose non vanno bene, potrebbe darsi che tu debba restituire il capitale a chi ha comprato le tue azioni. Glielo hai promesso, anzi gli hai promesso anche dei dividendi. E, fino ad ora ha funzionato benissimo (per le banche). Solo che ormai siamo in tempi grami, in cui non funziona più. Perché per continuare a far crescere la montagna del debito dovresti avere in cassa gli spiccioli necessari.
E se il tuo scoperto è troppo grande, questi “spiccioli” non li troverai Ora la prima regola, quella che si è affermata negli anni delle vacche grasse, senza che nessuno dei regolatori muovesse un dito, si esprime così: “se sei molto grande non fallirai”. A prescindere dal debito che hai accumulato prestando soldi che non avevi o soldi virtuali che non esistevano.
Ora si dà il caso che, tra i controllori, ci siano ex banchieri – prestati all’occorrenza per quelle funzioni ma sempre pronti a ritornare all’ovile – che si rendono conto dei rischi che il sistema corre in questi frangenti. Pensare che siano disposti a sacrificarsi sull’altare, non dico dell’equità ma anche soltanto della ragione, è manifestazione di grande ingenuità. Nessuno lo fa e nessuno lo fece neanche in quella riunione.
Ma ci fu chi, per esempio Philipp Hildebrand, presidente della Banca Centrale Svizzera, invitò gli astanti a non tirare troppo la corda. Pare che, in un suo intervento, abbia accusato i banchieri di avere sottovalutato gravemente i rischi cui sottoponevano i capitali altrui. E si capisce bene perché fosse un tantino irritato.
La banca nazionale Svizzera dovette intervenire, nel 2008, per salvare l’UBS sganciando 60 miliardi di dollari USA, proprio a causa della spensieratezza con cui i dirigenti della UBS avevano giocato alla roulette. Ma anche questo piccolo richiamo alla saggezza fece scrivere a un giornale svizzero che difficilmente il signor Hildebrand avrebbe trovato di nuovo un posto nel Gotha della finanza mondiale una volta lasciato il prestigioso posto di regolatore centrale della mecca dei capitali.
Contro di lui s’innalzarono le voci iraconde dei banchieri, in primo luogo di quelli americani, coalizzati dentro l’Institute of International Finance, con base a Washington. Tutte le più importanti banche d’investimento americane ne fanno parte, dunque la sua voce deve essere risuonata forte in quelle austere stanze settecentesche.
Perché dovremmo immobilizzare capitali per fronteggiare eventuali perdite del tutto improbabili? Già “Basilea 1” e “Basilea 2” con le loro assurde limitazioni all’attività bancaria ci hanno rotto le uova nel paniere. Figuriamoci, roba di ridere pretendere di imporci quel rapporto dell’8% tra patrimonio di Vigilanza (PV) e rischio di credito (RC). E poi, siamo franchi, chi va a vedere cos’è questo patrimonio di vigilanza? In America lo abbiamo usato per lucidarci le scarpe!
A queste dichiarazioni minacciose avrebbero fatto eco i banchieri europei, inveendo contro i regolatori: con le vostre ridicole regole voi non fate altro che avvantaggiare le banche americane, che se ne fregano, contro le banche europee, che sono in qualche modo costrette a farci i conti. Insomma se noi possiamo prestare meno avremo meno profitti, mentre gli americani vengono qui in Europa e si comprano i debiti sovrani come fossero noccioline, senza praticamente immobilizzare capitali, visto che sono garantiti. Cioè a rischio zero.
Garantiti da chi?, avrebbe replicato qualcuno dei regolatori. Non vi rendete conto, cari signori, che qui sta per saltare anche il banco europeo?
Ma come perdite “improbabili”, avrebbe risposto un altro regolatore: siete appena falliti tutti insieme e siete appena stati salvati dalla Federal Reserve! La lezione della Lehman Brothers non vi è bastata? Francamente non giurerei su questa battuta. Chi l’avesse fatta avrebbe perduto il posto nei successivi 10 minuti. Facciamo finta che sia esistito, tra quei cinquanta, qualcuno con la testa sul collo. ma avrebbe potuto soltanto pensarla, quella frase, non dirla. Cose del genere non si possono dire in quel contesto. Eppure il clima era questo, aggravato dalle alte temperature, assicurate dal riscaldamento climatico, dell’estate svizzera.
Tuttavia presiedeva Jean Claude Trichet, ancora per poco banchiere centrale europeo. E riferiscono che intervenne, a un certo punto, per ricordare educatamente che si era dentro una delle peggiori crisi della storia della finanza mondiale tutta intera. Nero in volto, palesemente inquieto , si dice che abbia esclamato: “Stiamo attenti che la democrazia occidentale potrebbe non sopravvivere a una nuova, catastrofica picchiata verso il basso”.
E, invece di autorizzare il coffee break, la pausa per rifocillarsi, avrebbe mandato via i camerieri, quelli veri, intimando a tutti di stare ai loro posti: “fino a che troviamo un accordo”. Ecco, così si manifesta un vero senso di responsabilità! Pochi giorni dopo si sarebbe svolto il G-20, Come si poteva lasciare l’augusto consesso senza un parere , ovviamente vincolante?
Alle cinque della sera, senza citare Garcia Lorca, dato che si trattava di una coincidenza fortuita, l’accordo venne raggiunto. Il rapporto tra patrimoni e indebitamento netto, la cosiddetta leverage ratio, venne fissato al 3%. E, per non correre rischi, lo rinviarono al 2018. Mica subito, conservandosi altri sei anni di Bengodi senza regole.
Naturalmente anche questa cifra è un bluff, perché questa leverage ratio se lo calcolano come gli pare e quando gli pare. Basta truccare i numeri dei livelli di rischio, basta trattare la gran parte delle transazioni over the counter, cioè sopra il banco, in modo che non ne resti traccia, ed ecco che il 3% diventa una favola. Si ricorda il record di leverage della Long Term Capital Management, che quasi quasi portò al tracollo della finanza americana nel 2001, e che era di 1/250. Fu salvata da Alan Greenspan che, dopo, confessò candidamente che “non ci aveva capito niente”, né della LTCM, né della finanza in generale, pur essendo stato alla testa della Federal Reserve sotto tre presidenti americani.
Ma anche il 3% ufficiale che sarà la cifra chiave di “Basilea 3” significa pur sempre qualche cosa. Dice che una banca potrà prendere in prestito, e a sua volta prestare, 32$ per ogni dollaro che immobilizza nella sua riserva. Chi pensa che, con questi accordi, il mondo sarà stato messo in salvo, si sbaglia. Del resto perché stupirsene visto che è un accordo tra banditi?
Fonte: Megachip.info