2020 Comunicati  17 / 11 / 2020

I seguaci del Talmud e del Corano contro il Santo Sepolcro

Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenzabaku
Comunicato n. 98/20 del 17 novembre 2020, San Gregorio Taumaturgo

 I seguaci del Talmud e del Corano contro il Santo Sepolcro

Le recenti foto degli azeri che con bandiere turche e israeliane festeggiano la vittoria militare contro gli armeni dell’Artsakh, non sorprendono chi conosce i legami, non solo religiosi (entrambi negatori della Santissima Trinità e della divinità di Cristo), che esistono tra i giudei e i maomettani.
Nel corso dei secoli, in particolare in Terra Santa, sono state frequenti le tresche tra le due fazioni di circoncisi per colpire il Cattolicesimo, come dimostrano gli articoli tratti dalle pubblicazioni della Custodia della Terra Santa. Oggi segnaliamo il tentativo della Sinagoga, nel 1607, di far abbattere da parte di un sultano turco la basilica del Santo Sepolcro, il luogo più sacro del Cattolicesimo.

Articoli precedenti: https://www.centrostudifederici.org/cenacolo-francescani-turchi-rabbini/

https://www.centrostudifederici.org/nemici-dei-cattolici-terra-santa/

Il Santo Sepolcro e gli Ebrei (dall’Almanacco di Terra Santa per l’Anno di Grazia 1932, Tipografia dei PP. Francescani, Gerusalemme, pagg. 36-38).IMG_2308

Queste pagine che togliamo da “La Terra Santa, del P. Cassini” stampata nel 1855, la dedichiamo a quanti ancora credono come i Giudei possano governare la Palestina col rispetto delle confessioni altrui (riferimento al Sionismo, ndr).

(…) Ma questo egregio lavoro (riferimento ai lavori intrapresi dai Francescani a partire dal 1555 per il restauro della basilica del Santo Sepolcro, ndr), che tanto consolò il cristiano-mondo, inviperì talmente gli Ebrei, che nel 1607 dopo indicibili infernali maneggi, non valendo più a sostenere il rio veleno, che rodeva fino al midollo delle ossa, offrirono al Sultano Ahmet I, figlio di Maometto III, la non piccola somma di cinquecento mila scudi a semplice titolo di ossequio, con preghiera però di decretare la demolizione del tempio del Sepolcro dì Cristo, promettendo, che si fosse effettuata una tal cosa essi avevano in pronto una somma assai più considerevole di quella già offerta, per dimostrargli la loro viva riconoscenza.

Il Sultano tra per l’odio innato che nutriva contro i Cristiani, e per l’offertogli denaro, e per la fattagli promessa, e più ancora pei pessimi consiglieri, che aveva nel suo Divano, senza punto riflettere alle terribili conseguenze che sarebbero potute derivare dalla sua accondiscendenza alla malignità giudaica, decretò che fosse distrutto fino alle fondamenta l’invidiato tempio del Sepolcro dell’ Unigenito figliuolo di Dio: ed acciocché non avesse a risorgere mai più, diede ordine che sulle rovine di quello vi fosse innalzata una moschea in onore di Maometto; fulminando nel medesimo tempo chi avesse osato di fargli qualche osservazione su tale proposito.

Già tripudiavano gli Ebrei per l’ottenuta grazia, e già cantavano vittoria; già l’intiera Cristianità piangeva l’irreparabile perdita che stava per fare, e gli Ambasciatori tutti delle potenze europee presso la Sublime Porta Ottomana già disperavano di poter far rievocare quel barbaro editto, non azzardando alcuno di profferir parola per timore della comminata pena; quand’ecco uscir fuori l’Eccellentissimo Bailo di Venezia, che era un tale Signor Gerolimo Cappello, e disprezzando la propria vita, presentarsi audacemente al Gran Visir, e con un’eloquenza degna di un cuore acceso di amor di Dio, tanto disse e tanto minacciò, che l’indusse a fare rievocare egli stesso quell’imperiale comando con pericolo della propria vita; facendogliene emanare nel medesimo tempo un altro, nel quale era comminata la pena di morte a chiunque avesse avuto l’ardimento di ricordare il primo editto, o di cercare la ragione per cui era stato rievocato.

Nel qual fatto non so qual cosa si debba di più ammirare, cioè se la perfidia giudaica, che non abbastanza paga di aver condannato a morte il Figliolo di Dio, rugge come leone piagato a morte contro il suo glorioso avello, o l’eroica azione del degno rappresentante della Serenissima Repubblica di Venezia, ovvero la divina provvidenza che in tanto manifesto pericolo, in cui si trovava il Cristianesimo di perdere per sempre questo prezioso pegno dell’umana redenzione, dissipò in un tratto la furiosa procella, confermandosi con ciò sempre più il vaticinio di Geremia: Sanctum Domini non evelletur et non destruetur ultra in perpetuum.

Nello stesso fascicolo dell’Almanacco di Terra Santa a pag. 15 si legge :

“In Palestina i Minori dovettero sostenere simultaneamente l’urto di tre nemici diversi: il fanatismo mussulmano, che in nome del Corano domandava lo sterminio degli «infedeli»; l’odio ebraico che aveva sete di vendetta contro i seguaci di Colui che aveva profetato la rovina nazionale d’ Israele, e la gelosia  dello scisma che avrebbe voluto sfrattare dai Luoghi Santi ogni rappresentante della Chiesa di Roma. E, premuti per secoli da queste forze ostili, i Francescani restano sempre fedeli alla loro consegna con un eroismo tranquillo che soffre in silenzio ogni forma di persecuzione, offrendo alla voluttà sanguinaria dei loro carnefici migliaia di martiri per la difesa dei diritti cattolici in Terra Santa.”