24 aprile, l’anniversario del “Metz Yeghern”
Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 45/23 del 18 aprile 2023, San Galdino
24 aprile, l’anniversario del “Metz Yeghern”
Metz Yeghern (Il Grande Male). Con questo nome gli armeni chiamano il loro genocidio. In sei mesi i turchi uccideranno da un milione e mezzo a due milioni di armeni.
Tutta l’operazione viene mascherata come un’azione di spostamento di persone da ipotetiche zone di guerra. Tutto ciò perché i Giovani Turchi vorrebbero far credere che la sparizione di due milioni di persone sia dovuta al caso. Le modalità di sterminio sono:
1) Eliminazione del cervello della nazione.Il 24 Aprile 1915 vengono arrestati gli esponenti dell’élite culturale armena. Intellettuali, deputati, prelati, commercianti, professionisti saranno deportati all’interno dell’Anatolia e massacrati. Ci vorranno cinquant’anni per ricostruire una classe pensante.
2) Eliminazione della forza. Gli Armeni dai 18 ai 60 anni vengono chiamati alle armi a causa della guerra in atto. Questi, da bravi cittadini, si arruolano. Un decreto stabilisce il disarmo di tutti i militari armeni, che vengono costituiti in battaglioni del genio. A gruppi di 100 verranno isolati e massacrati. Di 350.000 soldati armeni nessuno si salverà.
3) E’ il turno di donne vecchi e bambini. I medici Nazim e Behaeddin Chackir sguinzagliano la loro organizzazione segreta. Nei luoghi vicino al mare si procede all’annegamento. Lo sterminio diretto viene applicato anche nelle zone in cui incombeva l’avanzata russa per il timore che alcuni si potessero salvare.
4) Deportazioni (tehcir ve taktil = deportazione e massacro) – In primo luogo vengono eliminati i pochi uomini validi rimasti. Il capo della gendarmeria locale dà ordine ai maschi armeni di presentarsi al comune, appena arrivati vengono imprigionati ed eliminati fuori dal villaggio. Si incomincia la deportazione con la scusa dello spostamento da zona di operazioni belliche; moltissimi deportati vengono uccisi durante la marcia.
L’editto di trasferimento dovrebbe essere comunicato con cinque giorni d’anticipo, ma nella maggioranza dei casi viene dato molto meno tempo per non offrire alle vittime la possibilità di prepararsi. Fuori dal villaggio intanto aspettano curdi e turchi per impadronirsi della abitazioni. Con una legge del 10.6.1915 e altre che seguono, i beni della persone deportate vengono dichiarati “beni abbandonati (“emvali metruke”) quindi soggetti a confisca e riallocazione. Allontanatisi i convogli, questi sono privati dei carri (bisogna camminare) si possono così facilmente eliminare le persone per fatica senza dover usare proiettili. Le donne hanno una possibilità di salvezza, convertirsi all’islam, sposando un turco ed affidando i propri figli allo Stato. Durante il viaggio questi convogli vengono attaccati e depredati, anche con l’aiuto dei militari di scorta. Il bottino viene spartito tra Stato ed esecutori materiali.
Dopo lunghe marce, durante le quali gli attacchi dei Ceccè (30000 assassini fatti uscire di galera ed incorporati nell’organizzazione segreta) e dei curdi Hamidiés, la fame, la sete e gli stenti decimano i convogli, si giunge ai campi di sterminio della Siria che non presentano reticolati: c’è il deserto. Nel luglio del 1916 Talaat dà l’ordine di eliminare i superstiti. Questi verranno stipati in caverne, cosparsi di petrolio e poi viene dato loro fuoco.
In tutta l’Armenia si può assistere al macabro spettacolo di corpi straziati e lasciati insepolti. In un rapporto del 1917 il medico militare tedesco, Stoffels, rivolgendosi al console austriaco dice di aver visto, nel 1915 durante il suo viaggio verso Mosul, un gran numero di località, precedentemente armene, nelle cui chiese e case giacevano corpi bruciati e decomposti di donne e bambini. I corpi delle vittime non troveranno mai cristiana sepoltura.
Le carovane della morte vengono indirizzate verso Aleppo (in Siria) e di qui verso la località desertica di Deir el-Zor. Qui, i superstiti vengono definitivamente annientati. Il mausoleo innalzato dagli armeni a Deir el-Zor a ricordo di tale olocausto è stato raso al suolo dai miliziani dell’Isis nell’autunno 2014. “L’Auschwiz” degli armeni non esiste più.
Gli armeni ricordano il 24 aprile (data di inizio delle deportazioni) come la giornata della memoria del genocidio.